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Più che trovare la quadra, il problema è chiudere il cerchio. Il giorno dopo il flop delle amministrative la Lega lava in casa i panni sporchi. Il cerchio da chiudere, sbottano ora i colonnelli del partito al Nord, è quello “magico” e romano che circonda il leader Matteo Salvini ed è il primo indiziato per la delusione alle urne.

Il tonfo a Milano con un evanescente Luca Bernardo che regala a Beppe Sala la vittoria al primo turno è la goccia che fa traboccare il vaso. Roma e Torino non promettono bene, e comunque vedono in corsa per il ballottaggio due candidati, Enrico Michetti e Paolo Damilano, che appartengono ad altre scuderie, rispettivamente Fratelli d’Italia e (anche se indirettamente) Forza Italia. Nei piccoli e medi centri il tonfo si è sentito. Perfino in una roccaforte come Varese Matteo Bianchi arriva al ballottaggio ma con meno della metà dei voti dall’ultima tornata.

Anche dove si vince, pesa come un macigno il confronto con Fratelli d’Italia. Il partito di Giorgia Meloni ha fatto breccia al Nord. Supera di un soffio la Lega a Torino, di un soffio rimane sotto a Milano. Le dimensioni contano, eccome. Sulle chat leghiste viaggia il malcontento. Chi punta il dito contro “gli errori di comunicazione”, chi contro “le persone intorno a Matteo”.

Si fanno nomi e cognomi. L’ex sottosegretario al Mef Claudio Durigon, ora in lizza per un posto in segreteria. La ditta B&B, Claudio Borghi e Alberto Bagnai, Armando Siri, Luca Morisi, il guru digitale al centro di una vicenda giudiziaria.

Nessuno mette in dubbio la leadership di Salvini. Nel mirino semmai c’è la cerchia romana del “Capitano”, quella che ha cavalcato la stagione sovranista e oggi accarezza i sussulti no-Vax e la protesta no-green pass. “Noi non siamo mai stati questo”, riflette un big del partito che preferisce rimanere anonimo. È un dubbio condiviso da tanti a via Bellerio, dai ministri Giancarlo Giorgetti, Massimo Garavaglia ed Erika Stefani ai governatori Luca Zaia e Massimiliano Fedriga.

Al Nord si respira aria pesante. In Veneto la Lega ha portato a casa il risultato, otto sindaci su otto riconfermati. A Conegliano Veneto, tra i test più attesi, l’esito è paradossale: un ballottaggio tutto interno alla Lega. Da una parte il candidato unitario con Fdi Piero Garbellotto, dall’altra Fabio Chies, sindaco uscente di Forza Italia ma sostenuto dietro le quinte da una parte dei leghisti.

Se il Veneto frizza, la Lombardia ribolle. Il flop a Milano, sussurra un senatore, è “una bomba ad orologeria”. E accelera i tempi, drasticamente. La dirigenza lombarda è in pressing da mesi per chiedere di fissare il Congresso, “la vita elettiva degli organi è un po’ venuta meno negli ultimi tempi” ha confidato a Formiche.net l’ex segretario nazionale lombardo Paolo Grimoldi.

Salvini ha continuato a rimandare, solo negli ultimi giorni si è deciso a fissare una data indicativa. Il Congresso si farà “entro un anno”, ha assicurato ai suoi. Prima, così vuole lo statuto, c’è una trafila di congressini da organizzare. Le assemblee cittadine e provinciali per eleggere i coordinatori, poi, in primavera, i nuovi responsabili regionali. Per mesi tutto è rimasto fermo, a causa della pandemia. Un’ottima ragione che oggi potrebbe non bastare più…

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