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Etiopia e Mar Rosso, ma anche infrastrutture, Cina, Wagner. Diversi i temi affrontati nell’incontro organizzato da Fondazione Med-Or presso la sede di Via Cola di Rienzo con il presidente della Somalia Hassan Sheikh Mohamud, in una chiacchierata condotta dal direttore de La Repubblica Maurizio Molinari. È la seconda volta che il Capo di Stato somalo, a Roma per la Conferenza Italia-Africa organizzatadal governo italiano al Senato della Repubblica, è ospite di Med-Or, confermando – come lo scorso anno – che la fondazione sia un vettore nei rapporti tra Italia e Somalia.

Ad introdurre il dialogo è stato Marco Minniti, ex-ministro dell’Interno e presidente di Fondazione Med-Or. Lo spirito di profonda amicizia esistente tra Italia e Somalia è segno, spiega Minniti, di “un destino a specchio” per il continente europeo e quello africano: “Il rapporto con l’Africa è un tema cruciale per i prossimi decenni. Non è possibile pensare al futuro dell’Europa senza guardare al futuro dell’Africa. Se l’Africa starà bene, anche l’Europa starà bene. Se l’Africa starà male, anche l’Europa starà male. I nostri sono destini intrecciati che non è possibile in alcun modo separare. La consapevolezza sempre più rafforzata in Europa e in Occidente di questo fatto dimostra che abbiamo di fronte un passaggio molto complicato e particolarmente ambizioso, che può segnare un cambiamento epocale per la stabilità e gli equilibri del Mediterraneo allargato e dell’intero pianeta”.

Il colloquio tra Sheikh Mohamud e Molinari si apre con una domanda sul Piano Mattei, tema principale della conferenza Italia-Africa, per discutere il quale si sono riuniti a Roma rappresentanti provenienti dal continente africano e da quello europeo. Il presidente somalo individua nella sicurezza, nella mobilità e nelle migrazioni i punti chiave su cui si deve incentrarsi il progetto italiano. Ponendo un accento particolare sulla prima questione, che definisce “non solo la priorità numero uno, ma anche numero due e numero tre” del suo Paese, in cui da anni si protraggono sia l’insurrezione jihadista del gruppo Al Shabaab che le attività dei pirati che turbano le coste del golfo somalo, parte della regione indo-mediterranea.

La conversazione si sposta poi sul recente accordo firmato dall’Etiopia con le autorità del Somaliland, una regione parte dello stato federale somalo che è de facto indipendente dall’ultimo decennio del secolo scorso. “Dietro la decisione dell’Etiopia di siglare l’accordo con il Somaliland per l’accesso al Mar Rosso ci sono sicuramente potenze straniere: lo sapremo molto presto” afferma il presidente somalo, che sottolinea come l’Etiopia non abbia nessun diritto di costruire una base militare o di realizzare un corridoio infrastrutturale in territorio somalo, ribadendo il fatto che la Somalia (così come le Nazioni Unite e l’Unione Europea) respinge l’accordo nel rispetto del principio della sovranità nazionale.

“Non sosteniamo chi viola la sovranità degli altri Paesi; il memorandum del primo gennaio non è diverso da ciò che ha fatto la Russia con l’Ucraina”, prosegue: “La Russia ha fatto semplicemente un’annessione, mentre l’Etiopia ha fatto un accordo con un’amministrazione regionale che è parte della Somalia; è come se la Francia siglasse un’intesa con la Toscana”.

Tema altamente sensibile, su cui il presidente somalo approfitta per ringraziare il governo italiano “che ha detto di volere che sia rispettato il diritto internazionale” e che ha promosso una serie di incontri trilaterali capaci di stabilire “un clima di speranza”. Quanto accade con il Somaliland smuove ulteriormente gli equilibri di una regione inquieta lungo la quale scorre un’aliquota immotante del commercio globale, attualmente messa in condizione di destabilizzazione dagli attacchi degli Houthi.

“Ci sono gli Houthi nello Yemen che sono una minaccia – dice Sheikh Mahmud – e poi c’è la guerra in Sudan, che si trova in una posizione molto difficile. Vediamo ora quello che accade con il trasporto marittimo e commerciale: la regione del Mar Rosso è volatile, non dovete agitare le sue onde. Oggi abbiamo bisogno di un approccio inclusivo e globale, che coinvolga i Paesi arabi e dell’Africa, il mondo occidentale e orientale, ciascuno con la propria influenza”. Solo attraverso al diplomazia e la politica si può garantire la sicurezza della regione.

Mohamud si esprime anche sulla posizione di Russia e Cina nel continente africano. Mentre Pechino, attraverso la Belt and Road Initiative, riesce a sfruttare il desiderio di infrastrutture della popolazione africana, Mosca sfrutta la Wagner, che al contrario di attori statali non può essere regolata e limitata nel suo comportamento se non da logiche di profitto. Un problema che mina la sicurezza generale del continente africano.

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