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Il conflitto in Ucraina rappresenta la prima guerra open-source, perché ha posto al centro dell’attenzione un incremento esponenziale della condivisione delle immagini in tempo reale, sia da parte della popolazione e dei militari sul campo, sia attraverso la declassificazione delle immagini satellitari operata dall’intelligence, per lo più americana. Un vero e proprio cambiamento rispetto al passato che vede protagonisti i satelliti e le informazioni che sono capaci di generare nei teatri di guerra. ​Gli addetti ai lavori sono però scettici sul fatto che sia un approccio da applicare ormai a ogni conflitto che dipende dalla sensibilità e dall’attivismo dell’opinione pubblica.​

Il nuovo approccio ​analizzato nel numero della rivista Formiche ​ha fatto emergere elementi inediti per il comparto intelligence. Da un lato i governi hanno oggi più interesse nel condividere le informazioni e declassificarle rapidamente, dall’altro si è cementata una collaborazione tra istituzioni pubbliche e attori privati per l’acquisizione di informazioni come quella in corso tra Maxar e Planet Labs, senza dimenticare Star link per le comunicazioni strategiche.

​Questi i principali temi affrontati nel corso dell’evento di presentazione della rivista Formiche con Franco Gabrielli, sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio, Giovanni Orsina, direttore della Luiss School of Government e professore di Storia contemporanea, Carmine Masiello, sottocapo di Stato Maggiore della Difesa e Adriano Soi, docente di Security Studies presso la Scuola “Cesare Alfieri” dell’Università di Firenze. ​Si è trattato del primo di una serie di incontri frutto della partnership tra la Luiss School of Government guidata dal professor Orsina e Formiche.

Guerra e opinione pubblica: la versione di Gabrielli

​La nuova tendenza tuttavia deve essere analizzata con attenzione. “​È importante rimanere cauti sul fatto che l’utilizzo delle informazioni di intelligence in maniera diffusa possa segnare una discontinuità o una novità, ha sottolineato Gabrielli. Intanto perché è necessario comprenderne gli effetti reali: se l’obiettivo era quello di disincentivare i russi da un’operazione militare aggressiva, ad esempio, non è stato raggiunto”.

Dal punto di vista dell’utilizzo dell’intelligence un aspetto meno noto è che le informazioni di intelligence sono servite nel periodo pregresso a consentire il potenziamento e l’addestramento delle capacità di difesa ucraine.

“La vicenda bellica ha inoltre richiamato l’attenzione del sistema di intelligence su quella che è stata definita infodemia, ha ricordato Gabrielli, ossia il profluvio di informazioni non sempre verificate o verificabili che spesso conducono alla disinformazione. Questo è un rischio, In un mondo dove la possibilità di inquinare, indirizzare, modificare la percezione e conseguentemente il giudizio che si ha delle cose ha una dimensione che l’umanità non ha mai conosciuto” ha aggiunto il sottosegretario.

La disinformazione pone temi seri anche dal punto di vista della salute di una democrazia dovendo fare i conti con la maturità delle opinioni pubbliche, si tratta di un processo culturale che coinvolge tutti e primariamente chi ha la responsabilità politica del Paese come ricordato da Gabrielli. L’intelligence ha il ruolo cruciale di indirizzare il decisore politico istruendolo su quelli che potrebbero essere i possibili esiti di una sua scelta. ​

Un conflitto tra analisti

L’uso massiccio della tecnologia nel campo dell’intelligence non è una grande novità secondo il professor Soi. Il nocciolo della discussione è ruotato intorno al pericolo che la condivisione di informazioni rappresenta per la segretezza delle fonti.

“Nell’ambito del conflitto in Ucraina si sono verificate delle attività eccezionali, come ad esempio l’annullamento dell’effetto sorpresa dell’invasione, si è costituita la necessità di sensibilizzare gli alleati Nato e di consentire così l’avvio di processi di maturazione politica che hanno portato alle importanti decisioni prese dall’Unione europea” ha detto Soi.

Si tratta davvero di un cambiamento radicale? “Sì, ma l’eccezionalità della situazione non permette di dire che la nuova impostazione diventerà la regola, per adesso rimane l’eccezione. Il conflitto più che rappresentare una guerra per immagini è una guerra tra analisti. Da questo punto di vista si è entrati nell’intelligence del terzo millennio, per cui è necessario potenziare il reparto di analisi senza il quale si è fuori dalle competizioni globali” come ricordato dal professor Soi.

​​Spazio politico e informazioni

Il tema della guerra mediatica, come ricordato da Orsina, ci accompagna da alcuni decenni. Sono state mediatiche e propagandistiche anche la prima e la seconda guerra mondiale. Ed è così che la guerra vista e raccontata in televisione ha cambiato profondamente il rapporto tra l’opinione pubblica e il conflitto, come nel caso dell’Ucraina.

“Se questa situazione da un lato è positiva, perché in una democrazia liberale il fatto che i cittadini siano coinvolti anche in eventi così complessi e delicati come un conflitto significa che questa gode di buona salute, dall’altro ci sono aspetti delicati e complessi. Il coinvolgimento dell’opinione pubblica, infatti, può finire per alimentare in forma troppo accelerata anche dei processi di moralizzazione dei conflitti” ha spiegato Orsina.

Il professore ha inoltre sottolineato come, quando si parla di politica internazionale e di guerra, anche se i temi dell’eticità e della moralità non possono essere espunti, vanno comunque gestiti con molta cautela. “È importante operare una riflessione sul rapporto tra comunicazione, moralizzazione e politica e su come stabilire un rapporto equilibrato tra queste tre dimensioni affinché lo spazio politico non venga messo troppo in secondo piano, causando poi dei processi di radicalizzazione”.

Il ruolo dei satelliti e dello spazio

I satelliti di osservazione sono imprescindibili nella dimensione militare e sono sempre stati utilizzati, come ricordato dal generale Masiello. In Ucraina sono alla ribalta perché si è verificato un passaggio dalla notizia all’informazione. Nel campo dei satelliti di osservazione la Difesa italiana è a buon punto, grazie alle cooperazioni fatte nel tempo con l’Asi, ad esempio con Cosmo-SkyMed.

Al di là di questo tipo di satellite, esistono anche i satelliti delle comunicazioni e i satelliti per il posizionamento. Tutti questi satelliti dimostrano come un giorno o un’ora senza Spazio sono un po’ come un’ora senza Internet, quando mancano ci si rende conto della loro rilevanza.

La vera rivoluzione, tuttavia, è che lo Spazio è stato progressivamente occupato con sempre maggior forza dai privati, ha spiegato il generale. “Tuttavia non si riscontra una regolamentazione adeguata su questo dominio, ed è necessario gestirlo, controllarlo e difenderlo”.

“Lo Spazio è un po’ come il Mediterraneo, è un mare che dà ricchezza e prosperità: lo Spazio è la stessa cosa, ma se non ci sarà la possibilità di difenderlo questa progressione si fermerà. E il rischio è che questo diventi un campo di guerra dal momento che sono già in corso azioni a livello militare nello Spazio” ha sottolineato Masiello.

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