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Cherokee potrebbe presto non figurare più nella gamma di Jeep, marchio del gruppo Stellantis dopo la fusione di inizio anno tra Fca e Psa-Peugeot. Tutto nasce in seguito alla richiesta ufficiale avanzata dalla Cherokee Nation, la comunità dei nativi d’America da cui il veicolo prende storicamente il nome, per eliminarlo dal catalogo, non ritenendo dignitoso che venga usato per chiamare un’automobile. La notizia è giunta direttamente dall’amministratore delegato del gruppo, Carlos Tavares, attraverso un’intervista rilasciata al Wall Street Journal.

Tavares ha confermato l’impegno al dialogo con i rappresentanti della comunità. “Siamo pronti a prendere qualunque decisione, anche a lavorare direttamente con le persone coinvolte senza intermediari. Ad oggi, non so se si tratti di un reale problema, ma se così dovesse essere, faremo di tutto per risolverlo”, ha rassicurato Tavares.

Pochi giorni fa, Chuck Hoskin Jr., il capo della Nazione Cherokee, la più grande delle tre tribù Cherokee riconosciute dal governo federale degli Stati Uniti, ha chiesto al costruttore di non utilizzare denominazioni legate alla storia degli indiani. “Penso sia arrivato il tempo in cui società o squadre sportive non usino più nomi, immagini e mascotte legati ai nativi americani”, ha spiegato Hoskin, aggiungendo che solo i nativi hanno il diritto di decidere come impiegare i propri nomi e simboli. Rimane da capire come gestire il brand, dato che negli Stati Uniti il volume di vendite di Cherokee e Grand Cherokee rappresenta il 40% del venduto totale a marchio Jeep.

Intanto, l’assemblea degli azionisti di Stellantis, presieduta da John Elkann, ha approvato con oltre il 99,6% dei sì la distribuzione di un massimo di 54.297.006 azioni ordinarie di Faurecia e di 308 milioni di euro che sono i proventi ricevuti da Peugeot per la vendita di azioni ordinarie Faurecia nell’ottobre 2020. Psa deteneva il 46% di Faurecia, poi ne ha venduto circa il 7% per 308 milioni di euro e ora ai soci di Stellantis saranno distribuite le azioni restanti (circa il 39% di Faurecia) e, appunto, i 308 milioni incassati da Peugeot nel 2020.

Tornando alla questione dei brand legati ai nativi, negli Stati Uniti c’è da tempo un dibattito acceso direttamente legato alle proteste contro il razzismo e ogni discriminazione sociale, etnica o politica. L’anno scorso, per esempio, ha fatto scalpore la decisione della franchigia della Nfl dei Washington Redskins di modificare il proprio nome (che in inglese significa Pellerossa) e il logo (un indiano stilizzato) su invito soprattutto degli sponsor.

Analogamente, la squadra di baseball Cleveland Indians ha deciso di cambiare il proprio nome, considerato razzista e offensivo verso le comunità di nativi americani. Decisioni sulle quali avrebbero pesato le pressioni di sponsor, come FedEx, Nike e PepsiCo, che hanno spinto per un rebranding sulla scia delle manifestazioni del movimento Black Lives Matter.

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