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La diplomazia europea mai aveva parlato così chiaro sulla Siria. Eppure un gruppo di 18 ministri degli Esteri, a cominciare da Germania, Francia, Italia, Polonia, Svezia, Paesi Bassi e Irlanda lo ha fatto, scrivendo parole chiarissime in una lettera ad Avvenire. Ci sono voluti dieci anni di conflitto, di orrori, di crimini contro l’umanità su scala così vasta e inaudita. Ma soprattutto ci sono volute azioni intentate nei tribunali europei non da noi, ma da loro, dalle vittime. Per la prima volta nella storia europea i crimini contro l’umanità sono stati portati in aula dalle vittime: e hanno ottenuto riconoscimento.

Innanzitutto a Coblenza, dove una corte tedesca ha riconosciuto il primo imputato colpevole di complicità in crimini contro l’umanità. Sono state le fotografie eroicamente trafugate dalla Siria da un semplice operatore incaricato di documentare la morte, Caesar, a dimostrare che l’accusa aveva ragione, al di là di ogni ragionevole dubbio. Dispiace che non sia bastata Coblenza, ma ci sono in corso, ad esempio in Francia, altre azioni, altri giudizi. E questo ha evidentemente pesato. Lo riconoscono, con grande onestà, loro stessi: “Già nel 2016 i tribunali svedesi hanno iniziato a perseguire i gravi crimini commessi in Siria. Il mese scorso, un tribunale di Coblenza, in Germania, ha emesso una prima storica sentenza contro un ex membro dei servizi segreti siriani per favoreggiamento di crimini contro l’umanità. Sono in corso procedimenti giudiziari anche in Francia, a Parigi è stata recentemente presentata una denuncia per gli attacchi chimici commessi dal regime siriano contro il suo popolo”.

Davanti alla forza della realtà i capi delle nostre diplomazie non hanno potuto né voluto restare inermi. “Il regime siriano ha usato ripetutamente armi chimiche contro il suo stesso popolo, come hanno dimostrato al di là di ogni dubbio le Nazioni Unite (Onu) e l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opcw)”. E allora? “L’Unione Europea ha adottato sanzioni mirate contro individui e entità vicine al regime che sono dietro alla repressione del popolo siriano. Respingiamo la narrazione del regime secondo cui queste sanzioni sono responsabili delle sofferenze del popolo siriano. Sono la palese negligenza del regime e la cattiva gestione dell’economia ad aver causato l’attuale crisi economica che affligge i siriani. Oggi siamo chiamati a dare soluzioni alla tragedia dei detenuti e degli oltre 100mila scomparsi. È fondamentale che le Nazioni Unite dedichino tutte le energie necessarie per ottenere risultati tangibili, prima di tutto dal regime siriano. Combattere l’impunità non è solo una questione di principio, è anche un imperativo morale e politico, una questione di sicurezza per la comunità internazionale”.

Detto che c’è voluta la spinta della voce delle vittime e della giustizia, ricordato che già il primo settembre 2013 Francesco disse all’Angelus che “c’è un giudizio di Dio e anche un giudizio della storia sulle nostre azioni a cui non si può sfuggire!” non si può non dare atto ai ministri firmatari che è la prima volta che le nostre diplomazie parlano con tale chiarezza e fermezza. Anche chi ha operato e rischiato le rappresaglie del regime viene citato: “Lodiamo gli eroici sforzi degli attivisti per i diritti umani, del personale delle Ong e dei membri della società civile che rischiano la propria vita per far emergere la verità sui crimini commessi in Siria. Offriamo loro protezione, ove possibile, mentre i nostri sistemi legali stanno lavorando attivamente per perseguire i responsabili di reati gravi”. E infine: “I nostri Paesi si impegnano a garantire che i criminali di guerra e i torturatori non rimangano impuniti. I loro crimini non l’avranno vinta sulle aspirazioni di dignità e giustizia del popolo siriano”.

Questa, per la salvezza dell’Europa più che della Siria, è una giornata da non dimenticare.

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