Skip to main content

Che dal vertice virtuale del sistema Opec+ odierno arrivi un cambiamento sostanziale nella politica di produzione sarebbe sorprendente. Tuttavia ci sono indicazioni secondo cui l’Arabia Saudita potrebbe chiedere, già durante questa riunione ministeriale dei Paesi produttori di petrolio, di mettere in cantiere un aumento delle produzioni. Chi cerca di incastrare i pezzi del puzzle globale può associare questa traiettoria all’annuncio del governo americano di fornire 300 missili da difesa aerea Patriot (valore 3,05 miliardi di dollari) ai sauditi e 96 missili per il sistema THAAD agli emiratini – si tratta di componenti difensive, che per i Paesi del Golfo sono fondamentali come protezione da eventuali attacchi iraniani, o delle entità collegate (come gli yemeniti Houthi). 

Washington sta chiedendo agli alleati mediorientali, e soprattutto a Riad (unico swing producer del mondo petrolifero), di intervenire per riequilibrare i prezzi scombussolati dalla guerra russa in Ucraina. Riad ha sempre glissato finora, formalmente per via degli impegni presi lo scorso anno con l’Opec+ in termini di quantitativi prodotti. Ma anche perché sentiva l’alleanza con Washington indebolita. Ora, dopo le rassicurazioni avute durante il viaggio di Joe Biden nella regione, dopo la dimostrazione di forza e presenza con l’eliminazione del leader qaedista Ayman al Zawahiri, e dopo la riapertura dei canali di fornitura militare, qualcosa potrebbe cambiare.

Secondo gli ultimi dati ottenuti dalla Reuters, il Comitato Tecnico Congiunto (JTC) dell’Opec+, riunitosi martedì, ha ridotto di 200.000 barili al giorno (bpd) la previsione di un’eccedenza del mercato petrolifero per quest’anno, portandola a 800.000 bpd. Sui conti delle produzioni c’è da tenere presente la dichiarazione con cui il saudita Mohammed bin Salman ha reso pubblico il limite di produzione potenziale del suo Paese. Spazio di manovra ci sarebbe, ma si tratta di trovare le forme di equilibrio giuste. Il nuovo segretario generale dell’Opec, Haytham al-Ghais, ha dichiarato nei giorni scorsi che l’adesione della Russia all’Opec+ è fondamentale per il successo di qualsiasi genere di accordo. 

E il tema russo è fondamentale: Mosca potrebbe non voler aumentare le produzioni, perché ha interesse a mantenere i prezzi alti, così da monetizzare maggiormente anche se le sue esportazioni dovessero essere decimate dai tagli punitivi imposti dall’Ue in relazione alla guerra ucraina. L’aspettativa di fonti consultate da Formiche.net è che qualsiasi aumento della produzione di petrolio sarà probabilmente minimo, perché tutti in questo momento cercano moderazione. Su questo potrebbe esserci un consenso chiaro, espresso già prima della riunione ministeriale: anche perché gli incontri previsti in agenda sono di breve durata, e questo fa presupporre che non ci sia troppo da discutere. D’altronde, storicamente, l’Opec ha sempre evitato mosse improvvise e troppo nette.

Diversi membri dell’organismo stanno producendo un quantitativo minore delle quote stabilite, e questo fa pensare che ci sia una reale incapacità di aumentare l’offerta. Inoltre, con i prezzi del Brent in calo rispetto ai massimi storici, è probabile che anche le pressioni per riequilibrare il mercato diventino meno urgenti. Tuttavia, calando la spinta garantita dal flusso di riserve strategiche e se dovesse iniziare l’embargo sul petrolio russo nel corso dell’anno, allora un ritocco alle produzioni potrebbe tornare a essere strettamente necessario per evitare che i prezzi salgano in modo incontrollato.

