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Il piano Cingolani per la transizione ecologica va nella direzione giusta. L’energia deve essere il fulcro della ripartenza: accelerazione e snellimento delle procedure per i cantieri green rappresentano oggi un volano incredibile per l’economia ed il raggiungimento degli obiettivi ambientali.

Oggi il vero incentivo alla transizione è rappresentato dalla certezza delle regole ed al potenziamento delle strutture che presiedono al controllo dei progetti di produzione o efficientamento, e la loro validazione (in sostanza tutta la macchina amministrativa che ruota intorno all’energia). Ci avviciniamo alla giornata mondiale dell’acqua, il 22 marzo, occasione quanto mai opportuna per ricordare l’importanza di un corretto uso della risorsa grazie a nuovi comportamenti, ma anche con una lotta alla dispersione che implica un rinnovato approccio (ed investimenti ad hoc) alla gestione delle reti.

Parliamo sempre di “carbon footprint”, ma la riduzione dell’impronta idrica – pensiamo all’uso intensivo che se ne fa in agricoltura o nelle nostre case – è una sfida che l’Italia e l’Europa devono sostenere con maggiore convinzione, ed utilizzando gli strumenti giusti. Le analisi più accreditate ci portano a prendere sul serio la problematica: la piattaforma “Aqueduct” del World Research Institute pone l’Italia ad un livello di stress idrico superiore all’80% (estremamente elevato in uno scenario “business as usual”). Ecco che il piano di transizione ecologica torna quanto mai utile nel porre argine a questa pericolosa tendenza.

Per quanto riguarda la produzione da rinnovabili, ritengo sia utile, con il doppio intento della salvaguardia ambientale e della tutela degli operatori italiani, che venga fatta chiarezza sui criteri di individuazione delle aree idonee per l’installazione di impianti, magari ipotizzando una riconversione di tante aree industriali abbandonate ancor prima di impattare sulle aree a vocazione agricola. Conoscendo i criteri, le aziende potranno orientare il proprio business e i propri sforzi con un occhio di riguardo al nostro Paese, diventando attori della transizione che, oggi, ci vede in tanti casi protagonisti con cantieri di un certo rilievo in Europa o in Medio Oriente.

La “dipendenza” dall’estero è un tema che si riscontra anche in ambito di ricerca e sviluppo: secondo l’Ocse l’Italia è agli ultimi posti per i brevetti di tecnologie ambientali, anche se negli ultimi tempi ci stiamo dando da fare: oltre il 7% dei brevetti ecosostenibili riguarda pannelli solari ad esempio. Certo, questo non basta per sviluppare tecnologie innovative che siano un patrimonio del Paese: occorre rivedere i meccanismi di agevolazione in tema di ricerca e sviluppo per implementare le tecnologie green “made in Italy”.

Le rinnovabili vanno sostenute perché sono, oggi più che mai, strategiche per gli obiettivi ambientali: Irena, l’agenzia internazionale delle rinnovabili, ci dice che per contenere il riscaldamento globale la produzione di elettricità da rinnovabili deve accelerare almeno di otto volte. Questo studio ci dice in maniera assai eloquente come si debba procedere nel nostro Paese: velocemente e con estrema competenza.

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