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Secondo un rapporto presentato lo scorso dicembre (“L’Italia del riciclo”) la priorità nell’anno dell’emergenza da pandemia è stata quella di “garantire il ritiro dei rifiuti su tutto il territorio nazionale e continuare ad avviarli a riciclo cercando di evitare la saturazione degli impianti e la crisi del sistema”. L’indagine mostra chiaramente come gli effetti della pandemia si siano fatti sentire soprattutto nel mercato dei materiali riciclati, dove la domanda, già debole prima della crisi, ha ulteriormente rallentato. Tra gli effetti a medio termine si registrano tagli agli investimenti programmati, soprattutto in ricerca e sviluppo, e nella comunicazione. Tra le carenze, quella della dotazione impiantistica la più evidente, specialmente nel centro-sud del Paese.

In una intervista, ieri, ad un quotidiano nazionale, Luca Ruini, presidente del Conai, il Consorzio nazionale imballaggi, stigmatizza l’importanza di “realizzare una rete di impianti per il trattamento dei rifiuti di imballaggio; è inammissibile che ci siano aree che ne sono sprovviste. Penso a nuovi impianti di selezione e riciclo, ma anche all’ammodernamento di quelli esistenti con tecnologie di selezione avanzate, oltre agli impianti per il recupero degli scarti e quelli di riciclo chimico”.

E inducono senz’altro a guardare con una certa dose di ottimismo i dati diffusi proprio dal Conai in occasione di questa giornata. Nonostante la diminuzione del 7% degli imballaggi immessi al consumo nel 2020 (un milione circa di tonnellate), il riciclo ha fatto registrare un più uno per cento (9 milioni di tonnellate totali), portando cosi il riciclo complessivo al 71%. Lasciano ben sperare anche le previsioni per l’anno in corso, con mezzo punto percentuale in più (71,5%) e ulteriori 500 mila tonnellate avviate a riciclo. Tutti numeri che consentono già al Consorzio, garante degli obiettivi di riciclo imposti dalla nuova direttiva europea, di raggiungere quelli previsti al 2030 (70%). Per quanto riguarda i benefici economici e ambientali indotti dal riciclo degli imballaggi, Ruini ha ricordato che “l’indotto economico è di 592 milioni di euro, mentre quello della materia recuperata è di 402 milioni di euro”. Per quanto riguarda i benefici ambientali è stata risparmiata “energia equivalente al consumo elettrico medio annuo di sei milioni di famiglie, evitando l’emissione di oltre 4 milioni 300 mila tonnellate di CO2, che corrispondono al quantitativo di emissioni generate da circa diecimila tratte aeree Roma-New York andata e ritorno”.

Secondo uno studio commissionato da Comieco, il Consorzio che si occupa del riciclo di carta e cartone, 9 italiani su 10 fanno regolarmente la raccolta differenziata di questi materiali e con le loro buone pratiche hanno contribuito a portare l’Italia ai primi posti in Europa, con un tasso di riciclo al di sopra dell’80%, “ben oltre gli obiettivi previsti al 2025 (75%) e vicino all’85% fissato dall’Unione Europea per il 2030”. Come sottolinea Carlo Montalbetti, direttore generale del Consorzio, “nel 2019 il riciclo degli imballaggi in carta e cartone ha fatto risparmiare più di un milione di tonnellate di materia prima vergine, evitando emissioni di CO2 in atmosfera per oltre un milione di tonnellate.

Un sondaggio Ipsos per Conai sul comportamento dei consumatori nei confronti degli imballaggi rivela che quasi la metà degli intervistati (48%) privilegia quelli che facilitano la lettura della data di scadenza del prodotto. Seguono quelli per le caratteristiche legate allo smaltimento, riciclo (36%) e compostabilità (37%). La tracciabilità della qualità e della sicurezza del prodotto sono importanti per nove italiani su dieci; così come condizionano l’acquisto le specifiche ambientali per il 73%, in particolare se l’imballaggio è riciclabile (71%) o realizzato con materiale riciclato (69%). Se, al contrario, non risulta riciclabile quasi la metà dei consumatori (47%) lo acquista malvolentieri; il 22% si orienta su uno riciclabile e solo uno su quattro (25%) lo acquista lo stesso.

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