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Dopo i missili a Jeddah a pochi chilometri dal GP di F1 e i cavi antisom recisi in Norvegia, aumenta l’allerta per attacchi a infrastrutture significative, sia come possibile rappresaglia per la guerra in Ucraina sia come avvertimento “per interposta persona”. È il caso dei cavi sottomarini che collegano internet fra le due sponde dell’atlantico e nel Mediterraneo, uno degli scenari proposti dall’inizio della guerra.

Cavi

In primis un eventuale attacco ai cavi internet sarebbe un disastro digitale senza precedenti, di cui un assaggio si è avuto nei giorni scorsi con gli hacker che hanno messo nel mirino il sistema di Ferrovie dello Stato. Quei cavi, di fatto, non hanno una vera e propria protezione ma al momento sono semplicemente poggiati sul fondo del mare. Se è molto complicato organizzare una sorta di pattugliamento nel bel mezzo dell’oceano di quei cavi, è plausibile però immaginare di proteggerli sia con azioni che ne impediscano la presa di mira, sia in prospettiva con un sistema di sorveglianza.

Internet ko

Il problema delle interruzioni di rete o dei sabotaggi a internet è emerso sin dai primi giorni della guerra in Ucraina. Si era parlato anche dell’interessamento di Starlink, il progetto di Musk per rendere disponibile Internet ad alta velocità ovunque tramite la miriade di satelliti in orbita. Ma oltre al quadrante ucraino, che potrebbe restare al buio e quindi isolato dal mondo, c’è appunto quello dei cavi sotto l’Atlantico e nel Mediterraneo (senza dimenticare infrastrutture mai così strategiche come i gasdotti o gli stabilimenti petroliferi). Ma non è tutto.

Norvegia

Lo scorso 10 gennaio un cavo sottomarino che collega la Norvegia con la stazione satellitare artica era stato misteriosamente interrotto. Si tratta di un fazzoletto di acque particolarmente rilevanti, perché connettono il Mare di Barents con il Mare di Norvegia. Inoltre quei cavi in fibra ottica, ciascuno esteso, per oltre 800 miglia, forniscono la banda larga alle Svalbard e si snoda tra Longyearbyen e Andøya, nel nord della Norvegia.

Giallo

L’incidente segue altri casi simili, antecedenti alla guerra, in cui sono stati messi ko vari cavi che collegavano una rete di sorveglianza al largo della costa norvegese: era l’11 novembre 2021 quando vennero tagliati alcuni cavi molto importanti che, tra le altre cose, segnalavano la presenza e le attività di sottomarini. Le indagini rilevarono che quei cavi che collegano i nodi dei sensori alla terraferma siano stati tagliati e poi scomparsi. In sostanza le ipotesi su un sabotaggio intenzionale non erano peregrine, né ieri né oggi alla luce delle evoluzioni belliche e quindi geopolitiche.

EuroAsia Interconnector

Preoccupazione c’è anche per le nuove infrastrutture elettriche nel Mediterraneo, ovvero l’interconnettore che permetterebbe alla produzione di elettricità in Medio Oriente e in Africa di supportare le esigenze europee per diversificare l’approvvigionamento energetico. E’ il caso dell’interconnettore tra Grecia, Cipro, Israele ed Egitto, un mega-progetto infrastrutturale i cui primi passi si sono già verificati, come nella sezione tra Creta e il Peloponneso. L’EuroAsia Interconnector è stato approvato dalla Commissione Europea con i primi 657 milioni di euro su un costo totale stimato di 1,58 miliardi di euro. È lungo circa 1.500 km, ad una profondità massima di circa 2.700 metri: sarà il cavo elettrico sottomarino più lungo del mondo. E quindi anche il più a rischio di sabotaggi.

@FDepalo

Chi ci guadagna dagli attacchi ai cavi sottomarini

Il primo effetto sarebbe un disastro digitale senza precedenti, di cui un assaggio si è avuto nei giorni scorsi con gli hacker che hanno bloccato il sistema di Ferrovie dello Stato o con i cavi norvegesi antisom misteriosamente recisi

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