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Il Sankei Shibum ha pubblicato una cartografia che segna il passaggio di navi militari cinesi e russe attorno al Giappone negli ultimi giorni. L’immagine è certamente forte, perché disegna come l’arcipelago sia stato completamente circondato da fregate e cacciatorpedinieri inviati da Pechino e Mosca. I mezzi cinesi hanno attraversato lo stretto di Tsugaru tra Hokkaido e Honshu, quello di Tsushima tra l’isola omonima e Honshu, e doppiato capo Soya, sullo stretto di La Pérouse che divide il Giappone dalle isole Sakhalin russe (questi passaggi sono definiti “stretti internazionali” dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, o UNCLOS).

In totale si sono mosse venti navi da guerra, di cui 4 cinesi e 16 russe. La crociera cinese è durata dal 12 al 19 giugno, poi le quattro navi (un cacciatorpediniere classe Type 055, uno classe Type 052D e una nave di rifornimento Type 901 e una nave spia Type 815) hanno preso il largo per il Pacifico. Quelle cinesi si sono mosse in diversi momenti, ma sempre in quegli stessi giorni: tra le corvette e i cacciatorpedinieri impiegati, due classe Udaloy, insieme ad alcune delle corvette della classe Steregushchiy, e al “Marshal Krylov” ha fatto rifornimento ovest dal Mare di Okhotsk verso il Mar del Giappone, durante esercitazioni nel Mar Cinese Orientale e nel Mar delle Filippine.

È una dimostrazione di forza che trova due ordini di contesti internazionali come ragione. Il primo è più ampio, generale: il Giappone sta costruendo un proprio standing all’interno dell’Indo Pacifico riscoprendo una dimensione da potenza regionale, mentre sta contemporaneamente integrando sempre di più le sue attività con quelle occidentali. Nello specifico, Tokyo ha preso una posizione allineata con Stati Uniti e Unione Europea, all’interno di un quadro Nato delle relazioni, sull’invasione russa in Ucraina. Ha sanzionato Mosca, ha inviato aiuti a Kiev (sebbene non letali); il rapporto annuale di politica estera del Paese per il 2022 descrive l’invasione russa come “un oltraggio che mina le fondamenta dell’ordine internazionale non solo in Europa ma anche in Asia”.

Tra pochi giorni, il primo ministro Fumio Kishida sarà il primo leader giapponese a prendere parte a un vertice Nato – quello di Madri, che arriva in un momento particolare per l’alleanza, con la rinnovata sfida russa e la necessità di bilanciare la propria proiezione all’interno dell’Indo Pacifico, vista la centralità dell’immensa regione. Una linea che è contesta da Pechino e da Mosca, Paesi con cui Tokyo è in competizione negli affari internazionali e in rotta su contese territoriali (come quelle delle isole Senkaku e le Curili, che dopo l’inizio della guerra ucraina sono state classificate come “territori illegalmente occupati”). E tutto mentre il Giappone ha una linea sempre più chiara nei confronti della difesa di Taiwan davanti alle ambizioni cinesi.

Se questo è il quadro generale, la contingenza temporale non distende. Nei giorni della crociera russo-cinese nell’arcipelago nipponico, il cacciatorpedinieri portaelicotteri “Izumo”, ammiraglio della Flotta di autodifesa di Tokyo, ha condotto un’esercitazione congiunta con il cacciatorpediniere “USS Sampson” e ricevuto rifornimento in mare dalla “USNS Rappahannock“.

Contemporaneamente, la fregata della marina indiana “Satpura”, quella filippina “Antonio Luna”, l’indonesiana “Gusti Ngurah Rai”, quella della Repubblica di Singapore “Intrepid” e a la corvetta “Lekir” della Royal Malaysian Navy si sono raggruppate per dirigersi verso le Hawaii, dove  si trova il quartier generale dell’Indo Pacific Command americano che dirigerà “Rimpac 22”. La più grande esercitazione navale del mondo si terrà tra il 29 giugno e il 4 agosto, vi parteciperanno 48 unità militari da 20 nazioni e 25.000 soldati, e che quest’anno vedrà anche la partecipazione di Taiwan – nei cui cieli la Cina ha inviato 57 aerei militari nelle ultime 48 ore per esercitazioni, o forse dimostrazioni di forza.

Sarà un modo con cui gli Stati Uniti testeranno la capacità di integrazione con le forze regionali, anche attraverso alla centralità che le basi sul territorio giapponese hanno nel quadro di sicurezza che Washington intende creare nella regione (anche pensando alla Cina).

“Kishida ha chiaramente segnalato che il Giappone non rimarrà ai margini delle crisi globali”, ha spiegato Eli Katharina Pohlkamp. “Più che mai – argomenta l’esperta dell’Asia Programme dell’ECFR – sta dimostrando un impegno nella diplomazia coraggiosa e negli sforzi per proteggere la stabilità regionale e l’ordine internazionale basato sulle regole. Ciò si riflette nella sua presenza allo Shangri-La Dialogue (evento internazionale organizzato a Singapore dall’IISS dove il premier giapponese ha presentato la sua “Vision for Peace”, ndr) e nella prevista partecipazione al vertice Nato di fine giugno. L’alleanza del Giappone con gli Stati Uniti è ancora una volta in primo piano nei calcoli strategici di Tokyo sull’Indo-Pacifico”.

Questo impegno di Kishida, che segue in parte quello dell’amministrazione Abe che lo ha preceduto, è sostenuto dai giapponesi. Secondo un recente sondaggio condotto da Yomiuri, il 64% degli elettori vuole che il Giappone rafforzi le proprie capacità di difesa e il 55% è favorevole a un aumento della spesa per la difesa al 2% del PIL (che forse non a caso è la stessa percentuale pianificata dai membri Nato).

Venti navi russe e cinesi hanno circondato il Giappone

Cina e Russia antagonizzano il Giappone per ragioni dirette (la competizione nel Pacifico, le contese territoriali) e indirette (Tokyo è sempre più allineato con le istituzioni occidentali come la Nato). Show of force mentre la marina giapponese si esercita con gli Usa e sta per partire Rimpac 22

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