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Si parla delle prossime scadenze politiche (tra le quali primeggia l’elezione del Capo dello Stato) come se si trattasse di una partita di Risiko da giocare tra amici. Si ipotizzano soluzioni rocambolesche come se i ‘’decisori’’ delle grandi scelte politiche disponessero dei voti necessari per ritessere, ad libitum, un nuovo assetto al vertice delle istituzioni repubblicane, quando, in realtà, non sono in grado di districarsi all’interno di un Parlamento in mano alle fazioni. Peraltro, questi progetti  vengono esposti e commentati sui quotidiani e nei talk show (quando gli autori e i conduttori decidono di affrontare argomenti diversi dalla pandemia e relativi corollari).

La prima mossa riguarda il destino di Mario Draghi: deve trasferirsi al Quirinale o rimanere a Palazzo Chigi? Per rispondere a questa domanda, occorre partire dalle ipotesi subordinate. Qualcuno è arrivato a chiedere pubblicamente che Sergio Mattarella si presti a ripetere l’operazione Napolitano: una sorta di rielezione a termine per un anno o due, in attesa che Draghi possa guidare il Paese fino alla conclusione della legislatura. E poi salire al Colle a sedersi sullo scranno che Mattarella ha tenuto occupato per lui.  In sostanza, quella che si vagheggia candidamente è una modifica della costituzione materiale con l’introduzione, di fatto, dell’istituto della reggenza a tempo determinato. La più alta magistratura della Repubblica viene eletta per sette anni; non esiste la possibilità di sconti negoziati apertamente o in via riservata.

Le dimissioni anticipate di Giorgio Napolitano furono una decisone assunta in totale autonomia, quando il presidente la ritenne opportuna. Quel galantuomo di Mattarella ha fatto capire chiaramente che considera chiusa la sua stagione. A maggior ragione non sarebbe disponibile a iniziare un nuovo mandato in regime di part time verticale. In questa prospettiva, poi, potrebbe venire allo scoperto una diversa operazione politica. Nessuno è in grado garantire (anche se Mattarella fosse riconfermato) che Draghi e il suo governo completeranno ciò che resta della XVIII Legislatura. Basterebbe mettere in crisi l’attuale maggioranza e portare il Paese al voto anticipato. Tanto più che il Pd  coltiva un altro disegno: mandare al Quirinale una personalità che promuova e consolidi l’alleanza giallo-rossa in un ruolo di contrapposizione alla destra.

L’incarico a Mario Draghi e la formazione di un governo di larghe intese sono stati ‘’subiti’’ da un Pd, che non si aspettava  di trovarsi  di fronte ad ‘’una proposta che non si può rifiutare’’ (copyright Il Padrino) mentre lavorava pancia a terra per il Conte 3, anche a costo di raccattare alla rinfusa i voti necessari, dopo il ‘’tradimento’’ di Matteo Renzi. In sostanza, io resto legato alla cultura contadina: nel pericolo, la prima cosa da fare è quella di mettere al sicuro le sementi. So bene che a Draghi non basta schioccare le dita per stabilirsi al Quirinale. L’elezione del capo dello Stato riserva sovente delle sorprese. Credo però che sarebbe meglio avere l’attuale premier al Quirinale per sette anni. Sarebbe un’importante ‘’messa in sicurezza’’ dell’Italia sia sul piano internazionale che su quello interno.

Nel 2018 Sergio Mattarella ha dimostrato quanto sia importante (anche nell’orientare l’azione del governo) avere un usbergo sicuro nella Presidenza della Repubblica. Dal Colle si riesce a tenere d’occhio anche la gestione del Pnrr, perché la novità di questo strumento non sta solo nelle risorse che mobilita a favore del nostro Paese, ma nei poteri che Bruxelles assume nel giudicare l’azione dei governi. In breve, il cambiamento cruciale introdotto dal Ngeu è di carattere istituzionale: si procede con il pilota automatico innescato  da parte della Commissione. L’Uomo del Colle, nei prossimi anni,  dovrebbe accertarsi che nessuno tenti di dirottare l’aereo.

A questo punto i commentatori si pongono un‘altra domanda. Se Draghi va al Quirinale chi prende  – che sia altrettanto bravo ed autorevole – il suo posto a Palazzo Chigi? Io mi sento di rispondere così: innanzi tutto – come ho cercato di dimostrare o almeno di sostenere . Draghi non uscirebbe di scena neanche  sul piano operativo, gestendo con accortezza i suoi poteri che non sono solo di rappresentanza. Poi se fossi al posto di SuperMario, una volta allocato al Quirinale, convocherei Giancarlo Giorgetti per conferirgli l’incarico di formare un nuovo governo. Giorgetti è una persona di grandi qualità, ha un ottimo aplomb a livello internazionale e rapporti di stima con il mondo della finanza e dell’impresa. La Lega è il partito che vanta una maggiore ‘’anzianità’’, dispone di ottimi amministratori, di tutt’altra pasta del declinante ‘’Capitano’’ (che ormai è solo ‘’chiacchiere e distintivo’’). Avere Giorgetti a Palazzo Chigi significherebbe mettere in moto in questo partito un’evoluzione positiva che contribuirebbe a realizzare l’obiettivo che non è riuscito a Silvio Berlusconi: costruire una destra antipopulista, liberale, repubblicana, atlantica, saldamente ancorata all’Europa e alle sue prospettive.

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