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Il tema della “sostituzione”, seppur temporanea, delle coltivazioni agricole ucraine è piombato non solo sui mercati di oggi per via della crisi del grano, ma si è presto trasformato in un dossier specifico da affrontare nel medio e nel lungo periodo. Località complesse da un punto di vista naturalistico come Emirati Arabi Uniti, Egitto e Arabia Saudita potrebbero rappresentare un’alternativa agricola all’Ucraina? Da un mese Tel Aviv è alla ricerca di nuove strade per ovviare al collo di bottiglia ucraino. Il primo frutto è nella nuova tecnologia ultra avanzata utilizzata per l’irrigazione e la coltivazione.

Qui Israele

Pochi giorni fa il governo israeliano ha adottato un piano per aumentare il suo commercio con l’Egitto, principalmente nel settore agricolo con due obiettivi: massimizzare l’efficienza dell’uso dell’acqua in un clima desertico e immaginare nuove colture in aree caldissime e zavorrate da scarse precipitazioni. L’Arabia Saudita è un nuovo partner che collabora con aziende israeliane in questo settore, idem Eau. Molti player israeliani stanno già operando negli Emirati Arabi Uniti, consci che dalla firma degli Accordi di Abraham in poi, attività apparentemente lontane dalle geopolitica come la purificazione delle acque reflue per uso agricolo e la prevenzione delle malattie delle palme possono diventare una base su cui costruire nuove relazioni commerciali. Un dato che acquisisce ancora più importanza in questo preciso momento storico e politico.

Progetti

La tecnologia israeliana è stata già avanti rispetto a problemi come l’irrigazione quando si è trattato di utilizzare trattori-drone senza pilota per potature ed irrigazione. Oggi si parla di sensori ultramoderni che possono essere impiegati per il rilevamento precoce dei parassiti, o per la protezione degli alberi che anticipino i danni alle piante e quindi alle colture. Alcune aziende israeliane del settore almeno da 4 anni hanno già avviato progetti simili nel continente africano, con la possibilità che quel passo sperimentale possa essere oggi la risposta alla crisi del grano in atto che, al di là del blocco o dello sblocco del porto di Odessa, avrà gravissime ripercussioni mondiali visto che il territorio ucraino bombardato dai russi è di fatto inutilizzabile per il presente (e per un certo pezzo di futuro non ancora quantificato).

La macro regione del Golfo è particolarmente interessata al problema, dal momento che ha molte più disponibilità finanziarie per provare ad affrontare l’aggravarsi della crisi alimentare globale, perché si tratta di un luogo da sempre alle prese con la mancanza di approvvigionamento idrico e dove è impossibile praticare agricoltura su larga scala. Almeno fino ad oggi.

Prezzi su

Prima della guerra, l’Ucraina esportava più di 5 milioni di tonnellate di grano ogni mese: oggi perde circa 15 miliardi di dollari dalle mancate esportazioni, usate di fatto come una clava geopolitica. La crisi bellica ha impattato anche sui prezzi del settore che, secondo la FAO, sono aumentati del 22,8% rispetto al 2021. Nello specifico i prezzi dei cereali sono aumentati del 56,2% da maggio 2021 e il grano è aumentato del 5,6% ia maggio rispetto all’aprile 2022. Anche i prezzi della carne hanno raggiunto un nuovo massimo.

L’Ucraina fornisce il 42% dell’olio di girasole scambiato sul mercato globale, il 16% del mais e il 9% del grano: interi paesi, specialmente in Medio Oriente e Africa, dipendono dalle importazioni ucraine di questi prodotti. Per cui non solo Kiev è il quarto maggior esportatori mondiale di grano, ma a ciò si somma il fatto che l’India ha imposto il divieto alle esportazioni di grano e che la Russia è il primo esportatore mondiale di grano davanti a Stati Uniti e Canada. In questo modo le cosiddette fonti alternative per gli importatori si polverizzano.

@FDepalo

La ricetta per uscire dalla crisi del grano è la tecnologia israeliana

Al di là dello sblocco del porto di Odessa, il tema avrà gravissime ripercussioni mondiali visto che il territorio ucraino bombardato dai russi è di fatto inutilizzabile per il presente e per un certo pezzo di futuro

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