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Quella che era nata come una operazione commerciale, di procurement militare, per rifornire l’Australia di nuovi sottomarini in grado di contrastare la minaccia cinese, si sta trasformando in una straordinaria piattaforma in grado di costruire partnership industriali di lungo periodo. Il patto tra Australia, Regno Unito e Stati Uniti, conosciuto con l’acronimo Aukus, si è infatti sviluppato negli ultimi mesi, portando a compimento una moltitudine di accordi e decisioni diplomatiche e militari, oltre a collaborazioni sul piano delle innovazioni tecnologiche.

Cooperazione tecnologica e militare

Ad aprile, i tre Paesi hanno annunciato che la loro collaborazione si sarebbe estesa al campo dell’ipersonica, della cibernetica, della quantistica e dei droni subacquei, con esperimenti che inizieranno nel 2023. Militari britannici e statunitensi aumenteranno la loro presenza sull’isola-continente, mentre i sommergibilisti di Canberra si addestreranno in Gran Bretagna sul nuovo sottomarino nucleare d’attacco della Royal Navy HMS Anson. Britannici e statunitensi sono poi impegnati in una campagna di costruzione di nuove infrastrutture militari in Australia che potranno essere utilizzate da navi e aerei di tutti e tre i membri dell’Aukus.

L’interesse francese per l’Aukus

Un legame strategico, diplomatico e politico che ha il suo baricentro nell’Indo-Pacifico, ma che ha riverberi importanti anche in Europa. La Francia, che pure era stata la principale vittima dell’accordo Aukus sui sottomarini, con Canberra che aveva preferito quelli a propulsione nucleare di Washington rispetto ai convenzionali transalpini, oggi riconosce che questa piattaforma tra Paesi anglosassoni può invece rappresentare un’opportunità strategica anche per l’Europa. Le relazioni tra Francia, Australia, Stati Uniti e Regno Unito, dopo un primo momento di freddezza, sono tornate alla loro tradizionale cordialità, e l’impegno francese nell’Indo-Pacifico non è mai venuto meno, come dimostra il dispiegamento nel 2022 nella regione di un sottomarino d’attacco per il secondo anno consecutivo. Superato lo shock da “pugnalata alla schiena”, com’era stata definita a Parigi la scelta australiana, oggi l’Esagono mira a guidare il processo che potrebbe portare il Vecchio continente a entrare all’interno dell’Aukus, e addirittura il più importante quotidiano francese, Le Monde, ha recentemente dedicato un lungo articolo ai possibili legami tra Paesi europei e Aukus.

E l’Italia?

Nel nostro Paese, invece, il tema non compare all’interno del dibattito pubblico, quando invece entrare a far parte del patto strategico potrebbe rappresentare un’opportunità unica per la nostra industria, oltre che per la politica e la Difesa italiane. Ferma restando la proiezione italiana principalmente concentrata sul Mediterraneo allargato, ormai riconosciuto all’unanimità quale regione di primario interesse nazionale, la rete dell’Aukus offrirebbe importanti opportunità di sviluppo e innovazione tecnologica per tutto il comparto della Difesa. In questo senso, l’Italia potrebbe far valere le ottime relazioni che la uniscono a Londra e Washington per ambire a diventare il primo Paese europeo a entrare a far parte dell’alleanza transoceanica.

Partnership e innovazione, la Francia guarda all’Aukus. E l’Italia?

Partita come operazione di procurement militare, l’Aukus si sta evolvendo in una piattaforma di partnership industriali e tecnologiche. La Francia, pure estromessa dalla vendita dei sottomarini, ora vorrebbe guidare l’integrazione dell’Europa nel patto transoceanico, un’ambizione che dovrebbe caratterizzare anche l’Italia

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