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In Banca Mediolanum dal 2000, dopo aver ricoperto per oltre otto anni la carica di Chief Marketing & Communication Officer, Oscar di Montigny dal luglio del 2018 ricopre la carica di Chief Innovation, Sustainability & Value Strategy Officer. È anche Amministratore Delegato di Mediolanum Comunicazione oltre che essere stato ideatore e fondatore di MCU – Mediolanum Corporate University – e promotore della nascita di Flowe startup del gruppo,  di cui oggi è Presidente.  Per Mondadori ha scritto Il tempo dei Nuovi Eroi, diventato un Bestsellers, con più di 180000 copie vendute, e il recentissimo Gratitudine. La rivoluzione necessaria.

La Pandemia sta precarizzando il rapporto fra l’essere umano e il senso di un futuro. Questa crisi ci sta insegnando un ripensamento di paradigmi economici, divenuti a tratti insostenibili. Può essere un’opportunità per una umanità più sana ed accogliente?

Certamente, l’opportunità esiste e forse questa volta è accaduto in maniera più forte rispetto ad altre congiunture che abbiamo vissuto, pensiamo per esempio alla crisi del 2007-2009.  

Esistono momenti nei quali questa possibilità intrinseca è evidente a tutti. In questi periodi diminuisce il livello di distrazione, quello che spesso ci rapisce nell’ordinarietà delle nostre vite, e si alza il livello di attenzione indotto da fattori esogeni, quelli che ci rendono più presenti a noi stessi. L’essere umano può sempre migliorare e nei momenti di crisi questa possibilità è ancora più manifesta. 

Sono però preoccupato dalle narrazioni che stanno avvenendo oggi, prima fra tutte quella del ritorno alla normalità, o peggio ancora, quando si parla di new normality.

La normalità in quanto tale non esiste. È un concetto relativo e non ha valore se non viene accostato ad un paragone. Qual è questa nuova normalità a cui ritornare?

Parlare di new normality significa spostare le energie  esclusivamente sulla dimensione esterna quando invece ognuno di noi si dovrebbe concentrare su un profondo e personalissimo atto di maggiore consapevolezza: e questo è un atto interiore. Questo  atto si traduce in una grande opportunità per l’umanità; fare uno straordinario salto di coscienza.  

Probabilmente un grande spartiacque è avvenuto a metà degli anni 2000. Pensiamo all’avvento dei social network e quindi all’utilizzo massivo dello smartphone. Sostanzialmente vediamo una società che ha smesso di pensare, di desiderare, di osare. Come è possibile avere un cambio di paradigma a livello di riflessività? 

Come dice il mio maestro e mentore Patrizio Paoletti: “Ogni domanda è già gravida della sua risposta.

Se non trovi la risposta, riformula la domanda. Smettere di porsi domande significa smettere di desiderare, di aspirare, di prefigurare, di immaginare; fermarsi all’indispensabile o a tutto ciò che gli altri mi hanno indotto a pensare di essere.

Se riuscissimo a fare il salto di coscienza che prima accennavo, potremmo isolare il superfluo e tutto ciò che ci induce a compiere un’azione solo e soltanto perché ce lo impone una moda o un bisogno.

Dobbiamo concentrare tutti i nostri sforzi al centro di noi stessi per diventare più consapevoli e intelligenti. Sant’Agostino diceva: “Siamo poco più degli animali e poco meno degli angeli”. Forse il punto è proprio questo, essere capaci di uno sguardo differente sulla realtà che ci faccia essere partecipi di una un’esperienza veramente umana.

Mens sana in corpore sano scriveva Giovenale. Abbiamo relegato il miglioramento di noi stessi ad essere un elemento secondario della nostra esistenza. Paradossalmente si muore più per sovranutrizione che per malnutrizione, segno che abbiamo smesso di prenderci cura di noi stessi anche a livello fisico. Da sportivo cosa ne pensi? 

Il corpo è una delle tre dimensioni dell’Uomo insieme a cuore e mente: azioni, emozioni, pensieri. Dobbiamo allenare certamente il fisico senza però trascurare la nostra dimensione emotiva vocata all’intelligenza sociale, all’empatia, all’accoglienza dell’altro. L’intelligenza emotiva è fondamentale perché il concetto di socialità sta mutando. Oggi il nostro quotidiano è ridotto ad una dimensione domestica che fino a poco tempo fa era una dimensione transitoria, di passaggio. Mandela ha marciato in una cella di 4 metri per anni senza lamentarsi e mantenendo un focus costante sul futuro che l’avrebbe aspettato fuori di lì, immaginandosi il mondo che desidera, e prefigurandosi il ruolo che avrebbe avuto in quel mondo. E tutto si è realizzato. Perché non possiamo farlo noi?

Bisogna ri-esercitare l’esistenza, educando il cervello e il cuore, oltre che il corpo. Un po’ come il cambio di abitudini di una persona (come smettere di fumare, iniziare a fare attività sportiva o una dieta) riesce a mettere in discussione le abitudini del suo ambiente circostante, anche l’addestramento a migliorare se stessi inevitabilmente eleva il modus vivendi delle persone con cui condividiamo la nostra vita. 

