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Non c’è che dire: Huawei sceglie sempre con molta cura le date per i suoi eventi. Alla vigilia del G20 di Roma ha organizzato Eco-Connect Europe 2021, due giorni di lavori online e in cinque Paesi, tra cui l’Italia.

E a marzo di quest’anno, Huawei Italia aveva inaugurato il suo Cyber Security Transparency Centre a Roma nel giorno della prima ministeriale Nato dell’era Biden, in cui Cina e cybersecurity erano in cima all’agenda dei lavori.

Nel settembre dell’anno scorso, invece, Huawei Italia aveva annunciato la nascita del centro negli stessi momenti in cui l’allora segretario di Stato americano Mike Pompeo arrivava a Palazzo Chigi per incontrare il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e affrontare anche lo spinoso dossier 5G dopo le accuse dell’intelligence statunitense – e del Copasir – di spionaggio a favore del governo cinese da parte delle aziende cinesi (che hanno sempre respinto ogni simile addebito occidentale).

Aprendo i lavori dell’Eco-Connect Europe 2021, Guo Ping, rotating chairman di Huawei, ha rivolto un messaggio chiaro al Vecchio continente: Huawei lavorerà alla transizione verde e digitale. Come? Ecco le tre proposte: “Favorire la trasformazione digitale dell’Europa, guidare l’uso delle tecnologie digitali per permettere la trasformazione verde e soddisfare la nostra responsabilità sociale aziendale nell’era digitale”. E ancora: “Huawei sta aiutando l’Europa a diventare digitale costruendo solide infrastrutture ICt e mantenendo la leadership globale in termini di infrastrutture Ict. Durante la pandemia, Huawei ha aiutato l’Europa a rendere possibili cose come il lavoro e l’apprendimento a distanza. Huawei sta anche lavorando con le industrie per passare al digitale attraverso molteplici centri di innovazione congiunti, tra cui OpenLabs a Monaco e Parigi”.

All’evento romano il presidente Luigi De Vecchis ha illustrato le “iniziative messe in campo da Huawei Italia per promuovere le competenze digitali e valorizzare i talenti italiani che guideranno la trasformazione digitale del Paese”. L’amministratore delegato Wilson Wang ha evidenziato, invece, quanto l’Italia sia un mercato chiave per il gruppo: “Qui lavorano oltre 730 persone, l’81% dei quali è italiano, e due quartier generali a Milano e Roma”, ha spiegato. “Abbiamo realizzato acquisti per 2,7 miliardi fra 2016 e 2020 e 20 milioni di investimenti alle università italiane nel solo 2020”. A focalizzarsi sulla transizione digitale è stato Vincenzo Strangis, senior director Digital Transformation and Smart City di Huawei Enterprise Italia, sottolineando come il Pnrr può spingere in particolare la trasformazione della pubblica amministrazione e Huawei è pronta.

Colpisce come per Huawei il 5G sia passato dall’essere tema centrale in ogni comunicazione a materiale da gestire con molta cura. Tanta che appare ormai marginale negli eventi e in quanto comunica ufficialmente l’azienda, che appare più focalizzata su aspetti di “resilienza”. Ciò non toglie, però, che il 5G sia parte integrante del pacchetto con cui Huawei guarda al Pnrr europeo e a quello italiano, con il 52% dei fondi destinati alle transizioni digitale e verde.

Nei giorni scorsi Liu Kan, nuovo console cinese a Milano, aveva dichiarato a MF-Milano Finanza che le aziende cinesi sono “disposte a prendere parte attivamente al Piano nazionale di rilancio dell’Italia, esplorando opportunità di cooperazione nei settori della sostenibilità, del digitale e della sanità, con la volontà di promuovere vantaggi reciproci e risultati win-win”. Settori critici sia per la loro rilevanza nel Piano, sia per la loro importanza nella transizione ecologica e digitale, sia per la mole di dati sensibili che contengono e che potrebbero riaccendere le preoccupazioni già emerse sul ruolo delle aziende cinesi – Huawei e Zte – nel 5G, osservavamo su Formiche.net.

E aggiungevamo quanto segue.

Questo presunto win-win, cavallo di battaglia della diplomazia di Pechino per sostenere che gli investimenti cinesi portano benefici a entrambe le parti, è visto con sospetto da molti. Per esempio dal Copasir, che nelle sue recenti audizioni ha acceso un riflettore sull’utilizzo dei fondi del Pnrr (e sulla vicenda Alpi Aviation). E anche dagli Stati Uniti. Basti pensare che a fine giugno, nel corso della sua prima visita in Italia, il segretario di Stato americano Antony Blinken aveva dichiarato a Repubblica che “è molto importante che quando arrivano investimenti da altri Paesi si effettuino i controlli necessari sulla loro origine. Soprattutto tenendo presenti le esigenze della sicurezza nazionale, dell’Italia come di altri Paesi”.

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