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Un piano di sviluppo da 18 miliardi per l’Expo che Belgrado ospiterà nel 2027, accanto al processo di integrazione europea che la Serbia sta perseguendo, non senza inciampi. È anche questo l‘impegno di Roma a sostegno del Paese balcanico, come dimostra la visita-lampo di Giorgia Meloni ricevuta all’aeroporto Nikola Tesla dal presidente Aleksandar Vučić, che le ha donato un mazzo di fiori tricolore. Un incontro posticipato dopo quello annullato a inizio anno, a causa delle proteste di piazza che avevano portato alle dimissioni dell’allora premier Miloš Vučević, accanto ad un momento non semplice per Vucic, pressato dai soliti super players che vogliono mantenere posizioni nel costone balcanico e alle prese con l’opposizione interna (senza dimenticare il dossier energetico).

Il ruolo italiano può rappresentare un jolly in questo senso, dal momento che il governo di Roma da un lato spinge per proseguire con convinzione nella cosiddetta “riunificazione europea” dei Balcani e, dall’altro, si candida ad essere pivot per una serie di iniziative legate a immigrazione, difesa, sicurezza dei confini esterni dell’Ue ed eventi eccezionali come appunto l’Expo. Palpabile la riconoscenza di Vucic, che ha voluto ringraziare Meloni “per l’importante visita e per il rispetto che l’Italia dimostra verso il nostro Paese e il nostro popolo”. La Serbia “ricorda quelli che sono i suoi amici e non dimentica mai coloro che ci sono stati accanto nei momenti-chiave”, ha scitto sui social.

Per questa ragione la visita di Meloni deve essere letta sia come la spia di una visione europea comune, sia come opportunità per provare a sanare i fronti di crisi, tra cui l’infinita querelle con il Kosovo e anche l’instabilità interna che ha portato alle numerose proteste di piazza, ch si somma alla crisi energetica per la dipendenza dalla Russia. In questo senso il presidente del consiglio ha sottolineato “il sostegno dell’Italia al percorso di adesione della Serbia alla Ue”, mostrando ampia disponibilità riguardo all’Expo che si terrà fra due anni.

Un “messaggio in bottiglia” rivolto anche al di fuori della Serbia, perché Cina e Russia non fanno passi indietro. Pochi giorni fa i militari di Pechino hanno condotto una esercitazione congiunta con quelli serbi, facendo arricciare il naso a Ue e Nato, perché si è trattato della prima volta in assoluto. Inoltre la Serbia, essendo un paese candidato all’adesione all’Unione Europea, è allo stesso tempo paese che mantiene stretti legami con Pechino e Mosca: passaggio su cui si stanno moltiplicando le preoccupazioni, visto che la Serbia è diventata anche il primo Paese europeo ad acquistare i sistemi di difesa aerea cinesi FK-3.

Sul versante energetico inoltre c’è da registrare la decisione americana di rinviare di altri 30 giorni le sanzioni alla compagnia petrolifera nazionale Nis, a maggioranza russa tramite Gazprom Neft. Belgrado aveva chiesto una proroga di 6 mesi.

Ecco che, alla luce di tali questioni ancora aperte, il contributo valoriale e politico dell’Italia può essere determinante, anche perché Roma riesce a dialogare con tutti i soggetti in causa, che siano Kosovo, Bosnia, Montenegro. Per questa ragione il focus dei colloqui tra Meloni e Vucic è stato il processo di adesione della Serbia all’Unione Europea e anche la cooperazione di Belgrado con la Nato, temi che i due leader hanno già toccato alla fine del 2023, in occasione della prima visita del premier in Serbia oltre che in altri incontri. Senza dimenticare eventi mirati come il forum italo-serbo dello sorso gennaio che si è svolto a Belgrado al fine di rafforzare la cooperazione bilaterale e mettere in relazione le realtà produttive di entrambi i Paesi.

Belgrado guardi all'Ue e non alla Russia. Il consiglio di Meloni a Vucic

La visita deve essere letta sia come la spia di una visione atlantica comune, sia come opportunità per il governo di Belgrado di avere la spinta di Roma per proseguire con convinzione nella cosiddetta “riunificazione europea” dei Balcani. Italia sempre più pivot per una serie di iniziative legate a immigrazione, difesa, sicurezza dei confini esterni dell’Ue

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