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Per Silvio Berlusconi vale il motto: dagli amici mi guardi iddio che dai nemici mi guardo io.

Durante tutte questi giorni nei quali il Cavaliere ha cercato di costruire e lanciare la sua candidatura, specie da parte di Matteo Salvini (Giorgia Meloni ha fatto la stessa cosa, ma è stata più riparata) sono venuti solo segnali negativi. È vero che molti nel gruppo misto e tra i grillini sono alla sbando e quindi disponibili a tutto, ma essi si sono posti questo interrogativo: dove andiamo a finire se Berlusconi non ha neanche tutti i voti del centrodestra? Solo Verdini, con la lettera comparsa sul Tirreno, ha lanciato al Cavaliere una ciambella di salvataggio, pur rivendicando il ruolo di kingmaker di Salvini.

L’unica piacevole sorpresa per Berlusconi è venuta dal contributo che gli hanno dato Travaglio e gli uomini di De Benedetti: gli articoli di Travaglio, Giannini e compagni sono stati così maniacali da spingere parlamentari di buon senso a reagire di fronte a questo antiberlusconismo paranoico elargendo qualche voto per il Cavaliere.

È però difficilmente quantificabile l’effetto Travaglio a favore di Berlusconi. Allora se se la sente Berlusconi alla quarta votazione può tentare la carica di Balaklava, se ritiene invece che ci stanno troppe trappole in giro può ritirarsi, ma per mantenere in piedi il suo prestigio politico non deve riconoscere a Salvini il ruolo di kingmaker, avanzando a sua volta candidature di prestigio, ma non sovraniste. Per capirci: Mario Draghi, Gianni Letta, Pier Ferdinando Casini.

In effetti, allo stato delle cose, da queste schermaglie sulla presidenza della Repubblica se non c’è un colpo di scena Berlusconi e Forza Italia risultano isolati e strangolati dai due partiti di destra. Il rischio che essi corrono è che il 7-8% di Forza Italia risulti ininfluente sul piano politico e però influente sul piano numerico perché senza di esso Salvini e la Meloni alle elezioni del 2023 non sono affatto certo di avere la maggioranza.

E allora il problema di Berlusconi e di quella parte di Forza Italia che non si è ancora arresa a Salvini è quella di ricominciare a fare comunque politica. Per molti aspetti la candidatura del Cavaliere alla presidenza della Repubblica ha rappresentato una sorta di ora della verità per verificare gli autentici rapporti politici tra le varie forze del centrodestra.

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