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È nota la tendenza alla polemica del giornalista, e candidato alle elezioni in Francia, Eric Zemmour, così come è nota la simpatia per il presidente Vladimir Putin. L’anno scorso un articolo a firma di Jean-Baptiste Naudet, reporter di guerra dell’Europa dell’est ed esperto di Russia, è stato pubblicato sull’Obs con il titolo: “Il Cremlino vota Zemmour”.

Le analisi cui fa riferimento Naudet, da quanto si legge su Il Foglio, sono tratte da Russtrat, think tank filoputiniano la cui “missione è garantire gli interessi nazionali e statali della Russia nel campo della politica estera”. “Tenendo conto della sua crescente popolarità, Eric Zemmour può battere Macron. E in questo caso, non sarà impossibile assistere a un’alleanza tra Mosca, Parigi e Berlino che affronterà gli anglosassoni guidati dagli Stati Uniti e la Gran Bretagna”, prosegue l’analisi. Determinante il programma di politica estera di Zemmour: l’uscita della Francia dalla Nato e un riavvicinamento di Parigi a Mosca in logica gollista, con l’obiettivo di creare un’“Europa dall’Atlantico agli Urali” e slegata dagli Usa.

A confermare la tendenza pro-Putin del controverso candidato francese sono le dichiarazioni di oggi rilasciate ad un’emittente radiofonica. Zemmour si rifiuta di accusare Putin di crimini di guerra: “È un patriota e, inoltre, è riuscito a risollevare il suo Paese dalla condizione di miseria nella quale si trovava negli anni ‘90 e a trasformarlo in una grande potenza. In quegli anni, prima di lui, i cittadini non potevano nemmeno riscuotere le loro pensioni”.

Tuttavia, sull’invasione russa in Ucraina, Zemmour ha riconosciuto che il leader del Cremlino è responsabile “di azioni inqualificabili e condannabili”. In  termini di consenso nei sondaggi per le elezioni francesi però l’intellettuale ha pagato caro le sue posizioni a favore del presidente russo.

Secondo l’ultimo sondaggio di Opinionway, Zemmour è tornato sotto la soglia del 10% (9%), perdendo due punti rispetto al consenso registrato il 18 marzo. Il presidente Emmanuel Macron resta al primo posto con il 29%, seguito da Marine Le Pen, leader del Rassemblement National con 18%. Jean-Luc Mélenchon, candidato della France Insoumise, e Valerie Pecresse, leader dei Républicains, hanno entrambi 13%. Yannick Jadot del Partito Verde ha il 5%, Fabien Roussel del Partito Comunista il 4% e Anne Hidalgo del Partito Socialista il 3%.

A poche settimane dal voto, il “fattore Putin” sembra decisivo nella corsa per l’Eliseo. Tre dei possibili rivali del presidente Macron al ballottaggio (previsto, in caso, il 24 aprile) hanno sostenuto Putin nel corso degli anni. Oltre alla dichiarazione di oggi, Zemmour ha scritto più volte che la Francia ha bisogno di un leader come Putin, mentre Le Pen è stata due volte al Cremlino, ricevuta con onori, e le banche russe hanno finanziato la sua famiglia. Mélenchon non ha mai difeso esplicitamente Putin, ma ha sempre elogiato la distanzia della Russia con l’Occidente, che alla fine sembra aver favorito il leader russo.

La scorsa settimana, durante il dibattito televisivo tra otto candidati alle presidenziali in Francia, la guerra in Ucraina è stata argomento centrale di discussione. Tutti hanno condannato la decisione di Putin di intervenire militarmente in Ucraina. Macron ha sottolineato che “bisogna dire le cose a Vladimir Putin per rompere la sua logica e spiegargli le conseguenze di quello che sta facendo”.

Sulle sanzioni, e gli effetti per l’economia francese, Le Pen ha detto che non vorrebbe che si faccia un “hara-kiri”. In un programma radiofonico ha anche detto che non usa il termine “criminale di guerra” contro Putin “perché non si negozia la pace insultando una delle due parti. C’è chi si diverte a moltiplicare le parole più ingiuriose e aggressive, ma questo fa perdurare la guerra”. Non è stata presente durante l’intervento del presidente ucraino Volodymyr Zelensky all’Assemblea Nazionale di Parigi perché “aveva obblighi assunti da tempo”.

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