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Il Corridoio Economico India-Medio Oriente-Europa (Imec, o Indo-Mediterranean Economic Corridor) sta vivendo una fase di rinnovato interesse, con l’Italia che cerca di posizionarsi come attore centrale in questa fase dell’iniziativa. Questo slancio, di cui questa settimana si è occupata “Indo-Pacific Salad”, è stato evidenziato dalle dichiarazioni del ministro degli Esteri Antonio Tajani da New Delhi, anche annunciando la volontà di organizzare in autunno un summit di alto livello a Trieste — città che potrebbe diventare l’hub europeo del corridoio, e connettere a esso anche le iniziative geoeconomiche della fascia orientale del continente. Altra conferma della volontà dell’Italia di aumentare la propria attività all’interno di Imec è la nomina dell’ambasciatore Francesco Talò come Inviato Speciale per il progetto — nomina che secondo osservatori statunitensi dovrebbe smuovere un approccio simile anche da parte dell’amministrazione Trump (e chissà che l’Indo-Mediterraneo non sia anche sul tavolo dell’imminente viaggio della presidente del Consiglio Giorgia Meloni a D.C.).

Se da un lato Imec potrebbe spingere le attività italiane con l’India (e con il Medio Oriente), dall’altro — come ricordato dal ministro Tajani — esso può essere anche un modo per produrre lo slancio finale al lunghissimo processo di negoziato sull’accordo di libero scambio tra India e Unione Europea. Ma Imec non è solo questo. Lorena Stella Martini e Giulia Giordano di Ecco Climate hanno per esempio collegato lo sviluppo del corridoio al processo di stabilizzazione mediorientale — che chiaramente passa dalla guerra a Gaza. Secondo gli scettici sulle potenzialità di Imec, il conflitto avrebbe distrutto le possibilità di sviluppo del corridoio per sempre, perché avrebbe impedito la normalizzazione tra Israele e Arabia Saudita, che invece è prerogativa del flusso tra la porzione orientale (India-Golfo) e quella occidentale mediterranea di Imec.

A distanza di diciotto mesi, siamo davanti ormai alla consapevolezza che per Riad una normalizzazione con lo Stato ebraico è strategica, dunque raggiungibile in ottica di lungo termine. In questo, Imec può essere un catalizzatore. “Facendo leva sulle ottime relazioni diplomatiche con tutti gli attori coinvolti e sulla sua voce nei fora internazionali rilevanti, l’Italia può contribuire affinché questo Corridoio diventi anche veicolo di stabilità e sviluppo in Medio Oriente, creando interdipendenze e coltivando interessi comuni. Ciò promuovendo l’integrazione regionale tra Israele, il futuro Stato di Palestina e la Giordania proprio nel disegno strategico di IMEC, grazie in particolare al motore e alle opportunità economiche fornite dalle energie rinnovabili”, spiega Martini.

È una proposta che da diverso tempo circola, promossa dal think tank EcoPeace Middle East, che ha sede ad Amman, Tel Aviv e Ramallah. Va sotto il nome di Peace Triangle-Imec e come riprendono le due analiste italiane, “la natura politica e diplomatica di un simile piano per Gaza dovrebbe convergere all’interno di iniziative di cooperazione regionale più ampie già esistenti, come Imec,” appunto. “Un modo, questo, per garantire la fattibilità dello stesso Corridoio, sinora bloccato proprio dal conflitto e dalle dinamiche diplomatiche ad esso legate, ma soprattutto per iniziare a parlare in modo concreto di ricostruzione nell’area”, dice Martini. “Si tratta — continua — di un tema complesso in un momento in cui il conflitto è ancora in corso, ma assolutamente necessario per non farsi trovare impreparati (o preda di proposte assurde) quando arriverà il fatidico day after”.

Restando sempre sulle potenzialità laterali di Imec, Tiziano Marino del CeSI — coautore di un’altra recente analisi con il collega Alexandru Fordea — spiega che “Imec, per le sue caratteristiche e i suoi obiettivi, si presta ad essere inserito da parte dell’Italia all’interno di un quadro strategico nazionale più ampio”: “In quest’ottica — continua — risulta centrale la forte complementarità tra il Corridoio e il Piano Mattei per l’Africa, sia per quanto riguarda i Paesi potenzialmente coinvolti (in particolare penso alla costa orientale del continente africano) sia per le priorità condivise, come energia e digitale”. La stessa Unione Europea, aggiunge “ha di fatto, riconosciuto l’esistenza di un nesso tra Imec e Piano Mattei, collegandone gli sviluppi, direttamente o indirettamente, all’evoluzione della strategia infrastrutturale nota come Global Gateway e, di conseguenza, anche alla più ampia European Economic Security Strategy”. Strategia su cui il Fta con l’India ha un valore e Imec pure.

Gaza, Piano Mattei, business, connettività. Ecco perché Imec è importante

Considerare Imec come un semplice corridoio commerciale sta diventando limitante. Lo sviluppo dell’Indo-Mediterranean Economic Corridor può servire come vettore per vari interessi geopolitici

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