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A qualcuno piace crypto. Tra capitomboli e improvvise fiammate, complice la manina di Elon Musk e gli attacchi frontali della Cina, il 2021 rischia seriamente di diventare l’anno della criptomoneta. Stavolta infatti Bitcoin incassa uno sponsor importante, di quelli che contano e non senza una certa sorpresa: Goldman Sachs. La prima banca d’affari americana ha da poco diffuso un report in cui eleva Bitcoin e le sue sorelle a possibile asset di investimento. Prospettiva vista non molto bene dalle banche centrali, Bce in testa, che spesso hanno accusato le criptovalute si essere strumenti poco trasparenti e per nulla regolamentati.

Certo, Goldman Sachs guarda più a Ethereum più che a Bitcoin. Ma il capo della divisione degli asset digitali, Mathew McDermott, spiega perché Goldman Sachs, non certo tenera con le criptovalute fino a poco tempo fa, ora ha cambiato idea: sono i clienti a volere la criptomoneta.

Clienti che “rimangono sì interessati a Bitcoin, ma anche sempre più attratti dal valore più generale che possono portare le criptovalute. Stanno guardando all’Ethereum, e come questo può davvero portare come cambiamento nei mercati finanziari”. L’interesse per questo parente del Bitcoin è presto spiegato:  si muove su una blockchain – la tecnologia che consente alle cripto di essere scambiate – che non solo consente il passaggio tra portafogli di moneta digitale, ma anche di contratti e prodotti digitali.

Se la storica accusa di Bitcoin è quella di non avere un sottostante che ne determini e giustifichi il valore, e quindi di non poter essere considerato un asset class, Ether con la sua blockchain ha un’infrastruttura che comincia a delinearsi come un investimento interessante. E quindi a dare nuova dignità agli occhi degli investitori un po’ a tutto il settore.

Di qui McDermott spiega come investitori e società di gestione del risparmio “vogliano diversificare il proprio patrimonio investimenti”. E le criptovalute  sono viste come una possibilità in questo senso. Per questo, nel report i ricercatori della banca affermano di aver notato che molte grandi criptovalute sono uniche nel loro genere, “ed occupano una nicchia tutta specifica sul mercato. Ad esempio, Bitcoin è una valuta ad alta capitalizzazione, mentre Ethereum è una piattaforma di smart contract, Binance Coin è un token per applicazioni pratiche e Polkadot è una piattaforma blockchain che può interagire con altre reti”.

Queste caratteristiche intrinseche di ciascuna criptovaluta consentono “di attrarre una base di utenti specifica, e così ad esempio il valore di Bitcoin si costruisce attorno al suo utilizzo ed alla sua distribuzione, tanto che, stando ai pareri raccolti, risulterebbe che massicci afflussi di capitale istituzionale abbiano confermato negli ultimi tempi l’attrattività di questa criptovaluta e l’alto grado di sviluppo raggiunto dal suo mercato”. Inoltre l’emissione limitata di Bitcoin potrebbe essere un modo per proteggersi dall’inflazione”.

Non mancano i pareri dei critici, come quello dell’economista Nouriel Roubini per il quale “Bitcoin e altre criptovalute non sono risorse perché risorse vuol dire avere un flusso di cassa o un’utilità che può essere utilizzata per determinare il loro valore fondamentale. E Bitcoin e le altre criptovalute non hanno reddito o utilità”. Più o meno quello che affermava la stessa Goldman Sachs un anno fa: “riteniamo che un bene il cui apprezzamento dipende principalmente dal fatto che qualcuno sia disposto a pagare un prezzo più alto per possederlo non rappresenti un investimento adatto alla nostra clientela”. Ora però, qualcuno sembra aver cambiato idea.

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