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“Oggi si apre un nuovo capitolo delle relazioni transatlantiche”. Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato, alza l’asticella all’arrivo di buon mattino al quartier generale di Bruxelles. Lì si riuniscono oggi i capi di Stato e di governo dell’Alleanza, per la prima volta con Joe Biden (e Mario Draghi), pronti a condividere la riflessione strategica #Nato2030 e a lanciare la definizione del nuovo Concetto strategico. Una sola sessione di lavoro per un’agenda densa, spiegata in dettaglio da Stoltenberg nell’apertura del “Brussels Forum”, organizzato dal German Marshall Fund fino al prossimo venerdì (qui per seguire). Ad aprire il lavori Ian Lesser, vice presidente del Gmf.

IL MESSAGGIO DI BIDEN

“Mi aspetto prima di tutto che il summit mostri l’unità tra Europa e nord America”, ha spiegato Stoltenberg rispondendo alle domande di Deborah Haynes, di SkyNews. Il valore del vertice è prima di tutto simbolico dopo i quattro turbolenti anni targati Donald Trump. Dopo il G7, prima del vertice con l’Ue e del bilaterale con Vladimir Putin, Joe Biden è infatti a Bruxelles per il debutto alla Nato. “Discuteremo di come adattare l’Alleanza alle nuove sfide”, ha notato Stoltenberg, che per questo ha lanciato il processo di riflessione strategica #Nato2030. Si tratta di “rafforzare la nostra difesa collettiva, di rafforzare la nostra resilienza e affinare il nostro vantaggio tecnologico; per la prima volta nella storia della Nato, discuteremo anche di cambiamento climatico”.

LA RUSSIA AL PRIMO POSTO?

Certo, non si dimenticano le sfide tradizionali. Al primo punto dell’agenda resta la Russia. “Il rapporto tra la Nato e la Russia è al suo punto più basso dalla fine della Guerra fredda”, ha notato il segretario generale al primo punto-stampa della giornata. È “significativo” che Biden si confronti con gli alleati prima di incontrare Putin a Ginevra. L’approccio della Nato resta “double-track”, basato su “dialogo e deterrenza”. D’altra parte Mosca mantiene “un comportamento aggressivo”, ragion per cui si attende conferma degli impegni dell’Alleanza nell’Europa dell’est. Allo stesso modo “dobbiamo ridurre i rischi e aumentare la trasparenza reciproca”, un obiettivo per il quale si parte dal rinnovo (tra i primi atti della presidenza Biden) del trattato New Start per il controllo degli armamenti nucleari.

LA SFIDA CINESE

Grande attesa per la Cina, entrata tra le “sfide” dell’Alleanza solo alla fine del 2019. A preoccupare è l’ascesa del Dragone che, ha detto Stoltenberg, “sta cambiando l’equilibrio di potenze”. Nel Concetto strategico del 2010, ha ricordato il segretario generale, la Cina non è menzionata. Lo sarà nel nuovo Concetto strategico, la cui definizione i leader lanceranno oggi. Si tratta di individuare “una posizione comune”, perché se è vero che ci sono “opportunità” per lavorare con Pechino su alcuni temi (“come il cambiamento climatico e il controllo degli armamenti”), è altrettanto vero che pone “sfide alla nostra sicurezza”, evidente “nello spazio e nelle infrastrutture”, a cui si aggiunge il fatto che “non condivide i nostri stessi valori”. Dunque, ha notato Stoltenberg, “non stiamo entrando in una Guerra fredda con la Cina, che non è il nostro nemico”. Tuttavia, si osservano con preoccupazione l’aumento del budget militare cinese, il “comportamento coercitivo nel Mar cinese meridionale”, “la repressione dell’opposizione democratica a Hong Kong” e “la persecuzione delle minoranze”.

LE NOVITÀ ATTESE

Tra le grandi novità del summit odierno ci sono il cambiamento climatico (soprattutto per gli impatti sulla sicurezza) e il termine “resilienza”, che per la Nato include sia la risposta alla pandemia, sia la tutela delle infrastrutture critiche di fronte a pericolosi tentativi di ingerenza. Nella dichiarazione finale ci sarà l’impegno a ridurre le emissioni della Nato e l’impatto climatico delle missioni e delle operazioni. Ci sarà un focus maggiore sulle nuove tecnologie, compreso il Cyber e lo Spazio, ormai domini operativi a tutti gli effetti. Stoltenberg ha anticipato che si chiarirà definitivamente che un attacco oltre l’atmosfera (in orbita, o dalle orbite alla superficie) è a pieno titolo nell’articolo 5 del Trattato atlantico, cioè la clausole di difesa collettiva per cui un attacco contro uno è un attacco contro tutti.

I PARTENARIATI

Si dovrebbe dedicare maggiore attenzione ai partenariati (punto caro all’Italia), perché “prevenire è meglio di intervenire”. Si tratta di potenziare le attività di “capacity building”, di addestramento e di supporto alle forze di Paesi partner. I leader ufficializzeranno il ritiro dell’Afghanistan (una decisione “non facile”, ha ammesso Stoltenberg) ma anche che proseguirà il supporto al Paese, con il sostegno civile, il possibile addestramento alle forze afghane al di fuori del territorio nazionale e la possibile attività di sicurezza sull’aeroporto di Kabul (per cui si è proposta la Turchia). Resta la missione in Iraq, che la Nato ha già deciso di potenziare e per il cui comando si è proposta l’Italia.

IL TEMA DEL BUDGET

Tutto questo significa “aumentare il nostro livello d’ambizione”, ha detto Stoltenberg, un obiettivo che richiede “più risorse”. In altre parole, “dobbiamo investire di più”. Non si tratta solo dei budget nazionali (per cui “siamo sulla buona strada”) ma anche delle dotazioni dell’Alleanza. Su questo si è registrato l’atteggiamento critico francese, che ha evidenziato il rischio di distogliere risorse dai bilanci nazionali e dalle prospettive di una difesa europea. “Sono fiducioso che i leader della Nato accetteranno di investire di più insieme, per soddisfare il nostro più alto livello di ambizione”, ha spiegato Stoltenberg. Dunque, “i leader concorderanno di aumentare le dotazioni della Nato su tre livelli: civile, militare e infrastrutturale”.

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