Petrolio, cosa aspettarsi dall'Opec+ (mentre i Patriot arrivano a Riad)

L’Arabia Saudita potrebbe iniziare a intavolare il percorso diplomatico per l’aumento delle forniture di petrolio. Dalla riunione dell’Opec+ non usciranno decisioni drastiche, ma ci sono segnali che fanno pensare a un avvicinamento di Riad alle richieste di Washington (che ricambia con nuove forniture militari)

Maggioranza Quirinale, quali possibili scenari post voto

Secondo i sondaggi e gli ambienti parlamentari per l’esito delle politiche del 25 settembre influirà l’opinione pubblica che ha determinato la maggioranza spontanea dei parlamentari per la rielezione di Mattarella. Gli scenari ipotizzabili sono tre: se vince il centrodestra Giorgia Meloni metterebbe all’angolo Salvini e Berlusconi. Se vince il centrosinistra o si pareggia torna in scena Draghi. L’analisi di Gianfranco D’Anna

Xi e Taiwan, sull'orlo del baratro. Parla Sisci

Il sinologo sulla crisi di Taiwan per la visita di Nancy Pelosi: la Cina potrebbe contenere l’escalation ma nei prossimi mesi stringerà la tenaglia economica intorno a Taipei. Xi e il Congresso? Lo blinderanno i giovani. Ma non può permettersi una guerra per tre motivi

Perché l'accordo Calenda-Letta è più che buono per il Paese. Scrive Polillo

L’accordo tra Carlo Calenda ed Enrico Letta è buono, innanzitutto, sul piano programmatico. L’esperienza di Mario Draghi non rappresenterà una “parentesi” da dimenticare, al contrario, delineerà le coordinate future. Il Paese ha un bisogno oggettivo di governo e alla fine si affermeranno quelle forze politiche che, meglio di altre, ne sapranno declinare le necessarie funzioni. L’analisi di Gianfranco Polillo

Tecnici e politici. Pennisi legge Pomicino

Il Grande Inganno-Controstoria della Seconda Repubblica, volume firmato da Cirino Pomicino, con la prefazione di Ferruccio de Bortoli, ed edito da Lindau, ha tre differenti dimensioni: la prima pertiene alla storia politica italiana negli ultimi trent’anni; la seconda ha il tema del ceto politico; la terza ragiona sui governi tecnici. Lo ha letto per Formiche.net Giuseppe Pennisi

Chip memoria Nand

Guerra dei chip, così gli Usa espandono l’offensiva contro la Cina

Così come ha limitato la capacità cinese di produrre chip logici, Washington vorrebbe randellare Pechino sui chip di memoria. Sarebbe il primo uso del controllo delle esportazioni senza diretta applicazione militare, un cambio di passo nella guerra commerciale. Che potrebbe andare di traverso agli alleati

Che significa essere conservatori? Un dibattito e qualche precisazione

Un conservatorismo creativo, ma anche “ecologico” si profila sullo stanco orizzonte delle idee come elemento di innovazione? Bisogna crederci. Diversamente quel sentimento della vita che va preservato attraverso le istituzioni pubbliche potrebbe affievolirsi fino a venire meno. Con tutte le conseguenze prevedibili. L’analisi di Gennaro Malgieri

Battlegroup ungherese. Arrivano gli alpini della Taurinense

Completato lo schieramento dei militari italiani in Ungheria, schierati nel Paese per rafforzare l’architettura di difesa e deterrenza della Nato sul suo fianco orientale. Lo sforzo fa parte del piano dell’Alleanza per l’attivazione di quattro nuovi battlegroup in Europa dell’est, e vedrà il nostro Paese assumere il ruolo di Framework nation per l’unità in fase di attivazione in Bulgaria

Carlo C e la borghesia che non c'è

Calenda è certamente una delusione per molta di questa borghesia, se ancora possiamo chiamarla così. Ma questa Madama Borghesia, diciamo la verità, fa abbastanza schifo. Il corsivo di Roberto Arditti

Cina vs Usa. Cooper legge la polveriera Taiwan

L’esperto dell’American enterprise institute (Aei): ora nulla è da escludere, dopo il viaggio di Pelosi a Taiwan la Cina avrà una reazione muscolare nelle prossime 48 ore. La visita un errore strategico, Taipei potrebbe non essere pronta per un’invasione. Ma se succede, vi dico chi interverrà

×

Iscriviti alla newsletter