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Alla fina la famosa pezza qualcuno ce l’ha messa, forse per la prima volta spaventato che la situazione potesse sfuggire di mano. Evergrande pagherà 35,88 milioni di dollari di interessi (232 milioni di yuan) sul debito onshore, offrendo un po’ di sollievo ai mercati globali sull’orlo di una crisi di nervi, causa possibile default del secondo conglomerato immobiliare cinese.

LA PEZZA DI PECHINO

In un documento congiunto con la borsa di Shenzhen, città sede del quartier generale di Evergrande, da giorni meta di pellegrinaggio di obbligazionisti in attesa di ricevere il dovuto, la capogruppo ha affermato che la società salderà una cedola sul prestito obbligazionario con tasso al 5,8% e scadenza a settembre 2025. Resta in alto mare la questione del debito offshore in dollari che vale almeno il doppio, anche questo in scadenza giovedì 23. Una mossa, collaterale alla decisione della Banca centrale cinese di iniettare 18,6 miliardi di euro nel sistema finanziario, a tasso invariato.

PASSIONE ELETTRICA

Fin qui il tampone per fermare l’emorragia. Ma con il passare delle ore emergono una serie di retroscena sulle cause che hanno portato Evergrande sull’orlo dell’abisso, facendo per un attimo rivivere lo spettro di Lehman Brothers. Come raccontato in precedenza da Formiche.net, uno dei settori extra-mattone dove si era cimentata Evergrande era l’auto elettrica, con Evergrande Nev. Fondata nel 2019 per sviluppare una gamma di auto elettriche che le permettessero in poco tempo di affermarsi tra le big asiatiche della eMobility, la branch automotive, quando fu annunciata due anni fa, destò un enorme interesse, tanto da arrivare ad aprile 2021 a una capitalizzazione di quasi 100 miliardi di dollari.

Questo proprio perché alle spalle aveva  società, Evergrande Group (che partecipava la controllata Nev al 65%), da 123 mila dipendenti e 76 miliardi di dollari di fatturato. Non è tutto. Al Salone di Shanghai 2021 Evergrande Nev ha presentato alcuni prototipi che avrebbero dovuto aprire la strada a una nuova gamma di auto a zero emissioni che in pochi anni avrebbe dovuto far diventare Evergrande un vero e proprio punto di riferimento tra le vetture a batteria. Bene, anzi no.

UNA BOLLA DI SAPONE

A dispetto degli immani capitali immagazzinati dalla branch automotive, il costruttore non ha venduto nemmeno un’auto. Proprio così, ad oggi non un veicolo Evergrande Nev gira per le strade della Cina. La vicenda, che ha del surreale, è stata portata alla luce dal quotidiano Caixin, ben addentro alle vicende industriali del Dragone. Ebbene, fino a pochi mesi fa Evergrande Nev con una capitalizzazione di 674,1 miliardi di yuan alla Borsa di Hong Kong era la società automobilistica quotata di maggior valore in Cina. Il tutto senza vendere una sola auto. Possibile?

Pare proprio di sì, perché lo scopo principale di Evergrande Nev era quello di raccogliere capitali per la capogruppo e non per produrre veicoli. La stessa casa madre ha più volte affermato di aver investito 47,4 miliardi di yuan nelle auto elettriche, ma non pochi analisti ritengono che la maggior parte di tale investimento provenga dal mercato, non dalla stessa Evergrande. In altre parole, il denaro raccolto dal mercato, tramite l’emissione di bond, sarebbe solo servito ad aumentare le dimensioni e il capitale della società e non certo immettere sul mercato veicoli elettrici di ultima generazione.

Basti solo pensare che nel settembre 2018, Evergrande ha acquistato una quota importante nello Xinjiang Guanghui Industry Investment Group per 14,5 miliardi di yuan, diventando il secondo azionista della società. Quell’accordo ha aperto per il colosso immobiliare la strada dell’auto elettrica, perché Guanghui Industry Investment è uno degli azionisti del China Grand Automotive Services Group, uno dei più grandi rivenditori di auto del Paese. Ma di auto Evergrande non se ne sono viste. E nel 2019, una Evergrande a corto di liquidità ha venduto la sua partecipazione in Guanghui Industry Investment  per 14,85 miliardi di yuan.

Trucchi, trucchetti e auto (mai vendute) dietro il crac Evergrande

Il colosso immobiliare finito sull’orlo del baratro ha investito miliardi nella mobilità elettrica, creando una controllata tra le più capitalizzate della Cina. Peccato che nemmeno un veicolo sia finito sul mercato. I soldi sono serviti molto più semplicemente a riempire le casse del gruppo. Mossa che a quanto pare non è servita

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