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“Ci aspettiamo che l’amministrazione Biden, in collaborazione con i Paesi dell’UE, compresa l’Italia, riduca l’influenza russa nella regione, che si infiltra principalmente attraverso la Serbia”, dice l’ex ambasciatore kosovara Alma Lama in un’intervista di Aurora Cuzzolini uscita sul sito dell’Osservatorio sul Mediterraneo Allargato della Lumsa. “È giunto il momento per la Serbia di non poter più mangiare con due cucchiai, sia con la Russia che con l’Occidente”, continua Lama: “Non dovrebbe essere accarezzata, ma dovrebbe essere chiaro che senza il riconoscimento del Kosovo non ci può essere integrazione nell’UE”.

La questione citata da Lama (non senza accedere al dibattito politico interno) è interessante perché parte del racconto di come la regione balcanica è in fermento. Regione in cui si snodano gli interessi di attori come la Russia appunto, e come Cina e Turchia. Nello specifico il caso della Russia in Serbia ha una declinazione molto moderna, giocata attraverso il vaccino anti-Covid “Sputnik V” con cui Mosca si sta garantendo influenza a Belgrado a discapito di Bruxelles e Pechino.

Nella partita balcanica ci sono anche gli Stati Uniti, che hanno recentemente guidato l’avvio dei rapporti bilaterali tra Tel Aviv e Pristina. Uno dei tasselli del puzzle della stabilizzazione della regione allargata che va dal Medio Oriente alle sponde del Mediterraneo. L’amministrazione Trump aveva già mosso carte diplomatiche per il riavvicinamento tra Serbia e Kosovo, pensanti anche con la testa orientata verso quegli attori rivali che si muovono nella regione.

Come previsto in un’analisi uscita a settembre scorso per il CeMISS a firma di Matteo Bressan, pur con una serie di aspetti ancora da risolvere, il tentativo di negoziato statunitense ha avuto un’eredità andata oltre l’amministrazione Trump che si è concretizzata con nell’apertura diplomatica tra Kosovo e Israele.

Raccontare certe dinamiche è importante anche per l’Italia, che trova nei Balcani un naturale ancoraggio geopolitico. “Aree di naturale interesse prioritario” per l’Italia, i Balcani e il Mediterraneo allargato, come li ha definiti il presidente del Consiglio Mario Draghi nel suo primo, programmatico discorso al Paese — nell’occasione della fiducia al Senato.

Interesse prioritario legato anche al ruolo svolto dall’Italia nella missione di peacekeeping KFOR, guidata dal generale di divisione Franco Federici e avviata per ristabilire l’equilibrio dopo l’indipendenza del Kosovo. Una delle tanto missioni di diplomazia militare svolte nella Nato che adesso assume anche impegno strategico per bilanciare la ricerca di influenza nella regione di quegli attori rivali.

 

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