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Anche un motore affidabile e potente come l’export non è immune dall’inflazione e dalla crisi dei prezzi energetici. D’altronde, se carburante e gas aumentano, spostare le merci da una parte all’altra del Pianeta diventa più costoso. E allora il rischio è che i giri si abbassino, perdendoci in Pil e produttività. Se poi, come nel caso italiano, l’export più che un motore è un vero e proprio polmone senza il quale non è possibile respirare, allora l’attenzione diventa doppia.

Da queste premesse è partita la presentazione del tradizionale rapporto sull’export presentato dalla Sace, la società di servizi assicurativi per chi esporta controllata dal ministero dell’Economia, dal titolo Caro export. Sfide globali e il valore di esserci. L’appuntamento, giunto quest’anno alla XVI edizione, è ormai la bussola di riferimento nella ricerca di mercati che consentano un posizionamento internazionale più solido e diversificato, aspetto sempre più strategico per le imprese italiane. Sono intervenuti per Sace il presidente, Filippo Giansante, l’amministratore delegato, Alessandra Ricci, il chief economist, Alessandro Terzulli e il chief underwriting officer, Dario Liguti, unitamente al vicepresidente esecutivo dell’Ispi, Paolo Magri e ad Anna Roscio, executive director, direzione sales and Marketing Imprese di Intesa San Paolo.

Premessa. In uno scenario sempre più complesso, legato alle conseguenze dell’invasione russa dell’Ucraina, “l’export italiano avrà una doppia anima: si confermerà un traino prezioso per la nostra economia, ma sarà decisamente più costoso. Quest’anno, infatti, le esportazioni italiane di beni in valore cresceranno del 10,3%: un aumento a doppia cifra spinto in larga parte dal fattore prezzo, più che dal volume, che esprimerà invece solo un +2,6%”, si legge nel report.

Nel 2023 però le tensioni sui costi dovrebbero ridursi e i trend legati a valori e volumi dell’export convergeranno con una crescita rispettivamente del 5% e del 4%, mentre il nostro export raggiungerà i 600 miliardi di euro, consentendo all’Italia, ottavo Paese esportatore nel mondo, di mantenere pressoché invariata la sua quota di mercato a livello globale, pari al 2,7%. Se nel 2022 è insomma il caro export a spingere il valore del Made in Italy, “nel 2023, in un contesto ancora incerto, sarà la resilienza delle aziende a dare impulso alle vendite oltreconfine, grazie anche al supporto di una gamma sempre più ampia di prodotti e servizi assicurativo-finanziari e di accompagnamento offerti da Sace”.

“Abbiamo risorse, strumenti e competenze per affrontare le sfide globali e tenere alta la bandiera dell’export italiano nel mondo”, ha commentato l’amministratore delegato di Sace, Alessandra Ricci. “Con un approccio sempre più strategico, un’attenzione a nuovi mercati e grazie a tutto il sostegno assicurativo-finanziario che il nostro gruppo è in grado di offrire, le aziende italiane possono rafforzare la loro competitività anche in un momento complesso come questo. Sace è e sarà sempre al fianco del tessuto imprenditoriale italiano non solo per quanto riguarda l’export e l’internazionalizzazione, ma anche nel supporto alla liquidità nell’attuale contesto economico e nella promozione della transizione ecologica del Paese”.

Sempre secondo RicciIl mondo sta affrontando sfide globali e cambiamenti molto spesso repentini. In questo contesto di rischi le imprese hanno bisogno di qualcuno accanto che le possa accompagnare nel valutarli e nel gestirli. Noi del Gruppo SACE siamo qui per questo, partendo dall’ascolto dei trend economici che si riflettono sulle reali esigenze in un dialogo costante con le imprese il sistema bancario. Per fare questo è importante essere coesi e imparare ogni giorno dagli altri per costruire insieme gli strumenti migliori con grande senso di responsabilità.

Tornando ai numeri del report, nello scenario di base, che sconta una lenta e progressiva risoluzione del conflitto nel corso del prossimo anno, “Sace stima che nel 2022 le esportazioni italiane di beni in valore cresceranno quest’anno del 10,3%, continuando a registrare un andamento positivo anche nel 2023 (+5%), quando si raggiungeranno quasi i 600 miliardi di euro, consentendo all’Italia di mantenere pressoché invariata la sua quota di mercato a livello mondiale. Da un lato questo risultato beneficia di condizioni di domanda ancora relativamente favorevoli a livello globale e, nel caso specifico dei Paesi Ue, delle risorse messe a disposizione dal programma Next Generation EU. Dall’altro, l’aumento a doppia cifra dell’export in valore previsto per quest’anno sarà spinto per lo più dal fattore prezzo, mentre la componente volumi crescerà a un ritmo decisamente più contenuto (+2,6%). Nel 2023 le tensioni sui costi sono attese affievolirsi e le differenti dinamiche convergere: +5% in valore, a fronte di un +4% in volume”.

Conclusione: è proprio in questo contesto, chiarisce il documento, di drammatica discontinuità che è fondamentale tenere la rotta, restare ben ancorati alle nostre migliori energie e punti di forza. “E l’export, tratto distintivo dell’economia italiana, è senz’altro uno di questi. Il mercato globale esprime ancora oggi grandi opportunità capaci di compensare quelle che mancano sul mercato interno e che le emergenze non hanno consentito di sfruttare a pieno”.

Dal caro energia al caro export. Luci e sfide nel report Sace

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