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Kabul. A tre settimane dalla presa della capitale e dall’annuncio della rinascita dell’Emirato islamico dell’Afghanistan, i talebani hanno annunciato la costituzione del governo di transizione.

La comunicazione è stata preceduta da una serie di proteste in strada, a cui hanno partecipato molte donne che chiedevano di non essere emarginate dalla vita del Paese, e a cui i militanti integralisti – che pure avevano rassicurato la popolazione di essere cambiati e che le donne avrebbero avuto un certo grado di libertà e partecipazione – hanno risposto con le pallottole.

Il nuovo esecutivo sarà guidato dal mullah Mohammad Hassan Akhund, originario della regione del Kandahar, culla dei talebani negli anni Novanta. Considerato tra i fondatori originari del gruppo e inserito nella lista dei terroristi stilata dalle Nazioni Unite, da vent’anni Akhund è a capo del Rehbari Shura, il “consiglio supremo” degli integralisti islamici.

Si ritiene che Akhund, già ministro degli esteri e poi vicepremier del precedente regime talebano, sia una figura più religiosa che militare. È considerato vicino al leader spirituale del gruppo, lo sceicco Hibatullah Akhundzada, che probabilmente in futuro vestirà la carica di leader supremo (in maniera non dissimile dall’ayatollah iraniano Khamenei).

Al fianco del mullah Akhund siederà un altro cofondatore dei talebani, Abdul Ghani Baradar, il quale finora ha ricoperto il ruolo di capo politico e volto pubblico del gruppo. Il nuovo vicepremier ricevette il titolo onorifico di mullah e il nome Baradar, “fratello”, direttamente dal fondatore del gruppo e leader del precedente governo, il mullah Omar.

Dopo la caduta del regime nel 2001 Baradar fu tra i leader talebani a fuggire in Pakistan, dove fu catturato dagli americani nel 2010. Venne rilasciato nel 2018 dall’amministrazione di Donald Trump per consentirgli di partecipare alla firma degli Accordi di Doha, che sancirono la data originaria del ritiro delle forze occidentali.

Tra le altre nomine vanno segnalati i due vice del leader supremo, rispettivamente il nuovo ministro della difesa Mohammad Yaqoub (figlio più anziano del fu mullah Omar, componente del Rehbari Shura e capo della commissione militare dal 2016) e il nuovo ministro dell’interno Serajuddin Haqqani, a capo del famigerato, storico distaccamento talebano noto come “rete Haqqani” e most wanted dell’Fbi.

“Sappiamo che la gente del nostro Paese stava aspettando un nuovo governo”, ha detto il portavoce Zabihullah Mujahid all’annuncio dei nomi. “Il gabinetto non è definitivo, è solo transitorio. Proveremo a includere persone dalle altre parti del Paese”, ha aggiunto, conscio dell’elemento etnico e del fatto che il gruppo avesse segnalato, a poco tempo dalla presa della capitale, di voler formare un governo “inclusivo”; “il nostro governo non sarà basato sull’etnia. Non permetteremo questo tipo di politica”.

Come ampiamente previsto, nessuna donna è stata inclusa nel processo di formazione del governo.

L’annuncio era stato anticipato di dodici ore dall’invito di partecipare alla cerimonia di formazione del nuovo governo, esteso dagli integralisti a Cina, Iran, Pakistan, Russia, Turchia, Qatar. Difficile che altri Paesi, o anche solo questi sei, riconoscano a breve il nuovo esecutivo talebano.

Dal mullah jr. al ricercato Fbi. Ecco il governo talebano

Il nuovo gabinetto “temporaneo” è guidato dal mullah Ahkund, nella lista dei terroristi dell’Onu, in veste di primo ministro. Nella sua cerchia più stretta figurano volti noti (anche all’Fbi) e ufficiali talebani di lungo corso. Nessuna carica ufficiale per il capo spirituale Akhunzada, che probabilmente ricoprirà la carica di leader supremo. Tutti i dettagli del nuovo governo talebano

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