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Oggi l’apertura dei Giochi Invernali di Pechino 2022. Già ampiamente soprannominati i Genocide Games segnano la grave complicità del mondo intero nelle continue e crescenti atrocità del regime comunista cinese.

Da cinque anni si stanno compiendo un genocidio e crimini contro l’umanità nello Xinjiang, accertati da un numero crescenti di tribunali, parlamenti e governi. Crimini che seguono a quanto perpetrato nel Tibet dagli stessi autori. Crimini che hanno spianato la strada per allargare le mira repressive del regime contro tutto quel che è diverso: per ragioni etniche, religiose o di semplice opinione.

Buddhisti, musulmani, Falun Gong, cristiani. O ancora: Tibetani, Uiguri, giovani di Hong Kong o giovani femministe. Lo minimo spirito che aspira ad un briciolo di libertà di religione, di pensiero o di difesa del corpo proprio contro la mano pesante del Partito unico viene schiacciato con risolutezza. Terroristi, traditori della Patria, litigiosi e provocatori che minano alla sicurezza politica nazionale le accuse sempre più frequentemente adottati nei loro confronti.

Accuse accompagnate da alcune certezze: la sparizione forzata in uno dei tanti sistemi extra-giudiziali in costante crescita, la tortura finché non ci si arrende alle confessioni televisive forzate che servono da lezione alla comunità intera, i processi farlocchi e la pena detentiva garantita.

Veri e propri matti di libertà quei pochi individui che resistono dopo sette decenni di oppressione onnivora. Difensori dei diritti umani, avvocati penalisti, giornalisti. Una manciata di persone su una popolazione di quasi 1 miliardo e mezzo che non si arrende. E ne paga il prezzo sempre più alto: oltre cinquanta mila tra loro che solo negli ultimi sette anni sono sparite nelle black jail della Cina continentale.

Capita persino a stranieri. Attivisti, giornalisti, imprenditori, oppure malcapitati presi in ostaggio nel gioco geopolitico di Pechino. Americani, australiani, canadesi, inglesi, europei. Nessuno è salvo. I consigli sui viaggi di vari Paesi avvertono apertamente i cittadini per il rischio che corrono recandosi nel Paese di mezzo.

Capita anche a chi si macchia di attività litigiose e provocatorie al di fuori dalla Cina. Perseguitato, minacciato e persino rapito all’estero chi critica il Partito comunista cinese. Oltre dieci mila le persone involontariamente riportate in Cina con ogni mezzo necessario da 120 Paesi da quando è salito al potere Xi Jinping e il numero di cittadini cinesi che cercano rifugio all’estero cresce esponenzialmente.

Avvertimenti dai servizi nazionali a Parlamentari ed attivisti inglesi e danesi circa i gravi rischi legati a viaggi in Paesi con trattati di estradizione con la Cina o Hong Kong. Il tutto con un singolo messaggio chiave rilanciato dal Ministero degli Esteri a Pechino la settimana scorsa: “Vi daremo la caccia fino ai confini della terra.”

Questo il luogo dei prossimi Giochi Olimpici. Questo il luogo nel cui abbiamo mandato en masse i nostri atleti migliori. Questa la chiave con la quale vanno lette le parole del Vice Direttore Generale del comitato organizzatore cinese delle Olimpiadi due settimane fa: “comportamenti o dichiarazioni contrarie a leggi e regolamenti cinesi saranno soggetti a sicura punizione.”

Questo il Comitato olimpico nazionale con il quale ancora a gennaio il Comitato olimpico italiano ha siglato un nuovo Memorandum of Understanding. Questo il Paese cui il Segretario generale del Comitato italiano spera servi da modello per i Giochi Invernali di Milano Cortina 2026. Questi i Giochi di cui la Repubblica italiana si fa ancora ufficialmente co-promotore mentre un numero crescente dei suoi Paesi alleati hanno dichiarato il boicottaggio diplomatico. Questo un piccolo catalogo delle continue atrocità comodamente ignorato da chi si presta all’opera incessante di propaganda di Pechino.

E allora un appello diretto ai media e ai giornalisti italiani. Utilizziamo lo scempio di questi Giochi genocidinell’unico modo possibile. Raccontate, descrivete e raccontate ancora le atroci violazioni su scala industriale dei diritti umani nella Cina comunista. Siate voi la voce di chi non può parlare. Siate litigiosi e provocatori dando voce e dignità ai cento venti sette dei vostri colleghi giornalisti attualmente detenuti in Cina e a Hong Kong. E diamo ai cittadini italiani quel che il regime di Pechino più detesta: la verità sul peggior carceriere di giornalisti al mondo.

 

Laura Harth

Pierluigi Battista

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