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L’accordo strategico-tecnologico tra Stati Uniti, Australia e Regno Unito riguarda settori in cui molti attori sono coinvolti e si snoda tutto in un quadrante dal valore geopolitico come l’Indo Pacifico. I sommergibili nucleari in arrivo a Canberra, tanto quanto le intese per il rafforzamento della linea di intelligence e sul controllo delle supply chain tecniche, sono fattori che hanno un obiettivo chiaro, il contenimento cinese. Ma mentre mettono Pechino in allerta – dure le reazioni del Partito/Stato – provocano anche contraccolpi tra gli alleati. Oltre alla reazione scomposta francese e alle questioni aperte in Ue (sulle relazioni intra-europee, transatlantiche e trans-Manica), la fotografia di quanto accade in Asia è utile per comprendere certi posizionamento e certe dinamiche.

Per esempio, le Filippine sono state tra i primi a congratularsi con l’Australia. Stretti alleati americani, invischiati in relazioni accese con la Cina, a Manila un rafforzamento anti-cinese non è visto male. I filippini non soffrono nemmeno complessi di inferiorità, anzi apprezzano l’impegno americano, seppure consapevoli che difficilmente potranno mai arrivare a un rapporto come quello tra Washington e Canberra. Apprezzano l’instaurarsi di nuovi equilibri di potenza. La Cina è una realtà dominante regionale, e sebbene l’America abbia già da tempo iniziato a giocare un ruolo in Asia, e gli inglesi ambiscano a qualcosa di simile, la distanza e la geografia contano. Le forze cinesi sono presenti lungo costa e nell’entroterra con forze e capacità superiori a quelle mosse dagli Usa, ma la relazione di deterrenza aumenta se l’Australia otterrà la capacità militare nucleare.

Questo aumento del livello e della quantità di armamenti è sì rischiosa, ma potrebbe creare un presupposto d’ordine anche per altri Paesi del Sud-est asiatico. Gli americani avrebbero un alleato nucleare nella regione, e ciò farebbe da capofila e da punto di equilibrio. Per altro lo avrebbero in uno dei paesi a mentalità occidentale più penetrati dalle interferenze cinesi (Canberra le soffre da tempo, il deterrente atomico è un modo per fermarle?). Per l’Asean, i cui stati sia singolarmente che in forma collettiva non hanno capacità militari avanzate, l’accordo a tre e la sponda fisica australiana sono in generale una forma di rassicurazione che la diplomazia preventiva e le regole di forza possano costruire un equilibrio di potere per evitare scossoni. La questione spinosa per questi paesi è la polarizzazione: o Cina o Usa (Aukus nel caso).

Per tale ragione, Indonesia e Malesia hanno preso posizioni più equilibrate, temono che possano crearsi tensioni e che al riarmo possano seguire destabilizzazioni e soffrire il dualismo. L’Indonesia in particolare, per i suoi collegamenti con la Cina, aveva già evitato di prendere posizioni troppo secche e aveva cercato la sponda giapponese. Tokyo e Nuova Delhi Poi sono su una posizione differente riguardo all’Aukus: i due paesi sono lati del Quad, con Australia e Stati Uniti, e inevitabilmente vedono la stretta nelle relazioni con Canberra come una riduzione del loro ruolo.

Contrazione che arriva in un momento in cui gli Stati Uniti sembravano intenzionati a dare una forma istituzionale al Quad, costruendo una sorta di Nato Asiatica attorno all’accordo a quattro, ma ora sembrano scommettere più sull’alleanza a tre. D’altronde, sopratutto a Tokyo, c’era scetticismo nello spingere troppo il Quad, mentre Washington aveva bisogno di una linea solida e severa su Pechino Questioni che gli americani cercheranno di appianare nella riunione pianificata per questa settimana.

In Asia c'è chi brinda (e chi no) alla nascita di Aukus

L’accordo a tre tra Australia, Regno Unito e Stati Uniti ha scatenato molte reazioni nella regione. Se alcuni Paesi sperano nella creazione di nuovi rapporti di deterrenza davanti alla Cina, altri temono l’acuirsi delle tensioni. Giappone e India speravano in un potenziamento del Quad

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