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Non c’è solo il tema dell’immigrazione e dell’ecumenismo al centro del viaggio apostolico che papa Francesco sta effettuando in questi giorni a Cipro e in Grecia. La geopolitica, il dossier energetico e l’atavica questione della riunificazione cipriota sono stati al centro dei mesi preparatori del viaggio, come osservato nei giorni scorsi anche dal Segretario di Stato, Cardinale Parolin. Sullo sfondo le contromosse dei due paesi Ue rispetto alla postura turca sul Mediterraneo orientale, le parole pronunciate da Bergoglio ieri a Nicosia (“No ai muri”) e il ruolo sempre più attivo degli Usa nelle prospettive in chiave Nato della Grecia.

QUI CIPRO

Cipro rappresenta l’ultimo muro dell’Europa unita, visto e considerato che l’isola è attraversata dalla green line che la divide: a sud Cipro Stato membro dell’Ue, a nord la Repubblica di Cipro nord autoproclamata, ma non riconosciuta dalla comunità internazionale in quanto figlia dell’invasione turca del 1974 quando, in risposta ad un tentativo di golpe ellenico, i militari di Ankara hanno bombardato e occupato l’isola (e vi si sono stabiliti fino ad oggi). Esattamente un anno a mezzo fa il Papa aveva espresso all’Angelus dell’agosto 2020 l’incoraggiamento ai negoziati per la riunificazione che però sono di nuovo in una fase di stallo, dopo gli incontri infruttuosi a Cras Montana, in Svizzera. Il Papa, ha osservato il cardinale Parolin nelle scorse ore, ribadirà la posizione della Santa Sede spingendo le parti al dialogo, “tenendo conto sempre del bene di tutta l’isola”.

Ma il nodo è sulla prospettiva dei due Stati: mentre la Grecia e Cipro sostengono una federazione, la Turchia e la Repubblica turca di Cipro del Nord (TRNC) insistono su una soluzione a due Stati che rifletta le realtà dell’isola. Nicosia da tempo chiede di rimuovere lo status della Turchia come nazione garante e soprattutto di rimuovere le truppe turche da Cipro. “Questo è un sogno impossibile” ha replicato il capo della TRNC Ersin Tatar.

QUI ANKARA

“L’accoglienza” di Erdogan al papa si ritrova in una richiesta sui generis: ha chiesto a tutti i Paesi “amici e fraterni” di valutare il riconoscimento della Repubblica turcocipriota di Cipro nord autoproclamata, in occasione del 15° vertice dell’Organizzazione per la cooperazione economica (ECO). Ma la legge non glielo consente, visto che è figlia dell’invasione armata del 1974. È di tutta evidenza che dietro queste parole si stagli il dossier energetico. Proprio ieri il governo cipriota ha detto sì alla licenza del blocco 5 della ZEE di Cipro per il consorzio formato da ExxonMobil Exploration and Production Cyprus Limited e Qatar Petroleum International Upstream LLC. Ovvero i soggetti autorizzati, tra cui gli americani di Exxon, possono esplorare nella zona economica esclusiva a cui Ankara punta, dopo aver siglato un accordo sulla Zee con la Libia che “bypassa” la Grecia.

QUI GRECIA

La Grecia è diventata una base statunitense, ha detto polemicamente Erdogan qualche giorno fa, provocando la stizza del Dipartimento di Stato. Il riferimento è l’accordo tra i due Paesi che prevede: Souda Bay, nell’isola di Creta, dove è fornito supporto logistico e operativo a European Command (Eucom), Central Command (Centcom) e US Africa Command (Africom); la base aerea di Larissa con i droni americani MQ-9 Reapers di fabbricazione statunitense; Stefanoviko dove ci sono gli Apache e i Black Hawk.

È inoltre entrata nel vivo la fornitura ad Atene dei veicoli M1117, una transazione che una volta completata rifletterà un trasferimento di attrezzature del valore di quasi un miliardo di dollari. La commessa si inserisce nel solco dell’alleanza ellino-americana testimoniata anche da oggettivi progressi nel livello di interoperabilità tra le due orze armate. Come osservato dal Capo di Stato Maggiore dell’Esercito greco, il Generale Charalambos Lalousis, la Grecia è un partner forte e affidabile degli Stati Uniti e della NATO: “Questo è un investimento che facciamo l’uno nell’altro perché una Grecia che è più forte e più sicura rende la nostra alleanza più forte e più sicura, e quindi rende gli Stati Uniti più forti e più sicuri”. Tutti passaggi che Ankara vede come fumo negli occhi, mentre da Bruxelles giunge la notizia che il Consiglio d’Europa avvia un’azione contro la Turchia per la detenzione del filantropo Osman Kavala. Il consiglio di 47 membri ha deciso di invocare un meccanismo (usato raramente) per la mancata liberazione del filantropo accusato da Erdogan di essere una pedina di Soros.

@FDepalo

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