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Forse è il caso di dire bentornata alla politica e alla normale dialettica fra i partiti. Mario Draghi non la pensa così. Perché, ha detto il premier, “il governo deve fare le cose”. Dunque “basta coi giochetti”. Nell’esame degli emendamenti al decreto “Milleproroghe” l’esecutivo va sotto quattro volte. La riforma della giustizia divide, mentre il centrodestra si compatta sul contante. Un dato politico è certo: l’effetto ovatta garantito fino a ora è finito. Questi scontri tra i partiti – di schieramenti opposti – genererà una ricaduta sul governo. E, con ogni probabilità, la tesi più abrasiva ma al contempo aderente alla realtà è quella di Piero Ignazi, politologo e docente dell’università di Bologna: “Il governo Draghi non ha più ragion d’essere”.

Qualcuno si sfilerà dall’attuale compagine di maggioranza?

È possibile che sia il premier stesso a dare forfait. Credo che le sue ultime parole lascino poco spazio all’interpretazione. Penso che sia ragionevole pensare che Draghi ne abbia abbastanza di questo governo.

Dunque secondo lei la soluzione migliore sarebbe quella di andare alle urne?

Quella delle urne è sempre la soluzione migliore, tanto più che a mio giudizio si sarebbe dovuta restituir parola agli italiani già nell’agosto 2019. Questo esecutivo così allargato è stato giustificato dalla necessità di uscire dalla pandemia e di predisporre il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Una volta esaurite queste due funzioni, è chiaro che i partiti tornino a fare il loro mestiere e a contrapporsi. Si chiama democrazia parlamentare.

Stando ai sondaggi, se si andasse a elezioni, il centrodestra sarebbe favorito.

I sondaggi, a un anno dalle elezioni, preferisco non commentarli. Sta di fatto che il centrodestra è tutt’altro che diviso. È unito e compatto e il collante più forte è l’ostilità verso la sinistra. Ed è per questo che è fisiologico che un governo che tiene assieme Lega e Pd non possa durare più di tanto.

A proposito di centrosinistra. Alla luce della crisi profonda del Movimento 5 Stelle, conviene al Pd rimanere ancorato alla coalizione coi pentastellati oppure aprire ai centristi di Renzi e Calenda? 

Il Movimento 5 Stelle è in una crisi verticale, profonda. Tuttavia, se il Pd non vuole affossarsi definitivamente alleandosi con coloro che ne desiderano la distruzione (da Azione a Italia Viva) è meglio che rinsaldi i ranghi e si presenti assieme ai pentastellati.

L’ipotesi che Draghi possa guidare un costituendo polo centrista come la vede?

Penso che sia del tutto improbabile che il premier voglia guidare un rassemblement centrista. Escluderei che, dopo il 2023, Draghi rimanga a calcare la scena politica nazionale. Il suo futuro, penso, sarà in Europa. O forse alle Nazioni Unite.

Il governo è agli sgoccioli. La previsione di Ignazi

Il politologo dopo lo scontro tra il premier e i partiti: “Questo esecutivo così allargato è stato giustificato dalla necessità di uscire dalla pandemia e di predisporre il Pnrr. Una volta esaurite queste due funzioni, è chiaro che i partiti tornano a fare il loro mestiere e a contrapporsi”. Mentre Mario Draghi…

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