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La rete unica è la strada maestra. Ma perché rimanga davvero l’unico progetto in piedi, occorre sgombrare il campo da alcune ombre. A otto giorni dall’approvazione del piano industriale, il primo firmato da Pietro Labriola e che ha sancito lo sprint verso un’infrastruttura unica per la banda larga, a sistema con gli asset di Open Fiber, per Tim è arrivato il momento di scoprire le carte sul dossier Kkr. Lo scorso novembre il fondo americano ha messo sul piatto un’offerta da 50 centesimi ad azione, 23 in più di quanto valga oggi l’azione in Borsa del gruppo telefonico, per il 100% del capitale.

Da quel momento, però, intorno alla partita per la scalata dell’ex Telecom è calata una cortina di fumo, con Kkr sprofondato in uno strano silenzio. Da parte sua, il gruppo telefonico è andato avanti sulla stesura del piano che porta dritto alla rete unica a controllo pubblico (con ogni probabilità Cassa Depositi e Prestiti, azionista Tim al 9,8% e controllante di Open Fiber) e alla fusione tra la rete secondaria di Tim con quella già statale in pancia proprio a Open Fiber.

Ma non sono stati giorni facili per Tim. All’indomani, lo scorso 2 marzo, del piano e del via libera del board ai disastrosi conti 2021, chiusi con una perdita di 8,7 miliardi e svalutazioni per 4,1 e la prevedibile cancellazione del dividendo, il titolo dell’ex monopolista è letteralmente precipitato, fino a perdere in poche ore 17,9%, a 24 centesimi ad azione, lasciando sul terreno 30% in due sedute. Dopo giorni in profondo rosso, parzialmente mitigati dalle rassicurazioni dello stesso Labriola, il titolo si è rianimato fino a toccare punte del 10,8% a 26 centesimi. Ma oggi, dopo un buon inizio, Tim ha girato nuovamente in rosso, fino a perdere il 2,2%.

Un cardiopalma che denota l’attesa spasmodica per il board convocato nel primo pomeriggio di questa domenica. Sul tavolo dei soci, nemmeno a dirlo, l’offerta di Kkr, per il quale la condizione essenziale sarebbe il delisting della compagnia telefonica, ovvero il ritiro dalla Borsa del titolo. Da ambienti vicini al gruppo trapela la volontà di provare a chiudere il cerchio e dare, già domenica, una qualche forma di risposta a Kkr, anche e non solo per fornire al mercato, desideroso di certezze, un’indicazione sul proseguo o meno del dossier.

D’altronde, come fatto intendere dalla stessa ex Telecom nella nota a valle del piano industriale, la settimana scorsa, il lavoro del comitato ad hoc guidato dal presidente Salvatore Rossi, ha sostanzialmente finito il suo lavoro, ovvero la valutazione nei minimi dettagli dell’offerta americana.

“Gli advisor finanziari e legali del consiglio di amministrazione hanno ricevuto tutti gli elementi rilevanti e necessari per valutare la manifestazione d’interesse indicativa e non vincolante di Kkr. Questa analisi sarà conclusa rapidamente. Una volta completata, il consiglio si riunirà per valutare le determinazioni di competenza e decidere i passi successivi in merito”. Comunque vada a finire domenica, bisogna sempre ricordare che Kkr ha già un piede in Tim, essendo azionista al 37,5% di Fibercop, la scatola che contiene proprio quella rete secondaria destinata, forse, a fondersi con la fibra di Open Fiber.

Tim pronta a scoprire le carte su Kkr. Aspettando la rete unica

Dopo le giornate nere in Borsa, all’indomani dei conti 2021 e del piano industriale che spiana la strada all’infrastruttura con Open Fiber, il titolo del gruppo torna a respirare. Ma il messaggio del mercato è chiaro, servono certezze e risposte all’offerta del fondo Usa. Domenica pomeriggio il board che potrebbe sgombrare il campo

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