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Accelerazioni nell’industria di veicoli elettrici (EV). Nel giorno in cui il gigante tech taiwanese Foxconn presenta i suoi primi tre prototipi, preparandosi a diventare un punto cardine del settore, l’automaker europeo Stellantis e la divisione di batterie della taiwanese LG annunciano una joint venture per costruire una maxi-fabbrica di batterie negli Stati Uniti.

Sono due eventi paralleli ma intrecciati, che descrivono la corsa a porre le basi del successo in uno dei settori più promettenti dei prossimi anni. Gli attori industriali sanno che per rimanere competitivi durante la transizione verde (e la rivoluzione manifatturiera che ne deriva per gli automaker) dovranno puntare su ricerca e sviluppo e poter contare su un adeguato approvvigionamento di batterie, la tecnologia-piattaforma degli EV.

Lo sa bene la Cina, che secondo gli analisti di Benchmark Mineral Intelligence ospita oltre tre quarti delle 200 gigafactories di batterie agli ioni di litio al mondo e ne costruisce l’equivalente di una alla settimana. Ma Ue e Usa si stanno attrezzando per la rincorsa: solamente in Europa (che ne ha 22) si parla di quasi 40 gigafactories in varie fasi di progettazione. Sforzo minore ma comparabile negli Usa, dove Stellantis vuole rispondere alla chiamata del presidente Joe Biden portando le vendite di EV a oltre il 40% del totale entro il 2030.

Il memorandum appena firmato tra Stellantis e LG Energy prevede la costruzione di una gigafactory con capacità annuale di 40 gigawattora, che secondo il CEO Carlos Tavares contribuirà assieme alle altre a raggiungere “come minimo un totale di 260 GWh di capacità entro il 2030”. Le batterie saranno impiegate negli stabilimenti nordamericani dell’automaker europeo, sparse tra Usa, Canada e Messico, per produrre EV dagli ibridi plug-in a quelli interamente elettrici.

Stellantis prevede di investire oltre 30 miliardi di euro entro il 2025 nell’elettrificazione e nello sviluppo software. Ed è qui che l’annuncio si interseca con quello di Foxconn, un vero titano dell’industria dell’elettronica di consumo (si stima che ne produca il 40% a livello globale). L’azienda è la prima a Taiwan per fatturato, che rivaleggia con quello delle Big Tech americane ed è quattro volte quello del secondo campione locale, il produttore di microchip TSMC.

Tuttavia Foxconn, “incastrata” nel suo ruolo di assemblatore di prodotti altrui (dagli iPhone alle Xbox), deve tenere i prezzi bassissimi per trattenere i clienti e può permettersi un margine di profitto pari al 2%. La sterzata verso il mondo degli EV è un passo dalle quinte al proscenio: dopo decenni di affinamento nel settore dell’elettronica Foxconn vuole reinventarsi come piattaforma ultima delle macchine elettriche, in grado di fornire alle aziende clienti sia l’hardware che il software delle nuove auto.

I prototipi presentati lunedì da Foxtron (la joint venture tra Foxconn e l’automaker locale Yulon Motor) sono una berlina, un SUV e un autobus. Reuters riporta che la prima – sviluppata assieme a Pininfarina – sarà venduta a un produttore di auto estero ancora ignoto, il SUV si vestirà di una delle marche di Yulon e il bus, marchiato Foxtron, entrerà in servizio in Taiwan già nel 2022 attraverso una partnership con un ente di trasporti locale.

Questo è solo l’ultimo passo della strategia di Foxconn per diventare le fondamenta dell’industria EV. Tra i suoi clienti c’è già la stessa Stellantis, che a maggio ha inaugurato una partnership tecnologica col colosso taiwanese per sviluppare l’abitacolo del futuro. Altri accordi includono quelli con una startup americana, Fisker, e un gruppo energetico taiwanese, PTT. In più negli ultimi mesi Foxconn ha acquistato sia una fabbrica di auto negli Usa che un impianto di chip a Taiwan, ponendo altre basi per una competizione che si preannuncia rovente.

Foxtron Model C

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