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L’ultimo miglio è sempre il più difficile. È così anche per l’elezione del Presidente della Repubblica. Da domani il quorum scende alla maggioranza assoluta di 505 voti e i giochi si fanno seri. Ci sono un paio di considerazioni da mettere al fuoco, una per il centrodestra e l’altra per il centrosinistra.
Sul centrodestra la rinuncia di Silvio Berlusconi ha aperto la strada al protagonismo di Matteo Salvini che non solo ha esercitato la leadership di schieramento ma agisce in contrapposizione con Letta pensando perfino di arrivare alla prova di forza sugli scrutini squadernando il nome della presidente del Senato, Elisabetta Casellati.

L’obiettivo è di appuntarsi sul petto la medaglia di aver potato per la prima volta al Quirinale un personaggio non di sinistra. E sarebbe anche la prima volta di una donna, elemento tutt’altro che trascurabile.

Salvini si è giovato del no secco del Cav su Draghi al Colle, mossa che ha spiazzato il Nazareno che si aspettava una indicazione di tipo opposto. In più, ed è questo l’elemento politico di maggior spessore, il leader leghista può contare su una ritrovata liaison con Giuseppe Conte, lo stesso che l’aveva bollato come politico “con scarso senso delle istituzioni” e che invece adesso gioca di sponda col ministro dell’Interno del suo primo governo. Se così fosse, se cioè alla fine un segmento del M5S votasse la Casellati, si ripeterebbe in fine legislatura lo schema che l’ha aperta. Il che sarebbe spia anche di possibili posizionamenti in vista delle elezioni e del dopo per la formazione del primo esecutivo della prossima legislatura.

Tanta capacità di manovra trova facile terreno nella debolezza che invece sembra contraddistinguere il centrosinistra e in particolare il Pd. Enrico Letta vorrebbe favorire il trasloco di SuperMario al Quirinale ma il punto debole di una tale strategia è che il segretario Pd mai ha potuto ufficializzare la candidatura del premier. Questo perché un pezzo del suo partito Draghi vuole resti dov’è e perché, appunto, l’intesa con i Cinquestelle ancora una volta ha mostrato la sua fragilità. Conte non controlla i gruppi parlamentari i quali a loro volta guerreggiano tra loro con i senatori da una parte e i deputati dall’altra. I primi, per intenderci, disposti al “sacrificio” di votare Pierferdinando Casini e i secondi che dicono di no perché è un candidato che non infiamma, troppo targato vecchia Dc.

In mezzo a questo bailamme, Enrico Letta vive la sua difficoltà. Se passasse la Casellati sarebbe uno schiaffo vistoso che metterebbe a rischio la sua segreteria. Se passasse Casini il danno verrebbe limitato ma sempre si tratterebbe di una scelta diversa da quella che il capo dei Democratici avrebbe voluto. Nel primo caso, ci sarebbe una sfiducia esterna e palese. Nel secondo, interna e sotterranea. Quale delle due sia la peggiore, si vedrà.

In tutto questo ciò che sembra poter essere sacrificato è la compattezza della maggioranza di larghe intese che invece è stata la vera forza dell’Italia nell’ultimo anno. Solo quella formula, infatti, ha consentito a Draghi di esprimere tutto il suo potenziale di autorevolezza e capacità, e al Paese di fronteggiare al meglio l’emergenza Covid e mettere a terra, comune si dice, il Pnrr: esercizio fondamentale per ricevere i 200 miliardi della Ue.

La sostanza è che forse sull’elezione del successore di Mattarella si consumerà l’equilibrio politico raggiunto nel febbraio scorso. Con una conseguenza micidiale, e cioè che Mario Draghi rischia di non arrivare al Quirinale e di dover lasciare Palazzo Chigi, spianando la strada alle elezioni anticipate. Un esito infausto.

L’ultimo miglio è il più difficile. E in queste condizioni minaccia di essere anche il più devastante.

L'ultimo miglio è il più difficile. Ma sarà anche il più devastante?

La sostanza è che forse sull’elezione del successore di Mattarella si consumerà l’equilibrio politico raggiunto nel febbraio scorso. Con una conseguenza micidiale, e cioè che Mario Draghi rischia di non arrivare al Quirinale e di dover lasciare Palazzo Chigi, spianando la strada alle elezioni anticipate. Un esito infausto. Il mosaico di Carlo Fusi

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