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La Turchia chiede ufficialmente di entrare in Ue: le parole del ministro degli esteri Hakan Fidan vanno lette senza commettere l’errore di un’analisi con i paraocchi, ma allargata ad una serie di elementi che, gioco forza, sono tutti interconnessi. Gli intrecci con Medio oriente e Libia, le relazioni con la Casa Bianca, la partita della difesa, le mire sul Mar Nero, le nuove frontiere extra Mediterraneo come il Golfo, l’Africa e l’Indopacifico. Nel mezzo il futuro della Nato, i progetti europei e le ambizioni di Paesi come Ucraina, Moldavia, Georgia su cui gli occhi americani sono vigili.

Qui Ankara

Fidan ha ribadito “l’impegno incrollabile della Turchia” nei confronti dell’adesione all’Unione europea durante i colloqui a Istanbul con la commissaria europea per l’allargamento Marta Kos. Non una circostanza casuale, perché dinanzi alla commissaria il braccio destro di Recep Tayyip Erdogan ha inteso rivolgere un messaggio preciso, sottolineando “l’urgente necessità di una politica di allargamento credibile e basata esclusivamente sul merito e su criteri oggettivi”. Al di là dei formalismi, Bruxelles sa che a certe latitudini il peso specifico turco è oggettivamente significativo, per questa ragione è stato concordato di promuovere un’agenda comune su questioni chiave relative alla connettività, tra cui commercio, energia, trasporti e digitalizzazione. Turchi e funzionari europei hanno a cuore il Mar Nero e i progetti che collegano l’Europa all’Asia centrale. Tutti elementi che rappresenterebbero il pezzo forte di un eventuale accordo, perché basato su scambi commerciali e nuove opportunità nel medio-lungo periodo.

Le strategie sul Mar Nero

Il dialogo tra Bruxelles e Ankara deve essere interpretato in maniera globale, prestando attenzione alle mire di tutti i soggetti, tanto ad est quanto ad ovest. Ad esempio, le mire russe nel Mar Nero sono un fatto determinante in questo senso, perché intimamente connesse alle scelte future, tra cui quella principale verte il rafforzamento dell’approccio alla regione da parte di Nato ed Europa. L’esempio rappresentato dal porto di Odessa e dalle conseguenze delle guerra in Ucraina è illuminante, perché coinvolge il principio della deterrenza contro i tentativi russi di impedire all’Ucraina di accedere al Mar Nero.

Inoltre tre Paesi del Mar Nero come Moldavia, Georgia ed Ucraina sono candidati all’adesione all’Ue che la Russia vede come fumo negli occhi. Per questa ragione potrebbe attaccare le infrastrutture sottomarine critiche, come i cavi internet e le comunicazioni, e proseguire nel foraggiare la cosiddetta “flotta ombra” che aiuta la Russia a eludere le sanzioni dell’Ue sulle sue esportazioni di petrolio. Nel Mar Nero l’Ue intende rafforzare ulteriormente la cooperazione in materia di commercio, energia e trasporti, realizzando un polo per la sicurezza marittima che migliori “la consapevolezza della situazione e la condivisione delle informazioni sul Mar Nero, il monitoraggio in tempo reale dallo spazio ai fondali marini e l’allerta precoce di potenziali minacce e attività dannose”.

La traccia atlantista

Dove potranno andare insieme Turchia e Ue? Possono rappresentare un fronte in più, se costruito secondo logiche atlantiste, per favorire la traccia programmatica sull’asse Nato-Ue. Ma con una particolare attenzione ai rischi, ovvero alla possibilità che la voglia turca di essere “molto” protagonista in aree sensibili finisca per rendersi molto autonoma rispetto a Bruxelles. In questa direzione va considerata la speciale relazione esistente tra Erdogan e Putin, su cui l’Ue dovrà interrogarsi profondamente prima di definire il contorno di un eventuale accordo.

Turchia e Unione europea, questione di mare (Nero) e di rischi (russi)

Dove potranno andare insieme Turchia e Ue? Riusciranno a rappresentare un fronte in più, solo se costruito secondo logiche atlantiste, per favorire la traccia programmatica sull’asse Nato-Ue. Ma con una particolare attenzione ai rischi, ovvero alla possibilità che la voglia turca di essere “molto” protagonista in aree sensibili finisca per rendersi autonoma rispetto a Bruxelles. L’esempio rappresentato dal porto di Odessa e dalle conseguenze delle guerra in Ucraina è illuminante, perché coinvolge il principio della deterrenza contro i tentativi russi di impedire all’Ucraina di accedere al Mar Nero

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