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Seppur in maniera tardiva, Pence e McConnell hanno reagito alle crescenti pressioni da parte del presidente uscente Trump. Infatti, tutti e due hanno preferito non mettere in discussione i voti dell’Electoral College un po’ perché in realtà non ne avevano il potere – nel caso di Pence – un po’ perché sarebbe stato un ulteriore colpo alla democrazia – nel caso di McConnell. Queste azioni da parte di due dei più fedeli trumpiani, insieme al rollback, durante la sessione congiunta del Congresso post invasione del Campidoglio, di alcuni senatori e deputati che si erano detti di voler portare avanti la causa del tycoon hanno probabilmente intensificato una frattura all’interno del Partito Repubblicano – presentatasi quando il senatore Romney si era espresso favorevole all’impeachment nei confronti di Trump ed evolutasi nel corso degli ultimi mesi tra una gestione ondivaga del Covid-19 e le dichiarazioni del tycoon riguardo a presunti brogli elettorali.

Quello repubblicano è un partito inghiottito da una sorta di “guerra civile”, una scissione interna causata dai gradi di fedeltà al presidente in carica. Non c’è dubbio, è un momento cruciale per il futuro del partito: dovrà scegliere se stringersi ancora attorno a Trump o se perseguire un cambio di rotta che appare quanto mai necessario se si vorrà sperare in una riconquista nel “breve termine” – 2024 – della Casa Bianca. In questo momento, Biden è il vero vincitore proprio perché la sua opposizione appare più lacerata più che mai, senza dimenticarsi che dopo i risultati di ieri avrà anche il Senato dalla sua parte.

Tuttavia, è da sottolineare quanto l’influenza di Trump all’interno del GOP sia ancora importante, nonostante il voto di ieri abbia dimostrato una flessione e quanto ancora la sua base elettorale sia forte. Alcuni lealisti tra cui Ted Cruz, senatore del Texas, infatti hanno deciso di portare avanti la causa del presidente uscente che però si è infranta dopo ore di discussioni.

Nelle ultime ore poi si è parlato molto dell’invocazione del 25esimo emendamento secondo il quale il vicepresidente prenderebbe il posto del presidente perché rimosso dall’incarico. Tale soluzione appare improbabile anche se potrebbe significare un’ulteriore perdita di potere di Trump all’interno del partito, andandosi a sommare alle azioni e alle parole di Pence. È possibile che quanto accaduto ieri possa far scalare le gerarchie al vicepresidente uscente e il Partito Repubblicano decida di riunirsi attorno a lui per una possibile ripartenza? Stando agli ultimi quattro anni, ma non solo, Pence non ha grandi doti di leadership ma solo il tempo ce lo dirà. Inoltre, le ultime uscite di Trump rischiano di bruciare la grande rincorsa che avevano preso sua figlia Ivanka e il genero Jared Kushner.

Ciononostante, il tycoon – con le dichiarazioni di stamattina – ha lasciato intendere che vorrà ricandidarsi nel 2024: “Anche se questo rappresenta la fine del più grande primo mandato presidenziale della storia americana, si tratta solo dell’inizio della battaglia per rendere nuovamente grande l’America”. Che ciò possa accadere con l’istituzione di un nuovo partito? Al momento sembrerebbe altamente improbabile ma Trump e il GOP appaiono sempre più lontani.

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