Utilizzi spesso la parola Gratitudine, in controtendenza con i trend sociologici del momento. Puoi spiegarci cosa intendi e perché questa parola è così importante? 

Mi sono avvicinato al valore della gratitudine grazie agli studi fatti con il mio mentore Patrizio Paoletti. La gratitudine è la dimensione umana che assicura l’eternità, è la memoria del cuore. Se consideriamo la nostra esistenza in quest’ottica eterna è inevitabile porsi la questione etica del “cosa resterà di me”. E verremo ricordati in eterno solamente in base a ciò che abbiamo donato agli altri. 

Lévinas parla dell’altro come di un uomo che non mi è indifferente. L’altro uomo «mi concerne, mi riguarda nei due sensi della parola “riguardare”. In francese si dice che “mi riguarda” qualcosa di cui mi occupo, ma “regarder” significa anche “guardare in faccia” qualcosa, per prenderla in considerazione». Il concetto di Altro è un concetto comunitario, non possiamo escludere l’Altro se consideriamo il mondo per quello che in verità è, come comunità, come collettività. In quest’ottica vivere con gratitudine significa cercare di avere un’esistenza con una tale qualità per cui terminata la vita biologica resterà il segno di questa intensità. Un’impronta esistenziale.

Assistiamo nuovamente ad un conflitto tra generazioni: non sta avvenendo quel passaggio di testimone che può permettere ai giovani di essere veri protagonisti del proprio periodo storico. Sono i giovani che hanno smesso di desiderare oppure sono i nostalgici baroni che non stanno restituendo e hanno smesso di essere Maestri? 

Credo che ci aspetta un periodo buio. Tuttavia non dobbiamo smettere di coltivare la luce, fatta di elementi come la reciprocità e una progettualità esistenziale. In questo i Maestri possono essere un faro che orienta i giovani in tempi incerti. Anche la fisica quantistica ha dimostrato il valore del senso di reciprocità. Noi esseri umani siamo campi elettromagnetici, siamo interconnessi l’uno con l’altro, quindi vivere secondo un principio meramente individualistico non può essere la strada giusta perché prima o poi saremo vittime del nostro individualismo. Le conseguenze positive o negative di oggi sono i risultati di azioni compiute nel passato.

Sporgersi verso l’altro può sembrare una perdita di stabilità. Ma un filo non può essere resistente quanto un tessuto. I Maestri sono come dei ponti protesi verso l’altro che attraverso la reciprocità.

Affermi che stiamo entrando in un nuovo tempo, quello dell’individuo-protagonista, che tu chiami il Nuovo Eroe. Da questa consapevolezza nasce una nuova suggestione: quella dello Sferismo. Perché è importante spostare il centro di gravità verso una visione tridimensionale della circolarità? 

La circolarità non prevede necessariamente la centralità la centralità dell’essere umano, ma è lì che dobbiamo tendere; è la centralità dell’Umanità a cui dobbiamo tornare. Ri-cicliamo re-cuperiamo, re-stauriamo, ri-generiamo. La circolarità è un infinito ripetersi di “ri”. Una visione necessaria e vitale in questa situazione d’urgenza che stiamo vivendo, ma non può essere la soluzione finale.

Lo Sferismo invece è l’incoraggiamento all’individuo a diventare protagonista affinché si assuma maggiori responsabilità che impattano poi nella sua sfera quotidiana di influenza. Lo Sferismo è insomma l’evoluzione naturale della mia idea di economia: un’economia sferica, che genera beneficio a tutto e tutti in maniera armoniosa.

In nome della circolarità forse passeremo dal petrolio al green? Bene, ma se guardiamo all’industria della mobilità, il passaggio verso le automobili elettriche non può essere inconsapevole. Ricordiamoci che l’elemento fondamentale per farle viaggiare è la batteria che contiene il litio, una cosiddetta “terra rara”   presente nel sottosuolo di Cina, Africa e Sud America. Questo passaggio alla mobilità elettrica ridisegnerà la geopolitica del pianeta in base alla sfruttabilità di questa risorsa, inducendo nuovamente una iniqua ridistribuzione della ricchezza e le guerre che da secoli ne consegue. Come vediamo nulla di nuovo nella storia dell’umanità. Almeno che stavolta si comprenda che non è dall’economia che si deve ripartire ma dall’Essere Umano. Se dimentichiamo la centralità dell’Uomo, non ci salverà nemmeno andare su Marte a cercare nuove risorse. L’innovazione per essere interessante deve essere indirizzata alla sostenibilità, quindi è il momento di iniziare a parlare di “innovability”, crasi di innovation e sustainability. Che insieme alla gratitudine sono i veri motori del cambiamento.

La banca Flowe, di cui sono Presidente, è un chiaro esempio di innovability perché insieme agli obiettivi di profitto persegue anche scopi sociali e ambientali. I membri della Community di Flowe, i Flome, non sono solamente clienti di una banca ma sono i protagonisti di una nuova cultura, una nuova economia, la “better being economy”, sviluppando il proprio potenziale prendendosi contemporaneamente cura del “noi” e del Pianeta. 

Riscopriamo il fascino estetico della sostenibilità mettendo al centro l’Uomo. Parla Oscar di Montigny

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