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Sul tema della salute si è creata una solida maggioranza nel paese che sulla questione vaccinale non ha più alcuna voglia di scherzare: anche questo peserebbe sull’eventuale risultato elettorale delle destre.

Lo dice a Formiche.net l’editorialista Paolo Franchi: dopo Mario Draghi al Colle vede con grande probabilità solo le elezioni anticipate, che però non sono al riparo da molte variabili. In primis la densità e la compattezza della destra, di cui fatica a rintracciare la componente dominante, e poi il tentativo di Enrico Letta di dare vita ad un campo largo dove il M5s perderà moltissimo.

Mario Draghi al Colle rappresenterebbe un rischio più per l’economia italiana o per i partiti in maggioranza?

Sicuramente per la nostra economia, ma non in assoluto visto che il suo ruolo e il suo prestigio sono una garanzia in ogni caso. Non solo a causa di partiti fragili osservo che, se non nell’immaginazione di Giancarlo Giorgetti, non esiste sotto il profilo costituzionale quel vicepresidenzialismo di fatto per cui Draghi manderebbe un suo familiare a Palazzo Chigi. Dinanzi ad un commissariamento così totale penso che qualsiasi partito sano reagirebbe.

La situazione dei partiti è tale che Draghi al Colle porterebbe a rapide elezioni anticipate?

Esatto. Auspicherei personalmente che, alla luce del combinato pandemia-economia, si possa portare a compimento l’operazione di rilancio in atto. Le urne, indipendentemente dalla nuova legge elettorale, non sarebbero un vantaggio. Inoltre andremmo incontro ad un Parlamento ridotto dove mancano anche i nuovi regolamenti, con un problema di numeri di Commissioni. Non è una semplice curiosità statistica, ma potenzialmente un nuovo Parlamento in queste condizioni sarebbe impossibilitato ad affrontare la questione: di fatto una crisi del parlamentarismo spaventosa. Ma non è tutto.

Ovvero?

Sia in caso di Draghi al Quirinale sia di Draghi a Chigi, dove persiste un crescente tasso di litigiosità, con l’attuale legge elettorale non so quanti affronterebbero le urne con presunzione di vittoria. Il nervosismo dei partiti certifica alcune evidenze. Siamo sicuri che Matteo Salvini vorrebbe andare a votare? In fondo sarebbe contro la constituency elettorale del nord. Forse solo alla Meloni converrebbe. E Letta ha davvero trovato il sistema per mandare alle urne i cosiddetti elettori saltuari?

Fabrizio Cicchitto, da socialista, ha detto in occasione del meeting di Magna Carta, che queste destre sovraniste condurranno l’Italia nel burrone del Covid come fatto da Boris Johnson in Inghilterra e che serve una proposta localizzata al centro che faccia da cuscinetto. Ha ragione?

La destra in Italia ha molte componenti di cui si fatica a rintracciarne una dominante o, per lo meno, egemone. Devo dare retta ai governatori del nord quando ieri chiedevano più aperture al governo Conte, o oggi quando chiedono più green pass? Comunque, per intenderci, Fedriga e Zaia non rappresentano un rischio per la salute. Ma in quel coacervo che è la destra italiana è difficile ritrovare una posizione dominante. Certo, personalmente come cittadino anziano non mi sentirei proprio garantito di caso di vittoria elettorale di una destra che va da Giorgetti fino a quelli che assaltano la Cgil. Per fortuna si è creata una solida maggioranza nel paese che sulla questione vaccinale non ha più alcuna voglia di scherzare: anche questo peserebbe sull’eventuale risultato elettorale delle destre.

Quindi il centro sarà centrale?

Dipenderà dal sistema elettorale con cui si andrà a votare, ma non dimentichiamo che il centro ha altri problemi. Non ne riesco a misurare il perimetro perché ha una quantità di galli nel suo pollaio da guinness, da Bonino a Renzi, per intenderci. Ma con nel mezzo Berlusconi. Un campo variegato di cui non si conoscono le potenzialità elettorali se solo riuscisse ad esprimere un minimo di leadership visibile. Personalmente penso, da sempre, che il centrosinistra sia da intendere con il famoso trattino. Al pari dell’altra atavica questione legata al mondo dei moderati, che non so cosa siano e quanto valgano elettoralmemte in questo momento. Si tratta di un problema non da poco. In ogni caso avremo bisogno, dopo che è stato seppellito il famoso bipolarismo dell’alternanza, di una nuova legge elettorale proporzionale.

Con quale strategia per il Quirinale il Pd potrà provare a superare il 40% delle destre? Enrico Letta si è definito il collante di un qualcosa di nuovo: ci sono le premesse perché vi riesca, anche intercettando i voti in uscita dal M5s?

Il contesto resta quello dei termini classici, per cui la prima mossa dovrebbe farla il centrodestra per allargare il quadro. Mi chiedo come farà Letta senza un’interfaccia con una parte della destra, che non c’è e non ci potrà essere, a superare questo limite obiettivo e molto stringente. Non dimentichiamo che il campo largo allo stato degli atti include, tanto per cominciare, Renzi sul quale il giudizio del Pd è che cospira con Berlusconi. Senza entrare nel merito del giudizio, appare evidente che c’è una questione preliminare da affrontare. Non mancheranno i franchi tiratori anche perché quasi tutti i partiti non controllano davvero gli eletti. Accadde in passato con Forlani e la Dc. Ed era la Dc. Circa poi gli alleati del Pd, mi sembra che i voti in uscita dal M5s solo in minima parte andranno ai dem, molti all’astensione ed una minima parte ai sovranisti.

@FDepalo

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Per l’editorialista del Corriere, la destra in Italia ha molte componenti. Si fatica a rintracciarne una dominante. Il centro è troppo variegato, e come farà Letta a mandare alle urne i cosiddetti elettori saltuari?

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