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Nei giorni in cui hanno raggiunto un livello senza precedenti le intrusioni nella zona di identificazione della difesa aerea di Taiwan (ADIZ) da parte di aerei da guerra cinesi, sul Wall Street Journal è uscita la notizia secondo cui le forze speciali statunitensi e i Marines hanno fornito addestramento alle forze speciali di Taiwan per almeno un anno.

Secondo il m WSJ — che ha citato funzionari del governo degli Stati Uniti — una trentina di soldati delle operazioni speciali e alcune unità di supporto sono di stanza a Taiwan per fornire addestramento militare alle forze di terra; mentre i Marines stanno lavorando con le forze navali di Taiwan in “addestramento di piccole imbarcazioni” — possibile che tra i compiti anche quello di preparare i taiwanesi a una possibile invasione cinese dell’Isola.

La notizia, non smentita, è parte del racconto sì come si sta alzando il livello del coinvolgimento di Washington a fianco di Taipei; tra i due Paesi sono noti accordi militari di vario genere, che avevano già fatto infuriare la Cina — che considera Taiwan una provincia ribelle da riannettere a ogni costo, anche con la forza. Le questioni che riguardano l’isola davanti alle coste del Fujian stanno diventando un centro di frizione sensibilissimo tra le due potenze.

Poco dopo l’uscita dell’articolo del WSJ, Politico ha pubblicato un pezzo in cui ha citato un funzionario del Pentagono che ha confermato la presenza delle truppe statunitensi in funzioni di advisor alle forse locali, e aggiunto che stanno “aumentando i loro sforzi” nel paese. Il sito ha raccolto anche l’opinione di diversi membri del Congresso (la notizia è importante) e questi hanno sostanzialmente fatto capire di non essere a conoscenza del dispiegamento, probabilmente regolato dalla segretezza con cui si muovono le forze speciali, ma di essere comunque d’accordo col fornire assistenza a Taiwan.

Dell’addestramento americano alle forze taiwanesi si era già parlato a novembre scorso — a proposito dell’arrivo dei Marines, ma in quella circostanza il Pentagono aveva smentito. Così come da tempo si sta parlando dell’aumento della spesa militare dell’isola — secondo quella che viene definita “strategia del porcospino”, ideata da Washington per costruire una capacità di difesa che renda Taiwan impenetrabile. Di questo irrobustimento della spesa militare fa parte anche la spinta all’industria domestica degli armamenti con i legislatori taiwanesi che stanno aggiungendo 9 miliardi di dollari al budget per la difesa del 2022.

Contemporaneamente, il tema di fondo dietro ai collegamenti per l’addestramento militare e a quelli di altro genere, oltre agli aspetti tecnici e specifici, è questo: più Taiwan costruisce legami (di qualsiasi tipo), più sarà difficile per la Cina sradicarla dalla dimensione indipendente acquisita e riannetterla. Sebbene, pur con tutte le differenze, il precedente di Hong Kong racconti il contrario (o forse anche alla luce del precedente di Hong Kong che con Taiwan le cose potrebbero essere diverse?).

Sempre nell’ottica di questi legami, nei giorni scorsi a Taipei sono arrivati quattro senatori francesi e l’ex primo ministro australiano Tony Abbott. Le due delegazioni, accolte separatamente dalla presidente Tsai Ing-web, dimostrano che nonostante la diatriba su Aukus l’interesse occidentale è coordinato. La doppia, inedita visita franco-australiana potrebbe essere seguita a breve da una italiana: il sottosegretario Gian Marco Centinaio ha dichiarato al Foglio che presto andrà a Taiwan. “Non possiamo pensare che Taiwan ti aiuti quando abbiamo bisogno, quando c’è bisogno di produrre più microchip per fare le automobili o di comprare aziende in difficoltà, e poi però quando c’è da riconoscere la sua autonomia e la sua libertà ci nascondiamo dietro al velo dell’ipocrisia”, dice Centinaio — che era già stato a Taiwan da parlamentare, ma adesso andrebbe come membro di governo e la visita sarebbe di altro livello (e forse pure la reazione cinese).

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