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La missione delle Nazioni Unite per la Libia (Unsmil) ha diffuso i risultati dell’analisi tecnica con cui Deloitte ha fatto una review della situazione finanziaria della Banca Centrale Libica (anche CBL) e della sua succursale fittizia con sede in Cirenaica.

Si alza il velo su un’istituzione centrale che costituisce il sistema linfatico libico attraverso un report redatto (finalmente) da una primaria società di revisione come quella anglo-americana. L’analisi, è la stessa Deloitte a spiegarlo nel rapporto conclusivo, non vale come certificazione finanziaria – tipicamente effettuata sulle banche centrali – perché un conto è analizzare un’istituzione dotata di un sistema di controllo anche informatico su conti e movimenti, diverso è muoversi in un sistema che mantiene tutt’ora le opacità avute per anni.

Deloitte come revisore terzo non può certificare, ma fornisce un’accurata investigazione. Questo la dice già lunga su quanto sia complesso il percorso che questa Libia in fase di stabilizzazione post-bellica debba compiere, ma è altrettanto vero che l’aver accettato di essersi messi a nudo è già un buon punto.

Quello che ne esce chiaramente è che il sistema attuale delle due banche, una con sede a Tripoli e un’altra a Bayda (nell’Est del Paese) non può assolutamente funzionare. L’istituzione deve essere unica e centralizzata, come d’altronde richiesto dalle Nazioni Unite e dai vari attori che stanno sostenendo l’attuale Governo di unità nazionale guidato da Abdelhamid Dabaiba. Tra questi c’è anche l’Italia, che spinge per l’unificazione di tutte le strutture del sistema statale che finora – dopo un decennio di guerre interne – sono state separate e adesso devono essere riunite. Senza è inutile parlare di pace e di unificazione della Libia, e dunque di instabilità.

Restando al report di Deloitte, è evidente che mentre la banca centrale di Tripoli riesce a sostenere l’emissione di moneta con le riserve di valuta estera provenienti dalla vendita di petrolio (perché la petrolifera Noc ha conto solo a Tripoli), quella dell’Est emette moneta solo per finanziare il governo orientale – un’istituzione fittizia e non riconosciuta a livello internazionale. Per farlo Bayda costringe le banche della regione a depositare i soldi presso di sé.

Nel rapporto presentato alle Nazioni Unite e reso pubblico da Unsmil c’è anche una road map per la riunificazione. La situazione è complessa, perché nemmeno a Tripoli la CBL brilla: la crisi (che ha prodotto un quasi totale calo delle vendite di petrolio) si è portata dietro una drastica diminuzione delle riserve di valuta estera mentre aumentava la richiesta di moneta da parte della popolazione. A questo, guardando al futuro va aggiunto il problema strutturale della transizione energetica, tema su cui il Paese dovrà prepararsi per differenziare le entrate dal petrolio prima di restare invischiato nella decarbonizzazione.

È una situazione di pericolo quella che emerge in generale, perché serve di rimpolpare le riserve il più presto possibile per sostenere l’emissione di moneta. Se le produzioni di petrolio – che nel frattempo dopo il cessate il fuoco dell’ottobre scorso sono aumentate a ritmi molto alti – una soluzione potrebbe essere un intervento di realtà straniere che iniettino soldi (esteri) nella CBL. Quasi inutile aggiungere che questo apre al problema politico, e innesca un circolo che può essere virtuoso o vizioso a seconda di come lo si veda.

La questione riguarda ovviamente il futuro del governo e della presidenza, che dovrebbero passare dal voto entro dicembre secondo l’agenda fissata dall’Onu che sta guidando il percorso di stabilizzazione. Dabaiba sta guidando l’esecutivo sotto un incarico ad interim: il suo compito è traghettare il Paese verso nuove elezioni, preparare le carte per la stabilizzazione (e dunque anche la riunificazione delle istituzioni, da quelle economiche a quelle militari), e lasciare il testimone al suo successore – lui non può candidarsi per accordo diretto preso con l’Onu.

Argomenti trattati anche venerdì a Cernobbio, dove il premier libico Dabaiba ha partecipato al Forum Ambrosetti, un ambiente business in cui lui si muove bene. La CBL è d’altronde un interesse internazionale. Al di là del ruolo istituzionale, ha in portafoglio partecipazioni in UniCredit (0,8 per cento) e depositi in banche straniere come la Bank of England o in Francia.

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