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La Banca centrale europea (Bce) non ha, almeno per il momento, all’ordine del giorno il debito dell’eurozona (soprattutto quello creato durante la pandemia). È stato annunciato da tempo che in marzo verrà chiuso l’Emergency purchase pandemic program (Pepp), di cui ha tratto vantaggio principalmente l’Italia ma non si parla ancora di Quantitave Tightening (Q.T.), tema al centro dei dibattiti in seno all’autorità monetaria americana, la Federal Reserve. Il Q.T. è l’inverso del Quantitative Easing (Q.E.), ossia la graduale vendita sul mercato dei titoli di stato acquistati, tramite il Pepp e programmi analoghi, che gonfiano i bilanci delle banche centrali. Non si parla neanche di aumento dei tassi, un aumento peraltro già annunciato negli Stati Uniti.

Ciò non vuole dire che le autorità monetarie europee non sono preoccupate di un debito destinato a crescere con nuovi scostamenti di bilancio e di aumenti di prezzi che pur se non ancora analoghi a quelli in atto negli Stati Uniti, cominciano a fare temere una nuova ondata di inflazione. Ciò significa solamente che le discussioni avvengono sotto una cortina spessa, riservatamente, proprio per non intimorire i mercati. I quali sanno che il debito Usa ha caratteristiche differenti di quelle del debito europeo.

Spieghiamoci. La crisi economica del 2008-2009, prima, e la pandemia con tutte le sue implicazioni, poi, hanno creato un aumento del debito dell’amministrazione federale americana molto più rapido di quanto avvenuto in Europa: è passato dal 44% del Pil nel 1990 al 125% nel 2020, per poi scendere al 123% nel 2021. Si prospetta un nuovo aumento nel 2022 se il Piano Biden di investimenti infrastrutturali e sociali (molto dibattuto) andrà in porto. Proprio il Piano Biden richiede un aumento dei vincoli legislativi sull’indebitamento (per intenderci uno scostamento di bilancio in deficit). Argomento su cui si dibatte animatamente in Congresso. Negli ultimi trenta anni, è anche mutato il rendimento dei titoli di Stato: per quelli a dieci anni si è passati da poco più del 3% l’anno nel 1990 (quando il debito era il 44% del Pil ma soffiava ancora l’inflazione) all’1,6% alla fine del 2021 (con debito al 123% del Pil ed attese di una nuova ondata di inflazione). Eppure i decennali federali vanno a ruba.

A differenza del debito degli Stati europei che è collocato all’estero almeno in parte (circa un terzo, quello italiano), quello americano è acquistato interamente all’interno. Inoltre, l’elemento demografico (ossia l’invecchiamento della popolazione) gioca in modo differente nei due continenti. Anche negli Usa come in Europa stanno andando in pensione i “baby boomers”, ossia le classi di età nate tra la fine della Seconda guerra mondiale e gli anni Cinquanta del secolo scorso, e ci vanno con pensioni, relativamente al reddito da lavoro, mediamente molto più basse di quelle europee, ma con la consapevolezza che le nuove generazioni (spesso di immigrazione) sono caratterizzate da alta fertilità che alimenterà occupazione e la “gamba federale” (la Social Security) del sistema previdenziale (le altre due sono quella “occupazionale” collegata all’impiego che si è avuto in vita attiva, e quella privata, fondi pensioni individuali o di gruppo. Lo smisurato ceto medio ha, al momento di andare in pensione, quasi sempre finito di pagare il mutuo sulla casa e le rette universitarie dei figli. Ha solo un desiderio: collocare i propri risparmi ed eventuali trattamenti di fine rapporto in modo da poter dormire tra due cuscini. Proprio ciò che offrono i titoli di stato decennali: rendono poco, ma sono un porto sicuro.

In caso di difficoltà, poi, il “Government” e “la Fed” ne stamperebbero altri. L’America è tanto grande ed ha tante risorse che può ben reggere un deprezzamento del dollaro rispetto ad altre monete. Un po’ la base di quella che viene chiamata la Modern Monetary Theory.

I timori per l’aumento dell’indebitamento e del debito Usa, quindi, sono più tra gli eletti (il ceto politico) che tra gli elettori.

Perché il debito Usa è diverso da quello europeo. Scrive Pennisi

L’America è tanto grande e ha tante risorse che può ben reggere un deprezzamento del dollaro rispetto ad altre monete. Un po’ la base di quella che viene chiamata la Modern Monetary Theory. I timori per l’aumento dell’indebitamento e del debito Usa, quindi, sono più tra gli eletti (il ceto politico) che tra gli elettori. E in Europa?

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