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Puntuali, attese, quasi noiosamente scontate. Le risatine del Cremlino intento a gustarsi la crisi del governo Draghi sono arrivate come da copione. E dalle labbra di chi altro, se non quelle di Maria Zakharova, la portavoce della diplomazia russa eletta in questi mesi al ruolo di fustigatrice ufficiale dell’Italia e del suo sostegno all’Ucraina aggredita? “Ci auguriamo che il prossimo premier non sia sottomesso agli interessi degli Stati Uniti”, sogghigna.

Facendo eco all’altro battitore libero tra i falchi del Cremlino, il vicepresidente del Consiglio di Sicurezza Dmitri Medvedev, che su Telegram ha postato una foto di Boris Johnson e Mario Draghi a mo’ di epitaffio, chiedendosi chi sarà il prossimo a venire giù. Ora, propaganda a parte, conta chiedersi se davvero Vladimir Putin abbia da vincere dal terremoto politico italiano con epicentro a Via di Campo Marzio, quartier generale dei Cinque Stelle e di Giuseppe Conte.

Su questo ha qualche dubbio Edward Lucas, a lungo giornalista di punta dell’Economist e del Times, vicepresidente del Cepa (Center for european policy analysis), conoscitore attento delle stanze del Cremlino. “L’instabilità politica è quel che cerca sempre Putin. Ma è anche ciò che rende tale una democrazia. C’è un Paese che rimane sempre stabile, si chiama Russia. E sappiamo perché”.

Meglio non saltare alle conclusioni, spiega l’esperto. Dopotutto, se ad ora appare improbabile una ricomposizione della maggioranza mercoledì prossimo, quando Draghi si presenterà dimissionario in aula, la partita non si è ancora chiusa. “In questo momento la crisi si fa sentire più in Italia che fuori. Ne abbiamo viste altre simili e l’Europa non sta trattenendo il fiato sospeso”.

Certo, aggiunge Lucas, il fattore Draghi non è secondario. Lo sanno gli ucraini, che a Roma hanno trovato in questi mesi una sponda sicura nella resistenza all’aggressione russa. “Draghi ha messo l’Italia sui giusti binari, se salta la lobby russa tornerà a farsi sentire anche da voi. Ma il rischio che corre il Paese, a mio parere, è un altro”. Quale? “L’instabilità finanziaria. Con lo spread e il rapporto debito-pil destinati a salire, dall’Italia può partire un’onda che scuoterà l’Eurozona”. I mercati, dopotutto, hanno già dato il loro responso, con la discesa libera di Piazza Affari e dell’indice Ftse Mib. È questa, ribadisce Lucas, la vera onda sismica che dalla crisi italiana può dilagare in Europa e solcare una crepa nel fronte pro-Ucraina.

Diversa è la lettura politica di una frattura nata e consumata per calcoli elettorali e rese dei conti interne più che per grandi manovre internazionali. “Sappiamo che la Russia coltiva rapporti con decine di partiti europei, da Mélenchon in Francia ai conservatori britannici fino alla Spd tedesca – dice l’analista – Cinque Stelle e Lega non fanno eccezione”. In questo caso però, precisa, è difficile intravedere una chiara interferenza di Mosca. “Il rapporto del Cremlino con i partiti europei funziona al massimo quando la situazione politica è calma, perché la quiete permette di lavorare dietro le quinte e senza i riflettori addosso. In questo momento, tanto per i grillini quanto per i leghisti sarebbe difficile farsene qualcosa della connection russa. Per di più nell’opinione pubblica italiana tira un vento diverso, non c’è più la stessa clemenza verso la Russia”.

Questione di tempo, però, prima che il vento cambi direzione. “L’inverno sarà il vero banco di prova. Quando mancherà il gas per riscaldare le case e i consumatori europei dovranno fare i conti con un’impennata dei costi si aprirà una finestra di opportunità per Mosca”.

Zitto e Mosca? Lucas racconta Putin e il caos italiano

Il giornalista inglese e vicepresidente del Center for European policy analysis: l’instabilità è un male ma anche ciò che distingue una democrazia dalla stabile dittatura russa. Draghi? Un asset per la causa ucraina, se cade la lobby russa si farà sentire. Ma non ora, aspettatevi un inverno di tempesta

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