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Si avvertono i primi, timidi movimenti europei sul problema della crisi dei prezzi di gas ed elettricità, che a settembre ha surriscaldato i prezzi dell’energia tanto da far schizzare l’inflazione del settore sopra il 17%. Intanto la Russia continua a non aumentare l’esportazione di gas (mentre riempie il gasdotto Nord Stream 2), aggravando la carenza di metano in Ue.

Questi dossier saranno sul tavolo dei leader europei, a cena in Slovenia martedì sera, su quello della riunione dei ministri europei dell’ambiente (mercoledì in Lussemburgo) e alla prossima riunione del Consiglio europeo, in agenda per il 21-22 ottobre. La Commissione europea sta aspettando di vedere dove gira il vento mentre prepara un comunicato, che si limiterà a suggerire misure a livello nazionale.

Intanto si sta consolidando un fronte (che ricorda vagamente quello per l’allentamento delle regole di bilancio europee) secondo cui la risposta all’impennata delle bollette dovrebbe essere europea piuttosto che limitata ai singoli Stati.

Questa è la linea del ministro francese dell’economia Bruno Le Maire, che alla riunione dell’Eurogruppo di lunedì ha chiamato l’aumento “insostenibile” e ha proposto insieme alla collega spagnola Nadia Calviño un approccio comunitario al problema, tra cui rivedere le regole del mercato europeo per limitare la speculazione e scollegare i prezzi dell’elettricità da quelli del gas.

C’è di più: Calviño ha lanciato la proposta – reiterata lunedì dal premier Pedro Sánchez – di costruire “riserve strategiche di gas” europee, un procedimento sulla falsariga dell’approvvigionamento dei vaccini anti Covid-19. “Abbiamo imparato dalla negoziazione per le forniture di vaccino che siamo più forti se parliamo con una voce sola, con 27 membri, quando parliamo con i grandi fornitori internazionali”, ha detto la ministra.

Si è aggiunta anche l’Italia a questo fronte, attraverso il sottosegretario di Stato e ministro per gli affari europei, Enzo Amendola, che ha parlato di “stoccaggio europeo per far fronte alle fluttuazioni” con Politico Europe. Per lui si tratta anche di fornire risposte ai disagi innescati dal processo di decarbonizzazione dei Ventisette, che è in parte responsabile per la stangata delle bollette (la Commissione stima che il prezzo delle emissioni stabilito dal mercato europeo Ets rappresenti un quinto degli aumenti).

Insomma, si muove il fronte delle “colombe energetiche”. Tra le idee emerse finora risalta, per esempio, l’allentamento delle regole di bilancio per i settori della transizione energetica. Si pensa addirittura a due risorse molto legate a Fit for 55 (che è ancora al vaglio del Parlamento europeo), ossia i derivati della vendita dei certificati Ets di emissione e il fondo comune per il clima, per intervenire direttamente sul costo delle bollette.

Tuttavia, com’è naturale, è già emerso anche il fronte dei “falchi” secondo cui l’intervento europeo non deve stroppiare. “Dobbiamo pensarci molto attentamente” ha detto alla riunione dell’Eurogruppo la ministra dell’economia finlandese Annika Saarikko, aggiungendo che il sostentamento delle famiglie vulnerabili dovrebbe essere di competenza dei singoli Stati.

Lunedì la linea di Saarikko è stata ripresa anche da due alti funzionari europei, il vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis e il Commissario per gli affari economici Paolo Gentiloni. “Dovremmo reagire ma non spingerci troppo oltre”, ha detto quest’ultimo, dichiarando di essere a favore di azioni mirate e temporanee.

Della stessa idea Paschal Donohoe, ministro delle finanze irlandese e presidente di turno dell’Eurogruppo, che ha ricordato le parole di Christine Lagarde (presidente della Banca centrale europea): “la sfida chiave è garantire che non reagiamo in modo eccessivo agli shock transitori dell’offerta che non hanno alcun impatto sul medio termine”.

Gli schieramenti sono chiari. Martedì la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha aperto alle proposte meno radicali, dichiarando che le riserve di gas comuni e il collegamento dei prezzi dell’energia saranno oggetto di discussione alla riunione del Consiglio europeo. A ogni modo, Bruxelles sembra rimanere dell’idea che occorra aumentare la produzione di energia rinnovabile per costruire l’autonomia energetica europea – una soluzione per il lungo termine, ma che non aiuta nel breve.

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