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Il pontificato di Leone XIV entra nei suoi giorni caldi, ora lo vedremo definirsi, eppure qualcosa ci dice che dobbiamo caratterizzare il nuovo papa in base al visibile, cioè alla sua continuità o discontinuità dai modi del precedente papa. Ecco allora che il Bergoglio senza i simboli imperiali romani e che sceglie il nome rivoluzionario di Francesco appare opposto al nuovo che quei simboli torna a indossare e che rientra nella storia delle tradizioni interne con il nome di Leone.

A me sembra che il nuovo papa prosegua l’opera del suo predecessore con una personalità nuova, un compito nuovo e quindi nuove priorità. Voglio dire che quello di Bergoglio è stato un pontificato rivoluzionario fondamentalmente perché teso sin dai suoi primi passi a sostituire la vecchia Chiesa piramidale e clericale con la nuova Chiesa sinodale, cioè una Chiesa non più gerarchica e centralista, ma nella quale il laicato cattolico ha una potestà giurisdizionale, cioè di gestione del potere amministrativo, tanto quanto la ha il potere ordinato, quello del clero che ha la prerogativa di amministrare i sacramenti, ma che non è più l’unico potere della Chiesa e nella Chiesa. Dunque quella prefigurata da Bergoglio vuole essere anche una Chiesa missionaria, cioè non autoreferente. Leone XIV si è soffermato anche su questo tratto missionario della Chiesa, quindi una Chiesa in uscita, perciò missionaria, e sinodale: la Chiesa in uscita missionaria è una comunità di discepoli che fanno il primo passo, che prendono l’iniziativa senza paura per andare incontro ai lontani.

Recependo sin dal suo saluto di presentazione la connotazione di Chiesa sinodale e missionaria, papa Leone, con i paramenti romano-imperiali indosso e con il nome che rientra nella tradizione, ci ha detto che la rivoluzione è finita; ora si tratta di edificare ciò che ha annunciato, questa nuova Chiesa, con e nella Chiesa messa a soqquadro dall’anticlericalismo con cui Bergoglio il rivoluzionario l’ha fatta emergere grazie al suo governo carismatico. Il governo carismatico si basa sulla forza della persona, del leader, non degli uffici e non poteva non essere così perché la Chiesa clericale non poteva condividere l’innovazione sinodale che rende il clero ordinato non più “padrone assoluto” della Chiesa a mezzo del clericalismo, che è una cultura che contagia e penetra anche in singoli che non appartengono al potere ordinato, cioè al clero.

Dopo la fase rivoluzionaria comincia dunque una fase nuova, con un papa nuovo, che non può più essere clericale, ma che deve accompagnare, guidare questo clero ad organizzare il nuovo spazio post-clericale. E lo deve fare con le insegne del passato, con i nomi della sua tradizione, perché dopo la rivoluzione arriva il momento della “sistematizzazione”, della “messa a terra” del sistema nuovo. Se per capire abbiamo bisogno di un precedente potrebbe essere quello del passaggio da Giovanni XXIII a Paolo VI. Il papa che ha convocato il Concilio senza un programma di rinnovamento prestabilito è stato seguito non da un suo clone, ma da un papa, Paolo VI, che doveva “sistematizzare”, “mettere a terra” il Concilio. Doveva questo papa, Paolo VI, tenere dentro la Curia anticonciliare, ma innovare la loro Chiesa facendo emergere quella nuova, quella che non riteneva più la libertà religiosa una sciagura da evitare, ma una priorità!  Dunque Paolo VI era un altro papa, l’architetto del nuovo spazio, da edificare però sullo spazio dato.

Se alcuni lo ricordano per l’uso del freno, l’enciclica del no ai contraccettivi, altri ne immortalarono la capacità di usare l’acceleratore chiamandolo Maolo VI. Fu il papa del “ma”, ma anche il papa della Populorum Progressio. Dopo di lui, che io vedo un po’ come l’odierno Leone, la Chiesa ha ritenuto di dover  interpretare il Concilio, per capirlo bene, finché Bergoglio, figlio del Concilio, ha detto che era ora di attuarlo. Tra le tante innovazioni portate in porto da Paolo VI c’era proprio il sinodo, limitato ai vescovi, solo consultivo, ma era una profezia epocale. Bergoglio, pensando che fosse giunto il tempo di attuare e potenziare quell’opzione sinodale, l’ha proposta per tutta la Chiesa, tutta sinodale. Non poteva che farlo annunciando il suo anticlericalismo, così diverso da quello di altri anticlericali. Un anticlericalismo che voleva riaffermare che la Chiesa è di tutto il popolo di Dio, santo e peccatore, in cammino.

Forse sbaglio, ma sperare che i simboli esteriori contino più dell’anima, missionaria, di Leone a me sembra un’illusione. Come è illusorio sperare che lui torni a definirsi sull’indicazione dei nemici esterni. La frase contro gli atei che credono che Gesù fosse un superuomo era diretta anche (o forse soprattutto) contro certi credenti, tra i quali forse ci sono proprio alcuni di quelli che coltivano questa illusione della contrapposizione. Questo cammino conciliare e sinodale prosegue, con un altro papa, non un clone. Un uomo che ha una storia e una sua personalità autonoma e nuova, e che con il suo stile continua il lavoro avviato da Giovanni XXIII e al quale Francesco ha dato nuovo impeto con la rivoluzione sinodale, sviluppo dell’intuizione profetica di Paolo VI, sebbene messa in campo con il suo stile cauto ma mica tanto, sviluppo dell’innovazione richiesta da Giovanni XXIII. Dunque Leone XIV a me sembra il papa che vuole realizzare nel governo le riforme che Francesco ha reso necessarie con il carisma. Si vedrà, ovviamente, se è così. Ma questa a me sembra la prospettiva ecclesiale, che richiede un linguaggio nuovo. Dopo il papa che ha abbattuto i muri arriva quello che deve edificare i ponti.

Sinodale e missionaria. La Chiesa di Leone XIV nella riflessione di Cristiano

Recependo sin dal suo saluto di presentazione la connotazione di Chiesa sinodale e missionaria, papa Leone, con i paramenti romano-imperiali indosso e con il nome che rientra nella tradizione, ci ha detto che la rivoluzione è finita; ora si tratta di edificare ciò che ha annunciato, questa nuova Chiesa, con e nella Chiesa messa a soqquadro dall’anticlericalismo con cui Bergoglio il rivoluzionario l’ha fatta emergere grazie al suo governo carismatico. Dopo il papa che ha abbattuto i muri arriva quello che deve edificare i ponti

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