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Il primo ostacolo politico del governo di Mario Draghi è il decreto ristori. L’esecutivo di larghe intese guidato dall’ex presidente della Bce, a un giorno dal giuramento, si è già ritrovato nella più classica disputa da governo Conte. Prima la prospettiva di nuovi lockdown per contenere le varianti del coronavirus. Poi la decisione del ministro della Salute Roberto Speranza di prorogare il blocco dello sci fino al 5 marzo, di fatto fino alla fine della stagione turistica invernale. Infine il vertice di lunedì sera (14 febbraio) tra Matteo Salvini e i tre ministri della Lega: Massimo Garavaglia (in foto al momento del giuramento), Erika Stefani e Giancarlo Giorgetti, ufficialmente per fare il punto su tutte le priorità del Carroccio – da Ilva ad Alitalia ai disabili – in realtà per chiedere un impegno extra per le imprese danneggiate dalla ultima decisione del ministro della Salute.

Il pressing della Lega, più che per mitigare eventuali chiusure anti pandemia, d’ora in poi si concentrerà su quello che Draghi pensava fosse un passaggio solo formale o comunque poco impegnativo: il varo del decreto ristori quinquies. Atteso per l’inizio dell’anno è stato rinviato e poi congelato in attesa del nuovo governo. I margini di spesa sono ampi, 32 miliardi di scostamento di bilancio. Da qui la tranquillità del nuovo governo. Ma potrebbero non bastare se si dovessero aggiungere costi politici. Se cioè Draghi dovesse decidere di assecondare Salvini che vuole allargare i risarcimenti a tutte le categorie danneggiate dalle chiusure e che, da ieri, chiede un intervento straordinario per il settore del turismo invernale.

La decisione di Speranza sugli impianti di sci allarga il perimetro delle aziende da ristorare. Già il governo Conte aveva previsto per il prossimo decreto ristori un risarcimento per gli operatori turistici. La richiesta delle regioni era di 4,5 miliardi. Ora il conto potrebbe salire. Una stagione persa, per dare una misura, vale circa 20 miliardi di euro. Anche se le imprese (e la Lega) dovessero chiedere di risarcirne la metà, il banco del dl ristori potrebbe saltare.

Altro imprevisto, i costi economici delle varianti e dei lockdown, su imprese e lavoratori già allo stremo per le prime due ondate di virus. Una sfida per Draghi e per il ministro dell’Economia Daniele Franco.

Cifre a parte, un esecutivo nato con la missione di gestire il Recovery Fund e che per questo ha concentrato i ministri tecnici (in particolare Roberto Cingolani alla Transizione ecologica e Vittorio Colao per la Transizione digitale) proprio sui dicasteri chiave, quelli che avranno la competenza sui fondi Ue, si ritrova a gestire una ordinaria amministrazione più complessa di quella dei precedenti esecutivi.

Tanto che, notava ieri una fonte di maggioranza, è possibile che le priorità del governo Draghi siano già da rivedere. E che da oggi l’attenzione dell’esecutivo si concentri sul prossimo decreto ristori.

Prima grana per il governo Draghi: la chiusura dello sci complica il decreto ristori

Lo stop fino al 5 marzo degli impianti di risalita al centro del vertice tra Salvini e i ministri leghisti. Franco dovrà allargare la platea delle aziende da risarcire

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