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Per colpa di un nuovo conflitto alle porte dell’Unione Europea, la Guerra fredda è una pagina di storia che sembra oggi riaprirsi ed è quindi importante capirne le dinamiche, anche quelle più nascoste. Tanto più che la Guerra fredda, se davvero possiamo considerarla conclusa, è finita ieri: in molti ci ricordiamo ancora del Muro di Berlino e delle partite in cui la Germania giocava con due nazionali, una per l’Ovest e l’altra per l’Est.

Il mondo di appena quarant’anni fa appariva diviso per sempre in due blocchi, con i carri armati del Patto Atlantico e del Patto di Varsavia schierati nel cuore di Berlino, una città che a visitarla oggi mostra ancora i segni della divisione, dal Mauer Park di Bernauer Strasse all’East Side Gallery, fra le grandi discoteche berlinesi e le rive della la Sprea.

È a questi miei ricordi di bambino che pensavo un paio d’anni fa quando, mentre prestavo servizio all’ambasciata d’Italia a Berlino, ho iniziato a scrivere “La fragile intesa. Berlino e le relazioni euro-atlantiche nei primi anni della Guerra fredda”, un saggio appena uscito per la Luiss University Press con la prefazione di Vincenzo Amendola, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega agli Affari europei.

La copertina del libro

Il libro – che, ci tengo a precisare, non è in alcun modo riconducibile alla Farnesina, ma costituisce un mio lavoro esclusivamente personale – indaga la parte meno conosciuta dei primi anni della Guerra fredda e, in particolare, i retroscena dell’alleanza stabilitasi fra gli Stati Uniti e la Repubblica federale tedesca, rinata a Bonn sotto la guida di Konrad Adenauer e con il placet della Casa Bianca. Un rapporto, quello fra Bonn e Washington, che i manuali di storia pongono alla base di un Occidente rialzatosi dalle macerie della Seconda guerra mondiale con l’obiettivo di contrastare la minaccia russa.

Tutto lineare, apparentemente, visto che da questo rapporto è nata l’Alleanza Atlantica, ancora oggi e più che mai punto di riferimento per la sicurezza in Europa. Eppure, di questo periodo storico così vicino a noi sono ancora molti i retroscena poco conosciuti: l’Alleanza, quando fu stipulata, era davvero così salda? E cosa pensavano gli europei – italiani e tedeschi in primis – dei nuovi “padroni”, gli americani?

Nella sua prefazione il sottosegretario Amendola, facendo un parallelo fra gli anni della nascita dell’Alleanza Atlantica quello che è il ruolo attuale della Nato, scrive: “Se un’alleanza diplomatica diventa il cuore del dibattito pubblico, è necessario conoscerne il passato e le radici profonde: con’è nata, come si è sviluppata, perché è entrata in crisi, che cosa ne pensano le parti coinvolte”.

In questo senso, ne “La fragile intesa”, la Germania di Adenauer e l’Italia di De Gasperi ci forniscono ottimi esempi di come ci sia ancora molto da dire sull’aspetto meno noto della Guerra fredda, il “fattore umano”, ossia i sentimenti che caratterizzavano il rapporto psicologico dei tedeschi e degli italiani con gli ex nemici statunitensi, ai quali dovevano la rinascita politica ed economica dei rispettivi Paesi, colpevoli di avere innescato le fiamme della Seconda guerra mondiale, finita con l’Armata rossa nel cuore di Berlino.

Questo saggio si occupa appunto di capire cosa pensassero davvero nei primi anni del dopoguerra i leader di Germania occidentale e Italia rispetto agli Stati Uniti e alla loro politica “imperiale” nei riguardi degli europei, stretti fra un patto atlantico sentito a volte troppo stretto e la minaccia della guerra contro l’Unione Sovietica, una guerra che gli europei compresero che avrebbero dovuto combattere per procura.

Un libro che, per la prima volta in italiano, analizza le memorie dei principali leader tedeschi dell’epoca e le mette a confronto con l’esperienza politica di De Gasperi. Ne emerge un quadro psicologico contrastato, soprattuto quanto al rapporto fra gli statisti tedeschi e gli Stati Uniti, una relazione basata sulla gratitudine ma anche segnata da frustrazione e di diffidenza fra i tedeschi, delusi dal mancato sostegno americano per la riunificazione del Paese, che avverrà soltanto dopo quattro decenni di divisione e quando Mosca non era in grado di porre in essere alcuna contromossa geopolitica rispetto alle iniziative di Kohl e di Bush padre.

“La fragile intesa” presenta alle lettrici e ai lettori un’analisi delle relazioni internazionali che spero possa risultare interessante anche ai giorni nostri, ad esempio perché ci aiuta a capire le origini delle incomprensioni fra la Germania di Angela Merkel e i diversi inquilini succedutisi alla Casa Bianca durante il suo lungo cancellierato. Un resoconto della Guerra fredda proposto in un momento in cui l’Europa torna a dibattere esattamente sui temi che la tormentavano negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, oggi che il continente è di nuovo attraversato da venti di guerra. Infatti, come scrive in prefazione il sottosegretario Amendola: “Questa guerra alle nostre porte riguarda tutti noi, perché l’Europa è un destino comune, prima ancora che un progetto politico”.

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