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“Esiste un approccio sempre più sofisticato di trading di criptovalute per finanziare il terrorismo” ha scritto Rachel-Rose O’Leary per Wired, analizzando come alcuni militanti del Hts, la fazione jihadista che controlla Idlib in Siria, adotta da alcuni anni i bitcoin per finanziarie le campagne militari. Ma Hts non è il primo né l’ultimo gruppo jihadista ad usufruire dei benefici delle criptovalute. Infatti, il sistema è utilizzato dai terroristi in Siria da almeno sette anni.

È in un piccolo negozio di Idlib, noto come BitcoinTransfer, che avvengono tutte le transazioni che forniscono denaro ai gruppi terroristici. Ma, per Daniel Kuhn di Coindesk, l’utilizzo dei bitcoin da parte del Hts non può essere definito un trend. Ciò che dovrebbe essere considerato, per Kuhn, è invece il fatto che questi terroristi stiano andando sempre più underground sfuggendo sempre di più all’Occidente. Kuhn, riportando le parole di Alex Gladstein, Chief Strategy Officer della Human Rights Foundation, sottolinea come l’articolo di Wired sia solamente un ulteriore spinta per fare in modo che i governi ostacolino sempre di più l’utilizzo di bitcoin senza realmente considerare i fatti – infatti, solo circa 10,000 Btc sono stati trasferiti da quel negozio.

Ma quindi, i terroristi usano o no i bitcoin per finanziare il terrorismo? Sì. Sono anni che utilizzano il web per far transitare denaro e sfuggire ai rilevamenti dell’Occidente, ma è anche vero che questo sistema è utilizzato in forma minore rispetto ad altri. A tal proposito, Matthew Levitt, direttore del Jeanette and Eli Reinhard Program on Counterterrorism and Intelligence del Washington Institute for Near East Policy, ha riportato a Cointelegraph che “le criptovalute sono state utilizzate in diversi casi di finanziamento del terrorismo, ma non è ancora diventato il mezzo primario di sovvenzione.”

Quindi, è giusto riconoscere che i bitcoin siano anche una forma illecita di finanziamento del terrorismo, come ha detto persino Janet Yellen, l’attuale Segretario del Tesoro Usa, ma non ancora il modus operandi principale.

Il negozio BitcoinTransfer è solamente la dimostrazione che vi è un maggior utilizzo di bitcoin in Siria, come in tutti i paesi instabili e in via di sviluppo. La Turchia, ad esempio, paese confinante proprio della città siriana di Idlib, ha la più alta adozione di criptovalute in tutto il Medio Oriente – forse anche perché oggi la lira ha metà del valore che aveva qualche anno fa. Ma questo non significa che tutti i bitcoin siano usati in modo illegittimo. Infatti, in un recente rapporto citato da Wired, “Chainalysis ha scoperto che la crescita della cripto-economia ha causato un calo dell’uso illecito di bitcoin rispetto all’uso non illecito. L’attività criminale nel 2020 è scesa dal 2,1% a solo 0,34%, mentre l’attività economica complessiva di criptovalute è quasi triplicata.”

Il finanziamento del terrorismo è quindi solamente una piccola parte di un’economia progressivamente più complessa, online, e composta sempre più da bitcoin. E, come ha annunciato Janet Yellen: “Le criptovalute e i beni virtuali sono promettenti […]. E, l’innovazione nel settore potrebbe aiutare ad affrontare questi problemi, dando a milioni di persone l’accesso al sistema finanziario.” Una soluzione, quindi, esiste.

I terroristi siriani si finanziano con i bitcoin, ma...

BitcoinTransfer è il nome di un piccolo negozio di Idlib, una città siriana distrutta dal conflitto e attualmente enclave del gruppo terroristico Hay’at Tahrir al-Sham (Hts) – ricollegato spesso ad Al-Qaeda. In questo negozio, i militanti del Hts giocano con i bitcoin e sfuggono ai rilevamenti delle forze militari occidentali. Ma non è tutto

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