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Il recente e perdurante conflitto in Ucraina ha mostrato in tutta la sua crudezza una serie di conseguenze sulle quali è opportuno porre la massima attenzione e proporre, nel contempo, qualche spunto di riflessione. Nell’analisi preliminare e nel monitoraggio giornaliero del teatro bellico, un ruolo fondamentale viene giocato dalla cosiddetta Geospatial Intelligence (GeoInt) intesa come la disciplina che, mediante l’utilizzo di dati georeferenziati, rappresenta, descrive e analizza fenomeni che si sviluppano in determinate aree geografiche.

Nata in un contesto prettamente militare, la GeoInt nel corso degli ultimi anni si è estremamente sviluppata anche in altri differenti ambiti di applicazione, dall’energia ai trasporti, dall’agricoltura alle risorse minerarie. Questa tecnica, caratterizzata dall’impiego massiccio di dati di osservazione della Terra acquisiti da sensori posti a bordo delle più svariate piattaforme (satelliti, aerei, droni, veicoli vari) ha permesso di fornire dati oggettivi in grado di fornire informazioni incontrovertibili in modo semplice ed efficace anche da soggetti senza una specifica preparazione nel campo.

Le immagini satellitari ad alta risoluzione geometrica pubblicate dalla quasi totalità dei media, hanno mostrato in un primo momento la concentrazione di mezzi e forze militari lungo le aree di confine ucraine e poi l’invasione, la documentazione della distruzione e le possibili prove di eccidi di massa a danno dei civili. Questa manifestazione di tipo prettamente documentaristico, in cui l’oggettività del dato (l’immagine satellitare) è facilmente comprensibile a qualsiasi fruitore del dato stesso, non comporta alcuno sforzo di analisi se non una generica localizzazione dell’acquisizione; pochi toponimi, l’indicazione di qualche strada e semplici strumenti di fotointerpretazione, si mostrano molto efficaci nel veicolare l’informazione.

Il problema però si manifesta nel momento in cui si voglia cercare di analizzare fenomeni complessi, in cui i dati necessari per una loro comprensione non siano semplici frame che, seppur lecitamente, documentino le atrocità di un conflitto anche per compiacere il voyeurismo del pubblico, ma fonti più complete e stabili nel tempo. In questo caso gli open data che derivano da iniziative nazionali e internazionali possono giocare un ruolo fondamentale nella comprensione delle reali cause e possibili effetti del conflitto.

Tra le diverse fonti, i dati acquisiti nell’ambito del programma europeo Copernicus sono forse i più interessanti. La componente upstream, ovvero le diverse costellazioni di satelliti Sentinel che imbarcano sensori sia attivi (radar ad apertura sintetica) sia passivi (scanner multispettrali a diverse risoluzioni geometriche), garantisce l’acquisizione del dato con forti rivisitazioni temporali (da poche ore a qualche giorno); la componente downstream, ossia i servizi basati sui dati satellitari e quelli in-situ, elabora e distribuisce gratuitamente servizi relativi a sei diversi domini di applicazione: atmosfera, ambiente marino, territorio, cambiamenti climatici, emergenze e sicurezza.

Grazie quindi alle diverse tipologie di dati disponibili (sensori in grado di acquisire in tutte le condizioni atmosferiche), alla loro multispettralità (che consente di caratterizzare contenuti tematici quali vegetazione, acqua, incendi, emissioni) e la multitemporalità (l’acquisizione ripetuta sulle stesse aree geografiche) si possono produrre contenuti analitici molto interessanti e svolgere analisi estremamente efficaci.

Nel caso del conflitto ucraino, quindi, non solo mere documentazioni fotografiche della presenza di mezzi militari o degli effetti della devastazione, ma anche analisi dinamiche relative alle condizioni e al contorno; dalla dinamica della vegetazione agricola (che costituirà uno dei più grandi problemi nel corso dei prossimi 2-3 anni, vista la leadership ucraina nella produzione cerealicola, di girasoli, patate eccetera), della sicurezza relativa alle infrastrutture di trasporto energetico e della produzione di minerali (con particolare attenzione all’area russofona del Donbass), ma anche analisi sulle condizioni dei principali impianti industriali e di produzione di energia da fonte nucleare, non dimenticando tutta la parte relativa alla mobilità sia di merci sia di persone (corridoi umanitari).

L’osservazione della Terra è uno strumento maturo che permette di estrarre dagli open data disponibili informazioni ad alto valore aggiunto; il nostro compito è quello di divulgarlo con la consapevolezza che guardare dal buco della serratura (semplicemente osservare immagini) può essere utile, ma ciò che veramente risulta indispensabile è avere la chiave per aprire la porta alla Geospatial Intelligence.

* Questo articolo è stato pubblicato sul numero di maggio 2022 della rivista Formiche

Foto: Ponte bombardato nei pressi di Mariupol (Fonte: Maxar Technolgies)

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