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Agile, snella e legata al settore privato per una nuova generazione di “visionari”. È la Us Space Force spiegata dal suo comandante, il generale John W. Raymond, capo delle operazioni spaziali degli Stati Uniti, che con un editoriale su The Atlantic ha fatto il bilancio sul primo anno di attività e tracciato la strada per il 2021.

LE MINACCE

Pochi dubbi sulle origini della Space Force. Raymond apre la sua riflessione ricorda le attività di test anti-satellite condotte dalla Russia nel corso dell’anno, compreso il “proiettile spaziale” che ha preoccupato fortemente Washington e che il generale definisce “un atto di intimidazione proprio come da manuale sovietico degli anni 50”. Non c’è però solo la Russia. Lo spazio è “diventato un campo di competizione commerciale e militare”.

Negli ultimi cinque anni i satelliti in orbita sono passati da 1.250 a 3.400 e dovrebbero arrivare a cinquemila entro il 2023, con un valore atteso per la Space economy pari a 1 bilione di dollari entro il 2040. Raymond parla di “crescita esplosiva”, in cui “Russia e Cina hanno reso ovvie le rispettive intenzioni di sfidare la preminenza statunitense, commerciale e militare, nello Spazio”. Alle attività russe il generale aggiunge quelle cinesi, a iniziare dal test del 2007 che palesò al mondo le ambizioni extra-atmosferiche del Dragone producendo preoccupanti space debris. Ma “le con conseguenze di una guerra spaziale in piena regola sarebbero di gran lunga peggiori”.

UN BILANCIO

È per questo che lo scorso anno è stata istituita la Us Space Force. “Il quartier generale al Pentagono avrà circa 600 unità, civili e militari, in una struttura che ospita oltre 20mila dipendenti del dipartimento della Difesa”. L’editoriale su The Atlantic è occasione per un bilancio sul primo anno di attività: “Abbiamo avuto la possibilità di progettare in modo sistematico un nuovo ramo militare”.

A marzo è partito il satellite l’AEHF-6 per le comunicazioni sicure, prima missione oltre l’orbita con il cappello della sesta forza armata degli Stati Uniti. Ad aprile sono arrivati gli 86 neo-tenenti laureati alla Air force accademy di Colorado Springs, destinati a passare alla storia come “la classe del 2020”, la prima dedicata alla Space Force. A maggio, dallo Studio ovale, il disvelamento della bandiera della Forze armata (da 72 anni gli Usa non ne presentavano una nuova): fondo nero, “United States Space Force MMXIX” scritto in basso, e al centro, circondato da stelle, il logo già svelato a gennaio (non senza ilarità social per la somiglianza con Star Trek). L’obiettivo chiarito da Donald Trump: “il dominio americano nello Spazio”.

GLI OBIETTIVI

Ora “il nostro obiettivo è aumentare la potenza militare americana, considerando che i sistemi spaziali assumeranno un ruolo sempre maggiore nelle missioni militari”. Tutte le altre Forze armate, ha spiegato Raymond, dipendono da capacità spaziali, soprattutto per comunicazioni e navigazione. L’obiettivo è poter aumentare tali capacità, ma anche precedere la possibilità di un confronto diretto nello Spazio.

UNA FORZA “AGILE E SNELLA”

La parola d’ordine scelta dal numero uno della Space Force è “agilità”. Si punta a proseguire nella “rimozione di diversi livelli della struttura di comando e della burocrazia, così da avvicinare i leader a chi sta in prima linea e abbreviare i percorsi e le tempistiche per la proliferazione di idee innovative”. Qui il ricordo si sposta alla nascita della Air Force, l’ultima forza armata Usa a vedere la luce prima della Space Force. Era il 1947, e allora “la cultura, l’identità e il focus unico di quel servizio permisero alla sua leadership di immaginare e sviluppare tecnologie cruciali, tra cui la furtività, armi intelligenti e navigazione globale”. Raymond parla di “visionari”, ammettendo si “non sapere quanti ne arriveranno”. Eppure, ha aggiunto il generale, “rimanendo agile e concentrata, la Space Force può affrontare le molte sfide che ci attendono, superare gli avversari, evitare i conflitti e mantenere gli americani al sicuro”.

I GUARDIANS

L’editoriale suona come un appello, rivolto sia al settore privato (chiamato a contribuire con tecnologie all’avanguardia) sia ai militari per entrare tra i “Guardians”, nome scelto per gli appartenenti alla forza spaziale. Il nome è stato annunciato due giorni fa dal vice presidente Mike Pence, in occasione dell’anniversario della nascita della Space Force celebrato alla Casa Bianca. È innegabile la spinta impresse dal presidente Donald Trump alla formazione del nuovo braccio militare. Nel corso degli anni, il tycoon è riuscito a forza le reticenze del Pentagono e le perplessità di alcune parti del Congresso, introducendo una novità che passerà alla storia. Attualmente si contano all’incirca quattromila Guardians, per lo più provenienti dai ranghi della Air Force (non a caso quella che di più si è opposta nel complesso iter di istituzione alla USSF). Tra loro c’è anche il colonnello Michael Hopkins, attualmente in volo a 400 chilometri dalla superficie terrestre. Astronauta della Nasa, ha giurato pochi giorni fa per il passaggio dall’Aeronautica alla Forza spaziale.

Guerre stellari e come evitarle. Parla il gen. Raymond, comandante US Space Force

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