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Le imprese italiane si trovano fra due fuochi. Da una parte “una legislazione debordante e di un tessuto normativo intricatissimo che costringe l’iniziativa economica entro maglie spesso soffocanti”. Dall’altra la concorrenza sleale dall’estero, a partire da quella cinese.

Per questo, ne è convinto Giancarlo Giorgetti, c’è bisogno di un più deciso intervento dello Stato a difesa del tessuto produttivo. Questo il cuore delle linee programmatiche presentate in audizione alla Camera dal ministro dello Sviluppo economico. “Verifichiamo quotidianamente le difficoltà derivanti da una disciplina troppo minuziosa in materia di aiuti di Stato a danno delle possibilità di porre in essere interventi, anche a carattere temporaneo, per sostenere imprese in difficoltà che tuttavia possono ancora riprendersi avvalendosi di un prestito ovvero di garanzie pubbliche”, dice Giorgetti.

La rivoluzione auspicata e non da oggi dal numero due della Lega è anzitutto di pensiero. “Negli ultimi anni è prevalso un approccio denigratorio e critico nei confronti delle imprese viste con sospetto, come fattore generatore di problemi più che come elemento dinamico”. E invece “che senza imprese solide, in grado di muoversi e operare agevolmente e di competere nei mercati globali non esistono gli spazi per assicurare benessere e progresso economico e sociale”.

Ora, dice il ministro, è il momento di un cambio di passo. Dettato, evidentemente, da un anno di pandemia che ha costretto a rivedere molte delle vecchie categorie sull’ “interventismo” dello Stato a sostegno dell’economia italiana. Basti pensare all’esposizione delle aziende strategiche del Paese quotate in borsa, al crescente dibattito intorno all’evoluzione di Cassa Depositi e Prestiti verso un “fondo sovrano”, o ancora agli allarmi del Copasir per le mire estere su banche e assicurazioni italiane.

Giorgetti definisce “anacronistici, se non autolesionistici”, i vincoli agli aiuti di Stato che impediscono di “fronteggiare la concorrenza delle economie emergenti”, per questo l’Italia dovrà “partecipare attivamente alla discussione, avviata in ambito europeo, per la revisione della normativa”. Il governo, intanto, fa un primo passo.

Con il lancio di un nuovo fondo per “traghettare imprese in temporanea difficoltà verso condizioni migliori, quando vi siano obiettive prospettive di ripresa”. Al centro ci sono le Pmi, a partire da quelle più esposte sui mercati globali, che soffrono la concorrenza sleale dei mercati asiatici.

È il caso della Cina, chiosa il numero due della Lega: “Negli scorsi anni si è sottovaluto il rischio costituito da una accelerazione della concorrenza cinese per la tendenza a far prevalere, rispetto ai danni di una competizione spesso sleale, le opportunità che una Cina in prodigiosa crescita avrebbe offerto come mercato di sbocco anche alle nostre economie e come volano per una intensificazione degli scambi”.

Complice un’Europa che si è svegliata troppo tardi, cercando di “correre ai ripari attraverso la modifica delle regole relative alle difese commerciali per preservare e rilanciare le prospettive di sviluppo del settore manifatturiero così come, con la cosiddetta Strategia per la rinascita industriale volta a riportare la quota del PIL derivante dall’attività manifatturiera al 20%”.

Di qui la necessità, soprattutto in tempo di pandemia, di estendere lo scudo dello Stato a protezione delle aziende italiane. Il golden power, i poteri speciali di intervento del governo, è stato già di molto ampliato con il Decreto liquidità un anno fa. Non abbastanza, dice Giorgetti, “stiamo valutando la possibilità di estendere l’ambito di applicazione della normativa golden power anche a filiere che allo stato ne sono escluse e che rivestono invece un evidente rilievo nell’assetto economico nazionale”.

In cima alla lista ci sono l’automotive e il settore siderurgico, “particolarmente bisognosi di interventi di sostegno per il loro carattere strategico e per il fatto di essere particolarmente esposti alla concorrenza cinese”.

Ma non solo. Giorgetti al Mise coordina la difficile partita per la produzione italiana dei vaccini anti-Covid. La prima mappatura dei bioreattori per produrre il principio attivo, effettuata insieme a Figliuolo e Gabrielli, ha rivelato la difficoltà a riconvertire la filiera farmaceutica in tempi rapidi. Anche per questo, ogni stabilimento in grado di produrre i vaccini già approvati dall’Ema e distribuiti sarà strategico, e da tutelare da eventuali contratti con aziende e istituzioni estere (vedi il Gamaleya per il vaccino russo Sputnik V).

Cina, golden power e vaccini. La road map di Giorgetti

In audizione alla Camera le linee programmatiche del titolare del Mise. Sulla concorrenza sleale cinese l’Ue in colpevole ritardo, ora si estenda il Golden power per proteggere automotive e siderurgia (ma anche i vaccini). Per le Pmi in difficoltà un nuovo fondo, rivediamo le norme sugli aiuti di Stato

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