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Salve The Children e altre associazioni umanitarie in questi giorni stanno alzando il livello di attenzione su quanto accade in Mozambico, dove il terrorismo di matrice jihadista-baghdadista sta compiendo brutalità con pochi eguali. L’area di particolare attività di un gruppo ispirato dallo Stato islamico – a cui si sarebbe affiliato nel 2019 – è quella di Cabo Delgado, regione marittima nell’angolo nord-orientale, al confine con la Tanziana, davanti alle isole Comore.

“Quella notte il nostro villaggio è stato attaccato e le case sono state bruciate. Quando tutto è iniziato, ero a casa con i miei quattro figli. Abbiamo cercato di scappare nel bosco, ma hanno preso mio figlio maggiore e lo hanno decapitato. Non abbiamo potuto fare nulla perché saremmo stati uccisi anche noi”, è il racconto di una delle madri che hanno vissuto un incubo anti-umano: l’uccisione brutale dei propri figli da parte dei miliziani jihadisti.

Da oltre tre anni le truppe locali faticano a riprendere il controllo di quell’area, che per altro è importante perché custodisce alcune delle riserve gasifere più rilevanti del continente – su cui lavorano società straniere come l’Eni (che ha la licenza per il bacino offshore di Rovuma, risorse supergiant di gas naturale nei giacimenti Coral, Mamba e Agulha, stimate in 2.400 miliardi di metri cubi di gas in posto). Più di 2500 persone sono state uccise, quasi 700mila hanno lasciato le proprie abitazioni, ottocento attacchi jihadisti quasi tutti per mano di Al-Sunna wa Jama’a, gruppo che si fa chiamare anche “Al Shabaab”, la Gioventù in arabo, esattamente come quello più noto somalo (qaedista).

“Occupiamo [le città] per dimostrare che il governo è ingiusto. Umilia i poveri e dà il profitto ai padroni” dicono i militanti, che lo Stato islamico sfrutta nella sua narrazione come parte della Provincia dell’Africa centrale. Quella di Cabo Delgado è una regione a maggioranza musulmana, e lo storytelling jihadista sfrutta le condizioni di esasperazione socio-economico a proprio interesse. Crea proseliti, si spinge in un territorio in cui finora era poco presente, ma adesso sta crescendo anche grazie alla baya di gruppi locali congo-ugandesi (conosciuti con la sigla Adf). E nel racconto complessivo delle attività l’espansione internazionale è utile per spiegare che l’organizzazione califfale, sconfitta a livello statuale nel Siraq, non è morta, ma attiva (ed è anche altrove).

Da questa settimana una manciata di Berretti Verdi americani hanno iniziato l’addestramento dei Marines locali (ed è evidente che la presenza potrebbe portarsi dietro operazioni mirate contro i leader jihadisti, magari assistite dal programma droni che martella i qaedista somali più a nord, gestito per ora da Gibuti e in via di allargamento). Sebbene lo schieramento è (per ora) modesto, indica due aspetti: il primo, che gli Stati Uniti mettono i piedi nella contro-insorgenza terroristica nel Paese, che significa prendere dirette misure contro l’espansione dell’Is nell’Africa centrale; secondo, andranno a sostituire i contractor sudafricani della Dyck Advisory Group, accusati di abusi e violazioni dei diritti umani.

La scorsa settimana il dipartimento di Stato ha classificato Al-Sunna wa Jama’a come gruppo terroristico e messo una taglia su Abu Yasir Hassan, individuato dagli americani come il leader. Al di là del racconto a uso e consumo locale e lo sfruttamento da parte dello Stato islamico delle evoluzioni sotto la propria insegna, non è chiaro quanto questo collegamento con gli attuali leader massimi dell’organizzazione fondata da Abu Bakr al Baghdadi sia profondo. Ma è un aspetto relativo, perché quello che conta è che le azioni si abbinino alla propaganda, dunque permettano di creare proselitismo e ingigantimento.

Nel 2019 ci aveva provato la Russia a giocare la carta di assistenza sulla sicurezza contro il gruppo ribelle (anche per migliorare i rapporti con Maputo per interessi laterali). Centosessanta contractor del Wagner Group arrivarono nel Paese, ma se ne andarono in fretta dopo che sette di loro furono uccisi dai jihadisti. L’insorgenza in Mozambico riceve supporto dalla Tanzania e prende uomini tra gli ultimi del posto; si somma con la situazione delicatissima nella Repubblica democratica del Congo; se si considera il Mali, il Niger e il sud della Libia, si crea un fronte ampio all’interno dell’Africa dove i gruppi d’ispirazione baghdadista si muovono in territorio dove le regole sono facilmente aggirabili e i traffici fluidi.

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