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Otto a duecentoventi: è la differenza in multipli di potenziale valutato che in questo momento c’è tra Exxon e Tesla. Significa, secondo il prof. Alberto Clò, economista, accademico e grande esperto di energia, che la bolla delle rinnovabili è un fatto reale, accanto al fatto che ad oggi la transizione energetica non è ancora iniziata. Che qualcuno abbia dato già per morto il petrolio?

I prezzi del petrolio sono tornati ai livelli di un anno fa: questo il maggior incentivo ai paesi OPEC+ a proseguire nella loro cooperazione?

Sì, è uno degli argomenti forti affinché la ripresa dei prezzi possa mantenersi o, addirittura, come sostenuto da Goldman Sachs consolidarsi. C’è stato un guadagno del 70% da inizio ottobre. Ciò segnala che il mercato ha raggiunto una sua robustezza, il cui il fattore principale a mio avviso sta proprio nel rispetto degli accordi tra i paesi OPEC+. Ovvero l’Opec da una parte e Russia e alleati dall’altra. Il tutto nella consapevolezza delle difficoltà socio-economiche in cui versano questi paesi per le note vicende legate alla pandemia. L’alleanza fa perno su Arabia Saudita e Russia.

Quanto sta influendo la campagna vaccinale?

Molto. Oltre alla speranza dei vaccini, concorre anche la ripresa della domanda. Nel 2020 abbiamo registrato 91 milioni di barili al giorno, rispetto ai 100 dell’anno prima. Non è poco, considerata l’interruzione dell’attività economica e dei trasporti aerei. Ciò ci conferma quanto ancora il petrolio sia importante nelle singole economie. Quest’anno le aspettative sono per 96 milioni di barili al giorno e alla fine del 2021 potrebbero tornare a quota 99. Inoltre questo dato ha il pregio di smentire tutti i profeti di sventura, ovvero chi sostiene che il petrolio sia finito, per via della svolta sulla curva della domanda toccata nel 2019. Invece di petrolio non si parla più, quasi che fosse già morto.

Non è così?

No. Commettiamo l’errore di tarare i prezzi del greggio quando facciamo rifornimento alle auto.

Influirà anche il massiccio stimolo all’economia americana di 1.900 miliardi di dollari annunciato dal Presidente Joe Biden?

Certo, perché nel breve periodo occorre interrogarsi sull’oggi e non su quello che magari potrà essere solo tra qualche anno. Mi riferisco alla transizione energetica chenon è ancora iniziata e ha molti più problemi di quelli che si continuano a sostenere. Sembra che tutto sia stato avviato, mentre non è così. L’intervento annunciato da Biden porterà al consolidamento dell’economia. L’altra faccia della medaglia riguarda lo status delle compagnie: si trovano dinanzi ad una minaccia esistenziale sia dovuta all’incerto futuro, quando fisiologicamente la domanda tenderà a cadere, sia dovuta alla pressione degli investitori a tirare il freno per riconvertirsi al green.

Con quali effetti?

Li abbiamo già visti: ovvero il taglio drastico degli investimenti che negli ultimi cinque anni si sono più che dimezzati. È chiaro che un dollaro non investito oggi corrisponde ad un barile non estratto domani. Non una previsione, ma una certezza. Semmai il dibattito verte su quanto ammonta questo vuoto di offerta. A mio avviso ad un certo punto il mondo si sveglierà, accorgendosi di quanto sia importante il petrolio. Secondo il Ceo di Total nei prossimi anni mancheranno 10 milioni di barili al giorno. Per cui o la transizione energetica avrà già fatto sì che di quei 10 milioni non vi sia necessità, o altrimenti i prezzi schizzeranno in su. JP Morgan parla di 200 dollari al barile nel 2024. È questo un elemento di rischio che nessuno sta valutando attentamente, dando erroneamente per scontato che la transizione sia in atto. Lo scorso anno l’industria energetica ha perso un terzo del proprio valore: mentre nel 1980 pesava per il 30% della borsa americana, lo scorso anno per il 2%.

Cosa comporta?

Dare per scontato che il domani della transizione sia già certo è un errore e fa sì che non si tenga in considerazione il valore intrinseco delle aziende. Si pensi che i multipli in cui è valutata Exxon è di 8, mentre Tesla di 220: stiamo andando incontro rapidamente ad una bolla delle rinnovabili, così come già avvenne 20 anni fa con la new economy legata all’high tech.

Sta per essere annunciata una nuova scoperta di Exxon nelle acque di Cipro riaccendendo così gli appetiti della Turchia nel Mediterraneo orientale. Il gas come impatta su questo scenario?

I mercati emergenti, globalizzati, sono diventati estremamente volatili. Nel 2020, ancora prima della crisi pendemica, i prezzi del gas erano scesi ai minimi storici: 1 o 2 dollari per milioni di Btu, lontanissimi dai valori tra 15 e 20 del passato. C’è un enorme surplus di offerta, a fronte di una domanda sostanzialmente stabile. Nei mesi scorsi il grande gelo in Asia ha fatto schizzare i prezzi da 2 a 30 dollari per milioni di Btu, con successivi rimbalzi anche nei mercati regionali europei, magari non a quei livelli. Ma a metà febbraio in Texas è accaduto un qualcosa di spaventoso: i prezzi del gas sono passati da 4 dollari a 900. L’elettricità è passata da 20-25 dollari megawatt ore a mille. I mercati, quindi, stanno diventando molto più fragili di un tempo: basta un nonnulla perché entrino in crisi. Sono costretto a ricordare questi dati perché vedo troppo ottimismo in giro.

twitter@FDepalo

Il petrolio? Sbagliato darlo già per morto. Il richiamo di Clò

L’economista e accademico, grande esperto di energia, a Formiche.net: “La transizione energetica non è ancora iniziata. Secondo il ceo di Total nei prossimi anni mancheranno 10 milioni di barili al giorno. Per cui o la transizione energetica avrà già fatto sì che di quei 10 milioni non vi sia necessità, o altrimenti i prezzi schizzeranno in su”

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