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Promossi, bocciati e rimandati, nella consapevolezza che la grande scommessa della riunificazione balcanica per essere vinta necessita di uno sforzo corale, accanto ad un piglio decisionale da statisti. La Commissione europea ha dato i voti ai Paesi balcanici, all’interno di un complessivo momento di ricognizione sui progressi dei singoli potenziali nuovi membri. Albania, Montenegro, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Serbia e Nord Macedonia presentano macro differenze in vari capitoli: segno che il lavoro da fare è ancora molto, soprattutto alla voce legalità, democrazia, libertà e lotta alla corruzione. Di contro, al fine di stemperare l’invasività di super players come Cina e Russia, l’Ue è chiamata ad uno scatto programmatico che metta in luce chi nella “classe balcanica” ha voti alti e che simultaneamente sostenga chi deve colmare ancora lacune strutturali precise, con l’Italia a fare da pivot.

Nella relazione annuale pubblicata dalla Commissione europea sullo stato di avanzamento di ciascun Paese candidato nei 33 capitoli negoziali, spiccano i risultati del più piccolo stato balcanico, il Montenegro, ovvero il Paese che in un anno ha registrato i maggiori progressi. Nello specifico il suo punteggio è salito in 12 capitoli negoziali. Un risultato niente affatto scontato dopo gli inciampi degli anni passati, culminati con quella che è stata ribattezzata “diplomazia della trappola del debito”. Infatti la Cina, come è noto, ha prestato milioni attivamente a nazioni che non sono poi in grado di onorare il debito. Nel caso montenegrino, quel pagherò è servito alla costruzione del progetto Autostrada Bar-Boljare, condita da un rapporto debito/Pil del prestito che si è rivelato allucinante nell’economia montenegrina. Il governo nel 2014 ottenne un prestito di 944 milioni di dollari dalla banca cinese Exim, a un tasso di interesse del 2%, ma non avendo più disponibilità ha dovuto chiedere soccorso alla francese Société Générale, alla tedesca Deutsche Bank e alle statunitensi Merrill Lynch International e Goldman Sachs International per impedire il peggio. Tra i promossi anche l’Albania, che in sei capitoli, tra cui quelli sul mercato interno e quelli sulla scienza, la ricerca, l’istruzione e la cultura, ha mostrato segni incoraggianti. Sei meno al Kosovo, che ha registrato passi avanti solo in tre capitoli, mentre male sono andate Serbia, Macedonia del Nord e Bosnia-Erzegovina che hanno mostrato progressi in un solo capitolo.

Secondo Ursula von der Leyen un’Unione più grande significa un’Europa più forte e influente sulla scena mondiale, ma deve rimanere e rimarrà un processo basato sul merito. “Il nostro pacchetto fornisce raccomandazioni specifiche a tutti i nostri partner. E a tutti loro diciamo: l’adesione all’Ue è un’offerta unica. Una promessa di pace, prosperità e solidarietà. Con le giuste riforme e una forte volontà politica, tutti voi potete cogliere questa opportunità”. Il riferimento della presidente della Commissione è ad un doppio regime di lavoro: interno da parte dei paesi richiedenti, che devono proseguire sulla strada delle riforme per centrare gli obiettivi al momento non raggiunti; ed esterno, con in prima battuta l’Ue a fare da stampella per chi ancora zoppica, ma mostra chiari segni di impegno costante.

In questo senso il ruolo dell’Italia è centrale come soggetto centrale politico ma anche sociale, nell’intera fascia dei Balcani occidentali. In questi giorni la delegazione italiana presso l’assemblea parlamentare dell’Iniziativa centro-europea (Ince), guidata dal vicepresidente della commissione esteri/difesa del Senato Roberto Menia, è in visita al Parlamento serbo, sia al fine di rafforzare le relazioni istituzionali tra i due paesi, sia per corroborare lo sforzo europeo in chiave allargamento. Il senatore triestino, poi proseguirà per Tirana dove sarà ricevuto dall’ambasciatore italiano Marco Alberti.

Montenegro su, Serbia giù. Il bollettino europeo sui Paesi balcanici

Si lavora su un doppio regime: interno da parte dei Paesi richiedenti, che devono proseguire sulla strada delle riforme per centrare gli obiettivi al momento non raggiunti; ed esterno, con in prima battuta l’Ue a fare da stampella per chi ancora zoppica. In questo senso il ruolo dell’Italia è centrale come pivot, politico ma anche sociale, nell’intera fascia dei Balcani occidentali

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