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Un miliardo e 300 milioni di dollari. A tanto ammonta il maxi-risarcimento richiesto dalla società statunitense Dominion Voting Systems a Sidney Powell, l’avvocata vicina alla galassia complottista QAnon (e che il presidente Donald Trump ha scaricato di recente). La motivazione? Diffamazione. Powell è, infatti, tra i principali sostenitori della teoria del complotto sulle elezioni “frodate” a danno di Trump con la regia dell’ex presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi, dell’ex presidente statunitense Barack Obama, di George Soros, dell’ambasciata statunitense a Roma e del colosso della difesa Leonardo. A rivelare l’esistenza della causa è Axios.com, a cui John Poulos, l’amministratore delegato, la scorsa settimana aveva dichiarato di non escludere un’azione legale contro lo stesso presidente. Tra le tesi di Powell (smentite da Dominion) c’è quello che vede la società nata in Venezuela e collegata alla famiglia dell’ex presidente Hugo Chávez oltre che al gruppo statunitense di estrema sinistra Antifa.

“Sembra piuttosto improbabile”, scrive il blogger Cesare Sacchetti (che secondo NewsGuard è tra i cinque maggiori diffusori italiani di “bufale” su Twitter), “che tutto questo possa aver avuto luogo senza che l’ambasciatore americano a Roma, Lewis Eisenberg, sapesse cosa stava succedendo nella sua stessa ambasciata”. Secondo lui, infatti, pur essendo stato nominato da Trump nel 2017, Eisenberg “è anche molto vicino a quelle lobby neocon sioniste che si oppongono ferocemente al piano di disimpegno militare” del presidente uscente, si legge in un articolo pregno dei luoghi comuni del complottismo antisemita (basti notare la ricorrenza dei termini “Nuovo Ordine Mondiale” e “mondialismo”).

La teoria del complotto #ItalyDidIt, di cui Sacchetti è il principale propalatore, però, fa acquare da tutte le parti. E non soltanto perché la gola profonda sarebbe Bradley Johnson, un ex agente operativo della CIA oggi in pensione, che scrive per The Epoch Times, “uno dei più noti siti complottisti in lingua inglese (…) che ha diffuso teorie sulla Terra piatta, ma anche sul 9/11”, come spiega Butac.it.

Secondo la teoria, sostenuta anche dall’ex consigliere di Trump George Papadopoulos (condannato per aver mentito all’Fbi e graziato dal presidente), Leonardo si sarebbe avvalsa di Prisma, il satellite italiano lanciato dall’Asi (Agenzia spaziale italiana) nel marzo del 2019. A coordinare le operazioni ci sarebbe il generale Claudio Graziano, presidente del Comitato militare europeo, che dei complottisti viene presentato come “membro del board” di Leonardo. Ma il generale, in quel board, non c’è, come già spiegato su Formiche.net.

C’è poi la storia di uomini delle forze speciali statunitensi morti a Francoforte, in Germania, durante uno scontro con la Cia per mettere le mani su una server farm. A sostenere la tesi — secondo cui quella server farm dell’Agenzia conterebbe le prove dal complotto internazionale (che coinvolgerebbe la Germania ma anche l’Italia, perfino un funzionario dall’ambasciata statunitense a Roma) ai danni di Donald Trump per cambiare l’esito delle elezioni presidenziali a favore di Joe Biden — era stato l’ex generale a tre stelle dell’Air Force statunitense Thomas McInerney. Una ricostruzione ballata come “falsità” dal Comando delle operazioni speciali degli Stati Uniti, come raccontato su Formiche.net.

Ma è delle ultime ore l’ultima “bomba”, sganciata sempre da Sacchetti e già smentita. Ci sarebbe — tenetevi forte — un affidavit di Arturo D’Elia in cui l’ex dipendente di Leonardo, arrestato nelle scorse settimane per il caso spionaggio ai danni della stessa società, “avrebbe di fatti ammesso la sua partecipazione a questo crimine informatico”, cioè alla frode elettorale negli Stati Uniti. L’ex consulente di Leonardo, continua Sacchetti “avrebbe effettivamente confermato che i voti sarebbero stati spostati da Trump a Biden tramite ‘un satellite militare della torre di Fucino’”. E ancora: “D’Elia nella sua dichiarazione giurata avrebbe sostenuto di aver agito ‘sotto la guida e la direzione di cittadini americani di stanza all’ambasciata americana a Roma’”.

Il documento è stato rilanciato su Twitter anche dal generale Michael Flynn, ex consigliere per la sicurezza nazionale di Trump, graziato dallo stesso presidente dopo che si era dichiarato due volte colpevole di aver mentito all’Fbi sulle sue conversazioni, nel 2016, con l’allora ambasciatore russo a Washington. Ed è proprio in risposta al tweet di Flynn (che Twitter ha bloccato, così come YouTube ha censurato il video collegato) che Paolo Attivissimo, giornalista informatico che si definisce “cacciatore di bufale”, smonta alcuni pezzi fondamentali del puzzle complottista. “L’idea che un informatico in Italia abbia violato l’intero sistema di voto degli Stati Uniti, e lo abbia fatto sotto il naso della Nsa, è semplicemente esilarante”, scrive Attivissimo sottolineando anche gli svarioni circa il funzionamento del conteggio delle preferenze espresse. Ma soprattutto: il presunto affidavit menziona un “satellite militare della Torre del Fucino”; un satellite che non esiste.

A noi rimane un dubbio: non è che qualche simpatico personaggio stia cercando di seminare un po’ di zizzania nella politica nostrana?

#ItalyDidIt. Se il complotto anti Trump perde pezzi

L’uomo arrestato per il caso di spionaggio ai danni di Leonardo avrebbe firmato un affidavit ammettendo la sua partecipazione alla frode contro Trump. Ma il documento fa riferimento a un satellite inesistente. Intanto, la società Dominion chiede un risarcimento da 1,3 miliardi di euro all’avvocata trumpiana Powell

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